L’enciclica “Laudato sì” del Papa. Qualche istruzione per l’uso

Immagine: Giotto, san Francesco predica agli uccelli, Assisi, Basilica superiore

Cara suor Chiara, Papa Francesco ha pubblicato la sua enciclica sulla “cura della casa comune”. Da seguace di san Francesco, potresti dire qualcosa di concreto, qualche “istruzione per l’uso”, del genere “usare bene il creato”, per un giovane di oggi, mio figlio diciottenne, per esempio, cresciuto nel benessere e che non riesce sempre a comprendere la necessità di prendersi cura della casa comune? Grazie. Angelo
Viviamo in un tempo nel quale assistiamo a un eccesso di cura volta a un benessere personale, alla realizzazione di sé, del proprio piccolo mondo.

IL PICCOLO MONDO DELL'”IO” E IL VASTO MONDO DEL “NOI”

Certamente il clima sociale e culturale che ha caratterizzato gli anni scorsi ha favorito un certo soggettivismo e ristretto gli spazi valoriali ai propri orizzonti limitati. Le nuove generazioni risentono di questa caduta di ideali e di prospettive ristrette. Sono necessari processi di cambiamento che aiutino a maturare il passaggio dall’io al noi, l’uscire da sé per vedere la realtà che è sempre più grande del nostro piccolo pezzettino di terra. Occorre riappropriarsi della cura della casa comune!

AFFINARE IL CUORE

La cura è il frutto di un pensiero affettuoso, premuroso, un’attenzione diligente verso ciò che mi sta di fronte e che richiede la mia custodia, la mia presa a cuore. Vedi, Angelo, prima di qualsiasi atteggiamento o scelta concreta da attuare occorre affinare una sensibilità, un cuore che sa vedere oltre se stesso aprendosi alle esigenze dell’altro. Ci si prende cura di qualcosa che si ritiene importante per la propria vita e per le persone che amiamo. Custodire e avere cura è la risposta del sentirsi responsabili di ciò che ci viene affidato e riconosciuto significativo. Tuo figlio, come ciascuno di noi, deve accrescere la propria appartenenza al mondo in cui è inserito, riconosciuto come dono del Dio creatore, deve riscoprire quel legame di fraternità, tanto caro a san Francesco, che fa vivere un rapporto di reciprocità, di assunzione e presa a carico della costruzione del piccolo pezzo di terra che ci è stato affidato, per una maggiore qualità della vita che pone al centro la persona nella sua dignità. A noi è stata affidata la terra per tutto il tempo che il Signore vorrà, perché la possiamo rendere feconda attraverso il nostro contributo di intelligenza, sensibilità, capacità.

AMMINISTRATORI DEI BENI CHE CI SONO STATI AFFIDATI

Occorre riscoprire la nostra vocazione dell’essere custodi del creato che ci è più familiare e di quello più lontano. Camminiamo nel mondo come creature, amministratori dei beni che ci sono stati affidati e dei quali non dobbiamo impossessarci, ma viverli in una logica di restituzione. Ogni bene viene da Dio creatore, il Sommo Bene, e ciò che ci ha donato non è oggetto di possesso e sfruttamento, ma possibilità di vita e di utilizzo fecondo. La vocazione all’essere custodi inizia dal rispetto per ogni creatura, per le cose che ci appartengono e quelle che sono degli altri, per la cura dell’ambiente in cui viviamo.

COME CUSTODIAMO LA CASA, LA STANZA, LA STRADA?

Come custodiamo la nostra casa, la nostra stanza, gli ambienti familiari, di lavoro, le strade sulle quali quotidianamente passiamo, gli edifici pubblici, le scuole? Quale ordine, pulizia … A volte ciò che non è nostro diventa luogo di sporcizia, di inquinamento, di incuria: carte disseminate per terra, muri imbrattati, aiuole calpestate, materiale rotto o sprecato, … La cura della casa comune esige rispetto e l’affermazione non solo dei propri diritti ma anche dei propri doveri. È urgente recuperare un senso di civiltà, di attenzione all’ambiente, per renderlo più umano. Il nostro contributo si declina anche nella ricerca di una bellezza estetica che dica l’armonia di chi abita, in cui avverte di stare in un ambiente bello e buono, privo di ricercatezza e ricolmo di semplicità.

RISCOPRIRE LA SOBRIETÀ

È necessario riscoprire la sobrietà del vivere, dell’uso intelligente dei beni, vigilando su ciò che è necessario e su ciò che è superfluo, scegliendo il minimo necessario e non il massimo consentito. Liberarsi dalla schiavitù delle mode e del pensare comune, del seguire la massa, osando stili di vita alternativi. Il Papa recentemente suggeriva di spegnere la luce quando non è necessaria, di non sprecare l’acqua, di utilizzare mezzi di trasporto pubblico o la bicicletta … Piccoli segni che innescano un cambio di mentalità, uno stile diverso di vita, di costumi. Ma la vocazione del custodire coinvolge anche la premura verso i fratelli, soprattutto i più fragili presenti nelle nostre famiglie, nelle città: è aver cura dei genitori, degli anziani e vivere la polifonia degli affetti che rendono bella l’esistenza con amicizie sincere, gratuite. La sfida e la responsabilità sono gradi perché ci è rivolta la chiamata a collaborare, in ogni età, all’opera creatrice di Dio che, affidandoci il creato, ci rende suoi collaboratori, capaci di continuare la sua opera.