I nuovi preti fra problemi e speranze

A PROPOSITO DEL VUOTO DI PRETI NOVELLI IL PROSSIMO ANNO

Cinque nuovi sacerdoti. Preziosi, perché sacerdoti, anzitutto, poi perché pochi e poi perché l’anno prossimo non ce ne sarà nessuno. La notizia è stata data nei giorni scorsi, è apparsa una intervista di mons. Pasquale Pezzoli, Rettore del Seminario, a commento del fatto. L’intervista è stata pubblicata sull’Eco di Bergamo, un po’ dimessa e quasi vergognosa di esibirsi. E invece il fatto è di rilievo e merita di essere ampiamente commentato. Lo stesso Rettore, infatti, faceva notare che il prossimo anno non ci saranno sacerdoti non perché mancano candidati. I candidati ci sono, ma vescovo, superiori di seminario e candidati hanno concordato di dare inizio a itinerari diversificati e personalizzati per i futuri sacerdoti. In altre parole, si dovrebbe superare l’idea che i futuri preti vengono preparati tutti allo stesso modo, con lo stesso numero di anni di studio, lo stesso identico stile di vita comunitaria. Pur in una proposta educativa simile, le diversità e gli adattamenti alle storie personali dei candidati saranno sempre più numerose. Da quello che si è letto, pare necessaria una precisazione. Attualmente i futuri preti, una volta superata la maturità, hanno davanti a sé sei anni di studi di teologia. La novità introdotta non significa che gli anni da sei diventeranno automaticamente sette, perché questo avrebbe significato semplicemente sostituire lo schema attuale con uno nuovo,  soltanto allungando il sistema in atto. La novità vorrebbe invece adattare lo schema di base alle situazioni personali dei candidati. Non si potrebbe escludere, quindi, che per qualcuno, in futuro, gli anni di teologia siano ancora sei o che possano diventare otto. Dipende dai candidati, appunto.

Un paio di reazioni, tra le tante. I giovani candidati al sacerdozio sono giovani, anzitutto. E perché meravigliarsi che condividano con i loro coetanei difficoltà e fragilità? Un buon sistema educativo prende atto di questo e non decide per decreto legge che i giovani che sono in seminario sono diversi dagli altri. Alcune critiche che sono girate nei giorni scorsi profumano di buone dosi di clericalismo. Secondo queste critiche, il mondo non è quello che esiste, ma quello che si pensa che debba esistere. Ma poi se su quei preti giovani fiondano difficoltà e pesantezze e i giovani preti vacillano, si critica il seminario perché li ha ordinati. Come adesso si critica perché ha deciso di non ordinarli. Si spera solo, in omaggio a un minimo di coerenza, che i critici di oggi non coincidano con i critici di ieri.

INTANTO, QUEST’ANNO, I PRETI NOVELLI CI SONO E NE SIAMO FELICISSIMI

Ma i cinque giovani ordinati il 30 maggio sono lì e, anche se pochi, sono comunque segno di grande speranza. Quando si consacravano decine di preti, si aveva la sensazione di un Chiesa forte. Adesso la Chiesa non è più così forte, ma forse, conscia delle sue debolezze, ha la possibilità di essere un po’ più Chiesa che può continuare a dare qualcosa soltanto perché ha, prima, ricevuto tutto.

Auguri vigorosi a don Fabio, don Marco, don Alessandro, don Mauro, don Stefano.