Note di liturgia/Il celebrante, rischioso protagonista in bilico fra rito e teatro

Nella messa esiste un protagonista, inevitabile: il prete. Il Concilio ha detto chiaramente che anche l’assemblea “celebra”. Ma celebra, se così si può dire, a modo suo. I diversi ruoli dei partecipanti sono tutti parte della messa, ma sono diversi fra di loro. Soprattutto sono diversamente importanti rispetto al ruolo del celebrante.

IL PRETE CANCELLIERE E IL PRETE ATTORE

Il quale, dunque, continua ad avere un ruolo fondamentale. I fedeli giudicano il prete che celebra soprattutto in rapporto all’omelia, alla capacità del celebrante di “dire” cose che toccano i partecipanti. Ma non è solo l’omelia. Molti altri elementi contribuiscono a delineare uno stile, un modo di porgersi che un’assemblea percepisce “a pelle”. Esiste il celebrante freddo all’estremo, con i gesti impercettibili, dalla voce o sussurrata o cancellieresca, sempre uguale – al saluto iniziale, alla consacrazione, al congedo – quasi fosse un poliziotto che deve leggere il verbale di una denuncia. È un tipo di celebrante decisamente raro. Esiste, invece, all’estremo opposto e più frequentemente, il prete caloroso, che usa grandi svolazzi vocali, al limite della recitazione, con i gesti ampi e vari, sempre vistosi. Soprattutto quando arriva la consacrazione il prete esuberante fa una frenata poderosa e diventa lentissimo, spesso fa gesti quasi a far passare la convinzione che la presenza di Gesù nel pane e nel vino dipende dal tono perentorio della sua voce e dalla forza ingiuntiva dei suoi gesti. Tra i due estremi, una gamma infinita di tipologie diverse di celebranti.

IL PRETE FA SUA UNA PAROLA CHE NON È SUA

I due estremi, sono possibili tutti e due, con rischi uguali e contrari. Il celebrante formale dà l’impressione che quello che dice non interessa e riduce se stesso a un altoparlante; il prete esuberante dà l’impressione che quello che dice gli interessa troppo e fa nascere la sensazione che sia lui a fare tutto. Il difficile equilibrio celebrativo si potrebbe enunciare così: il buon celebrante deve far sua una Parola che non è sua e deve restare non sua.

IL GRAVE RISCHIO DI UNA LITURGIA CLERICALE

Sempre a proposito del prete esuberante, va fatta una precisazione importante. Spesso le sue liturgie appaiono, a prima vista, dissacratorie perché fa riti che di solito non si fanno, usa un tono di voce inusuale, si permette molte libertà verso il messale e verso la prassi celebrativa tradizionale. Ma su tutto plana una verità semplicissima: è lui a decidere tutto e quindi la liturgia non è la liturgia di una comunità, ma di un prete. In altre parole, si tratta di una liturgia clericale. Può darsi che a qualcuno piaccia. Ma difficilmente, molto difficilmente, una comunità matura e cresce nella sua fede con una liturgia siffatta.

Il buon celebrante è colui che sa anche commuoversi e commuovere senza strafare e soprattutto senza mettere in primo piano se stesso. Il confine fra il liturgico e il teatrale, fra il rito e la messa in scena infatti, è sottile e lui, il buon celebrante, lo sa.