AstroSamantha: nessun sogno è troppo grande. Nemmeno se è fatto di stelle

Di quale materia sono fatti i sogni. Forse anche di stelle. E comunque, se ci sono passione e volontà, “no dream is too big”. Indipendentemente dal sesso e dalla nazionalità. Ce lo insegna una data che resterà nella storia del nostro Paese: il 23 novembre 2014, inizio della missione nella Stazione spaziale internazionale (Iss) di Samantha Cristoforetti.
Sin da piccola – raccontava nel 2011 ad un comune amico di Bruxelles quando in Italia era ancora sconosciuta ma già dal 2009 era stata reclutata dall’Esa – AstroSamantha, classe 1977, nata a Milano e cresciuta nel paese trentino di Malè, amava esplorare l’ambiente, complice probabilmente uno stile di vita all’aria aperta, e sognava di fare l’astronauta. Fa impressione sentirla snocciolare come un fatto normale e con voce limpida e squillante, simile all’acqua dei suoi ruscelli, un “cursus studiorum” da brivido: un anno negli Stati Uniti durante il liceo, poi, prima di entrare all’Accademia di Pozzuoli, l’Università tecnica di Monaco di Baviera; quindi, la Scuola nazionale di aeronautica e dello spazio di Tolosa, e l’Università Mendeleev a Mosca. Infine, da pilota militare, l’addestramento alla Sheppard Air Force Base in Texas.
Una strada in salita, costellata di abnegazione e sacrificio. “Bisogna scegliersi un percorso di studi impegnativo”, spiega, precisando che spesso è il carattere a fare la differenza. E il suo è un linguaggio antico, inusuale per i nostri tempi, quando sottolinea l’importanza di “farsi le ossa con impegni difficili” e di scegliere, di fronte a un bivio, la strada più ardua. Se non c’è, addirittura “andarsela a cercare” perché è l’unico modo per formare il carattere e sviluppare grinta, determinazione e forza di volontà. Doti che la nostra ha da vendere come dimostrano i risultati raggiunti, autentici record: prima astronauta italiana all’Esa; selezionata tra 8.500 candidati per la missione internazionale “Futura”; prima astronauta italiana in orbita; con i suoi 200 giorni consecutivi nello spazio, primatista femminile di permanenza “cumulativa” (sia in assoluto sia in una sola missione); prima astronauta, insieme ai compagni di viaggio, a gustare in condizioni di microgravità un vero caffè espresso.
Nei sei mesi a bordo del laboratorio spaziale, AstroSamantha ha partecipato a esperimenti nei campi più disparati: scienze della vita, dei materiali, dei fluidi, fisiologia umana. La spedizione di cui ha fatto parte si è occupata di genetica e biologia, mantenendo a bordo formiche, mosche della frutta, piante e vermi per studi internazionali sugli effetti del volo spaziale su più generazioni. Nel frattempo, l’hardware collegato al laboratorio europeo Columbus ha continuato a monitorare il sole e i venti oceanici. Un altro modulo esterno ha esposto allo spazio “estremofili” (microrganismi in grado di proliferare in condizioni ambientali proibitive per l’uomo) e composti organici.
Lo scorso 20 luglio, Samantha è stata ricevuta al Quirinale dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, che le ha consegnato la prestigiosa onorificenza di cavaliere di Gran Croce dell’Ordine “Al merito della Repubblica italiana”. Su di lei è in preparazione un docufilm del regista Gianluca Cerasola, che ne ha seguito a distanza il lavoro in orbita. Il suo nome resterà legato anche a un asteroide, come ha deciso l’International Astronomical Union, unica organizzazione internazionale designata ad attribuire nomi ai corpi celesti. Non è cosa da poco in un universo popolato di Cerere, Pallas, Vesta, Euphrosyne, Europa (in infinite varianti numeriche). Ma la nostra è in buona compagnia: lo scorso aprile Amy Mainzer, astrofisica della Nasa, ha deciso di chiamare 316201Malala l’asteroide scoperto tra le orbite di Marte e Giove. Una dedica “siderale” alla diciassettenne pakistana Malala Yousafzai, coraggiosa paladina del diritto allo studio per tutti i ragazzi e ragazze del mondo, e Premio Nobel 2014 per la pace, per lanciare un messaggio contro i pregiudizi e gli stereotipi culturali ancora vivi, evidenziati dalla recente ricerca “Why so Few?”, che ritengono la popolazione femminile poco idonea agli studi scientifici detti in gergo Stem (Sciences, Technologies, Engineering, Maths). L’attrice Susan Sarandon è da tempo impegnata a colmare questo “gap gender”, sostenendo giovani desiderose d’intraprendere la carriera Stem. Nell’ultimo videomessaggio poche ore prima di rientrare sulla terra, AstroSamantha la ringrazia e auspica l’avvio di una comune collaborazione in questo ambito perché “no dream is too big”. Intanto, nei giorni scorsi, la cosmonauta nazionale è stata incoronata modello femminile ideale dal 34% delle ragazze italiane tra i 15 e i 29 anni intervistate dall’osservatorio “Laboratorio donna”. Non crediamo sia solo per la sua innegabile capacità comunicativa e l’arguta presenza quotidiana sui social, e talvolta in collegamento video. Forse nell’immaginario collettivo delle più giovani sta cambiando qualcosa – come attesterebbe lo striminzito 3% rifilato a Belén Rodriguez, fanalino di coda – perché Samantha dimostra che anche le ragazze possono studiare e fare quello che, per ora, studiano e fanno soprattutto i colleghi maschi. Farlo altrettanto bene, e magari sorridendo.