Un bambino “prigioniero del peccato originale”. Un cucciolo d’uomo e il male del mondo

Cara Suor Chiara, ho partecipato, domenica scorsa al battesimo di un mio nipotino. A un certo punto il prete ha pregato con queste parole: “Libera questo bambino dal peccato originale”. Al momento mi è sembrato eccessivo parlare di peccato per un frugolino appena nato. Poi sono tornata a casa e, in serata, ho visto il telegiornale. Si parlava di migranti, di guerra in Siria, di corruzione a Roma…  corretto, secondo te, mettere in rapporto un bambino appena nato con le brutture quotidiane che ci assalgono? Tu cosa ne pensi? Giuditta

Cara Giuditta, la domanda che poni è assai delicata e meriterebbe un serio approfondimento. Il dono che un bambino riceve con il sacramento del Battesimo è davvero grande. Il Catechismo della chiesa cattolica afferma che per mezzo del Battesimo sono rimessi tutti i peccati, il peccato originale come tutte le pene del peccato, e, in coloro che sono stati battezzati, non c’é nulla che impedisca di entrare nel Regno di Dio. Rimangono tuttavia nella persona alcune conseguenze temporali del peccato, quali le sofferenze, la malattia, la morte, la fragilità, l’inclinazione al male. Il Battesimo non soltanto purifica da tutti i peccati, ma fa pure del bambino una nuova creatura, un figlio adottivo di Dio, partecipe della sua natura divina.

ALTERNATIVA TRAGICA

Associare il tuo nipotino nel giorno del Battesimo agli eventi drammatici della nostra storia è porre davanti ai nostri occhi due icone: l’umanità secondo il progetto di Dio chiamata alla libertà di figli amati e salvati, e l’umanità che rifiuta tale progetto sfigurando il proprio volto. La condizione di grazia nella quale si trovano i battezzati, ci ricorda da un lato la dignità del nostro essere figli ma dall’altro la responsabilità alla quale siamo chiamati ogni giorno, quella di aderire a questo dono. Un dono che non lede la nostra personale libertà di scegliere tra bene e male, tra peccato e grazia, tra accoglienza e rifiuto della salvezza. C’è una libertà sovrana che dobbiamo esercitare nel discernimento sapiente tra beni reali e beni apparenti. Ci confrontiamo quotidianamente con piccole o grandi scelte che sono espressione della fede e dei valori nei quali crediamo e con i quali impostiamo la nostra esistenza, sperimentando la tentazione di aderire ai nostri idoli piuttosto che a Dio: grazia e peccato convivono insieme e ci chiamano a scegliere da che parte stare.

IL SENSO DI DIO VIENE MENO

La realtà è molto complessa poiché assistiamo a una scomparsa del senso del peccato, a una anestetizzazione delle coscienze per le quali tutto è uguale a tutto e sembra essere lecito, in virtù di una sovrana libertà o di una mania di onnipotenza che attraversa l’umanità. Quando il senso di Dio viene meno, il senso del peccato scompare dalle coscienze, ogni atto grave appare una sciocchezza, si afferma una visione antropologica in cui l’uomo è riferimento a se stesso, alla propria realizzazione e al proprio piacere. Si diventa schiavi dei propri sbagli e delle proprie fragilità, dei peccati non riconosciuti, della smania del potere e del possesso: non si riconoscono i propri limiti, si giustifica ogni scelta o atteggiamento, si vive nelle tenebre e si preclude l’ accoglienza del dono della misericordia e della salvezza. Essa non verrà da noi stessi né dalla nostra intelligenza, astuzia o capacità, ma dall’apertura di cuore alla Grazia di Dio e al cammino di adesione quotidiano. Urge una rieducazione delle coscienze ai valori umani e spirituali, una consapevolezza dei propri limiti creaturali, della propria realtà di peccato, che non sviliscono la dignità dell’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio, ma lo ricollocano al giusto posto nel giardino della creazione.

I PECCATI PERSONALI NON SONO SOLTANTO PERSONALI

Non illudiamoci che le scelte o i peccati personali riguardino solo la nostra sfera privata: essi hanno sempre una valenza sociale e collettiva, che deturpa l’armonia originaria poiché i fratelli diventano nemici e rivali, la pace si trasforma in ostilità e violenza… Abbiamo bisogno di crescere nella consapevolezza di essere inclini al male, di chiamare per nome ciò che abita la nostra interiorità, di riconoscere le nostre ferite perché diventino feritoie di grazia. Abbiamo tutti bisogno di riconciliarci con noi stessi, con Dio con i fratelli per vivere una pacificazione del cuore che crei relazioni più fraterne e una umanità nuova. Il modo migliore di prenderci cura di noi è quello di lasciare spazio a Dio, e il volto migliore da mostrare agli altri è quello purificato e pacificato dalla sua presenza. Il Signore Gesù ci ha liberato dal peccato e ci ha riconciliati prendendo su di sé tutto il peccato del mondo, facendosi Lui stesso peccato, guarendoci nel profondo della nostra interiorità, per donarci salvezza e pace. Chiediamo la grazia di comprendere e accogliere un tale dono e di vivere in un regime di figliolanza e non di schiavitù, per ridonare la bellezza di esistenze redente che fecondano di vita nuova il nostro mondo.