Cristiani e matrimonio tra omosessuali. Dopo il referendum irlandese

L’Irlanda ha votato “sì” nel referendum sul matrimonio tra omosessuali. Questa è la prima notizia che ha avuto, come era facile prevedere, un grande rilievo su tutti gli organi di informazione internazionale. Il rilievo è stato enfatizzato ulteriormente dal fatto che i “sì” hanno vinto nella “cattolica Irlanda”.

Un elemento ulteriore della vicenda che pure ha fatto notizia è stato il ruolo dei vescovi irlandesi. Da quello che si è saputo, i vescovi non hanno fatto crociate prima e non hanno gridato alla fine del mondo dopo. Come risulta anche da un articolo della Agenzia SIR che abbiamo pubblicato in altra parte del nostro settimanale, i vescovi hanno detto che l’ideale cristiano del matrimonio non cambia, ma che essi sono impegnati a guardare in faccia alla realtà e a chiedersi perché tanta gente educata nella Chiesa e soprattutto  tanti giovani hanno votato per il matrimonio tra omosessuali.

IL FAVORE PER IL MATRIMONIO TRA OMOSESSUALI. EFFETTO VALANGA

Ormai si tratta di una costante. L’opinione pubblica tende a essere, con maggioranze più o meno forti, favorevole a una qualche forma di riconoscimento delle unioni omosessuali. Se fosse possibile – e credo che qualcuno lo abbia già fatto – fare una storia dell’evoluzione dell’opinione pubblica in rapporto a questo problema, credo si vedrebbe passare da una massiccia opposizione di alcuni decenni fa a una progressiva, ampia accettazione nei tempi più vicini a noi. Fino alla probabile maggioranza favorevole, alla fine, anche allo stesso matrimonio tra omosessuali. La stampa laica, nello scorso mese di ottobre, parlava di un 55% di italiani favorevole al matrimonio di coppie omosessuali. Sondaggi un po’ meno semplificatori presentano situazioni più sfumate. Ma si può ormai prevedere, soprattutto dopo gli eventi irlandesi, un effetto valanga.

I meno giovani di noi si ricordano i colpi che l’opinione pubblica cattolica dovette subire quando i referendum, cioè la maggioranza dei cittadini italiani, disse di sì prima al divorzio, poi all’aborto. Adesso ci risiamo.

I TEMPI DEL CARDINAL RUINI SONO FINITI. LA “GUERRA” DELLA TESTIMONIANZA

In questa situazione, che cosa potranno fare i credenti? Intanto mi sembra che i tempi d’oro del cardinal Ruini e di mons. Fisichella sono finiti. Lotte a tutto campo e spregiudicatezza nelle alleanze, pur di ottenere qualcosa, non si faranno più. Anche perché, banalmente, si sa che sono battaglie perse in partenza.

E allora? Ritorna, anche in questa circostanza, la battuta: in una società sempre più laica i cristiani devono fare i cristiani. E cioè, fanno, in estrema sintesi, una cosa essenziale: testimoniano ciò in cui credono. Nella fattispecie: continuano a dire che l’amore esemplare resta per loro l’amore fra l’uomo e la donna e la famiglia che ne nasce. Ma riconoscono che anche gli omosessuali si amano e che anche quell’amore è capace, come l’altro, di dedizione, apertura, dignità. Affrontano con onestà i grossi problemi del passaggio dalla coppia omosessuale alla famiglia, fanno presenti le loro grosse obiezioni. Lottano, nelle sedi più adatte, per soluzioni legislative meno invasive possibile. Sanno però che la società può decidere diversamente da come loro desiderano. E sanno, anche, che non possono e forse non devono fare guerre.

L’unica guerra da fare – che poi non è una guerra – è la loro disinteressata continua e ostinata testimonianza.