In attesa di Bossetti. Il processo tra meno di un mese

Foto: Claudio Salvagni, avvocato difensore di Massimo Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio

Come d’incanto, una volta fissato il dibattimento in Corte d’Assise – che avrà inizio fra meno di un mese, il 3 luglio -, del delitto di Yara Gambirasio non s’è più parlato. Una specie di ritiro precampionato per conduttori televisivi e opinionisti, in vista di un’intensa stagione processuale. Ma tanta è l’attesa. Emittenti pubbliche e private e giornali preferiscono tenere in serbo le munizioni, nel timore – vagamente puerile – di restare a secco in corso d’opera.

IL PROCESSO DA FARE E QUELLO GIÀ FATTO

All’imputato, Massimo Bassetti, i media, del resto, il processo l’hanno già fatto.
E le udienze – che saranno numerose, dovendosi mettere in preventivo una fase d’avvio faticosa perché la difesa avanzerà senza dubbio una serie di richieste preliminari – rischiano di diventare motivo di dibattito a prescindere. Tutti i protagonisti finiranno sotto la lente d’ingrandimento, dai componenti del collegio (due giudici togati e sei popolari), il pubblico mistero, gli avvocati, i testimoni. Non sto criticando, beninteso. Ognuno fa il suo mestiere. Per restare al calcio e alla preparazione precampionato di conduttori e opinionisti, una volta si giocava in undici oggi in quattordici. Le regole cambiano. In tema di cronaca giudiziaria, mutata la domanda, in seguito al successo dei talk-show, s’è dovuta adeguare l’offerta.

UNA VISITA ISTRUTTIVA AL TRIBUNALE

Ciò non toglie che la gestione del processo Bossetti sarà una bella patata bollente, nelle mani del presidente del Tribunale, Ezio Siniscalchi, e del presidente della Corte d’Assise, Antonella Bertoja. Perciò settimana scorsa mi sono fatto un giretto in Tribunale per constatare a che punto sono i preparativi. Il “mio” Tribunale, veramente, è quello a Piazza Dante, dove sono stato dal 1975 al 1998 in servizio permanente effettivo come redattore de L’Eco. Per oltre vent’anni, un osservatore in piena regola. E devo dire d’aver compiuto un’esperienza istruttivissima, soprattutto dal lato umano. Gli imputati, sia che rispondano di guida senza patente sia di violenza carnale, sono sempre e comunque uomini e donne con le spalle al muro. Lo dicono i loro occhi. Basta guardarli. Quando saranno chiamati a giudicare in salotto, i vari esperti faranno bene a tenerne conto.

LA FOTOCOPIATRICE NON FUNZIONA

Il giretto, intanto, è cominciato assistendo al seguente dialogo fra impiegate di studi avvocatizi. “Stai facendo le fotocopie?”. “Ci sto provando”. Ma la fotocopiatrice non funziona? “C’è qualcosa che funziona in questo Tribunale?”. Sicché, dopo aver consumato una carriera a scrivere di stampanti senza carta, ipotesi di computer in perenne tilt e dibattimenti rinviati per difetto di notifica, in tanti anni non è cambiato niente. Ne coltivavo l’atroce sospetto, ma vedersi brutalmente sbattuta in faccia la conferma subito all’approccio è stata dura.
Avendo il punto di riferimento in una bionda segretaria d’assoluto affidamento, che all’epoca verbalizzava manualmente gli interrogatori del mitico dott. Avella ai pentiti di terrorismo, ora – penso – salgo da lei. Alla stanza 200 e rotti, la gentile signora – che, in confidenza, m’avrebbe poi svelato il suo avvelenato pensiero nei confronti dell’ex ministra Fornero, rea di non averla ancora lasciata andare in pensione – stava alle prese con l’invio di una notifica informatica. Se fosse stato per lei, l’avrebbe sicuramente mandata via ufficiale giudiziario. Soluzione rigorosamente proibita.
Come i disagi, comunque, anche la cortesia e la buona volontà del personale è rimasta immutata. Introdotto dalla mia amica, con la cancelliera della Corte d’Assise sono venuto al dunque. La partecipazione alle udienze come funzionerà per i giornalisti? Massima disponibilità, davvero. La cancelliera – che s’è pure consultata con la dott.ssa Bettoja – m’ha dato l’impressione di non nascondersi che la gestione della patente bollente di cui sopra sarà tutt’altro che agevole. E infatti le idee non sono ancora granché chiare.

E SE IL PROCESSO BOSSETTI SI FACESSE ALTROVE?

Vorrei fornire il mio piccolo contributo. Questo è un procedimento che, nei giorni cruciali, richiamerà operatori dell’informazione non solo da tutt’Italia. Se i cronisti tradizionali, quelli con penna e taccuino, sono quasi spariti, il vero problema è rappresentato dalle troupes televisive, i cui componenti si muovono in ordine sparso a bordo di pullmini e furgoni. Proprio i mezzi di trasporto costituiscono l’impiccio da risolvere con precedenza assoluta. Via Borfuro e adiacenze mi pare zona troppo angusta. I camioncini dove parcheggiano?
Ai tempi del processone a Prima Linea (sentenza estate 1981), la Corte si spostò a via Gleno, in un grande spazio ricavato dentro al carcere. Altra problematica, naturalmente. Tuttavia spostarsi si può. Un’ipotesi non potrebbe essere la vecchia aula d’Assise, proprio a piazza Dante, dove i pullmini fermi lì non procurerebbero eccessivo fastidio? Un’aula solenne, prestigiosa, oltretutto. Anche grande, una volta ottimizzato lo spazio. Sì, perché – sebbene si stia pensando a una soluzione per ospitare i giornalisti in un salone dotato di maxischermo – più rappresentanti dell’informazione potranno accedere personalmente all’aula del dibattimento e meglio sarà. Una cronaca che rappresenti non solo gli aspetti tecnici ma anche i lati umani di una vicenda così delicata non può prescindere dal contatto diretto con la scena del dibattimento.