La storia di Melina e Mario: abbiamo incontrato Mossa alla mensa dei poveri, e lo abbiamo “adottato”

«Non abbiamo paura del diverso, come tanti italiani mostrano di avere. Noi accogliamo tutti. Chi ha paura non si vuole adoperare e soprattutto non conosce questa situazione, anzi non la vuole conoscere e di conseguenza affrontare. Eppure basta guardarsi in giro, non solo qui da noi, ma anche nelle grandi città. Credo che gli italiani non siano veramente razzisti, lo spirito Salvini non alberga nel cuore dei miei compatrioti. Lo dico facendo riferimento alla mia esperienza quotidiana. Non dimentichiamo che fino a poco tempo fa siamo stati un popolo di grandi emigranti». Questa è la storia di quotidiana e straordinaria normalità di Carmela Taibi detta Melina e di suo marito Mario che vivono ad Agrigento, e ci è stata segnalata da Matteo Corbo, dipendente della Fondazione Mondoaltro, braccio operativo della Caritas diocesana. «Ieri sera ci sono stati nuovi sbarchi vicino alle nostre coste. Qui il lavoro non finisce mai. Stamattina abbiamo aperto presto per dare modo ai nuovi arrivati che hanno dormito dalle suore di lavarsi, indossare abiti puliti e fare colazione. Ora stiamo preparando alcuni panini per i migranti che a breve partiranno per Roma», racconta al telefono dalla Sicilia Melina durante una breve pausa dal suo lavoro. Secondo il Sondaggio della Demos dello scorso giugno, il timore dell’immigrazione, in tema di sicurezza, è salito dal 33% al 42% fra i cittadini. Non si respira davvero quest’atmosfera alla mensa “della solidarietà” gestita dalle suore della Comunità Missionaria Porta aperta di Agrigento dove come ogni giorno la signora Taibi lavora distribuendo il cibo non solo ai bisognosi ma soprattutto ai tanti extracomunitari che qui trovano rifugio, un pasto caldo e un sorriso solidale. I leader politici, Matteo Salvini della Lega e Beppe Grillo del M5s con le loro frasi rivolte contro l’invasione dei migranti, amplificano “la paura degli altri”. A bordo di barconi guidati da pirati una massa di persone di nazionalità magrebina e nord africana sbarca nel Sud d’Italia lasciando dietro di sé un grande numero di morti. Qualcuno pensa che non si possa compiangere chi se l’è cercata, chi ha pagato per intraprendere questo viaggio per fuggire dalla guerra e dalla fame. Non dobbiamo rimpiangere chi se l’è cercata, quindi? «Nessuno di noi vorrebbe fuggire dal proprio paese ma questi poveretti, intere famiglie, vi sono costretti, perché nella loro terra d’origine non hanno nessuna speranza. I migranti scappano dalla povertà, dalla fame, dalle carestie, da guerre intestine, da regimi totalitari, è l’istinto e la disperazione che li muove perché lì dove sono nati non c’è possibilità di costruirsi un futuro degno di questo nome», precisa Melina. Alcuni politici dicono che è giusto contrastare l’invasione e difendersi dai nuovi barbari, famiglie come quella di Mario e Melina dimostrano che nel nostro Paese non fa breccia il vento soffiato dagli amplificatori della paura. «Io e mio marito Mario Calandra abbiamo incontrato Mossa proprio qui alla mensa un anno fa, ora ha 19 anni, e veniva dalla Repubblica del Gambia che si trova in Africa Occidentale, il più piccolo Stato del Continente africano. La prima volta che l’abbiamo visto era un ragazzo dagli occhi tristi e pieni di paura, era spaventato, allora Mario ed io l’abbiamo avvicinato, perché abbiamo compreso subito che il ragazzo aveva bisogno di tanto amore e affetto. Dopo aver parlato con lo staff della Caritas, che svolge un lavoro egregio, ci siamo presi a cuore la sua situazione. Stiamo supportando il giovane dal punto di vista economico, burocratico ed emotivo. Nel giro di pochi mesi gli occhi di Mossa sono tornati a sorridere. Ora non si sente più solo, mangia da noi ogni giorno alle 13,30 dopo il suo lavoro di badante presso una persona anziana, talvolta dorme a casa nostra». Mario, ex imprenditore in pensione e Melina, brava sarta che impartiva lezioni di taglio e cucito, entrambi over 70, potevano fare i nonni sereni di cinque nipotini e invece no, si sono guardati attorno e hanno trovato una persona che aveva bisogno di un aiuto fattivo. «Consideriamo Mossa come un terzo figlio. Si è perfettamente integrato con i nostri che sono felici della nostra esperienza, con i nostri amici, con tutti. È un ragazzo straordinario, tenerissimo e ci vuole molto bene. Tramite la Caritas, Mossa si è iscritto a un corso di quinta elementare, mio marito ed io lo portavamo e lo andavamo a riprendere al corso. Inoltre, essendo un bravo calciatore ora gioca in una squadra di calcetto. Lo seguiamo ventiquattrore su ventiquattro, la sera lo accompagniamo al pullman, perché dorme nella struttura della Caritas sempre di Agrigento situata in via Orfane nel centro storico», racconta Melina. Nel Gambia Mossa ha lasciato una madre vedova e cinque sorelle però «noi cerchiamo sempre di farlo restare in contatto con la sua famiglia per non fare perdere al ragazzo le proprie radici. Ogni 15 giorni acquistiamo per lui una scheda telefonica cosi, può tenersi in contatto con sua madre. L’anno scorso per Natale abbiamo spedito un pacco in Gambia. Mossa mi chiama “Mammà” e quando lo dice i suoi occhi, s’illuminano. Mario ed io grazie a lui ci sentiamo felici, perché doniamo a nostra volta felicità e speranza a una persona che seppure giovane ha già visto intorno a sé orrore e tristezza», confessa la signora Taibi. Ad Agrigento sembrano lontane le polemiche leghiste degli ultimi giorni smentite dai numeri: su 100mila migranti giunti in Italia da gennaio a oggi, circa 35mila sono stati accolti dalle strutture legate al mondo cattolico. Domandiamo a Melina, la cui famiglia fa parte di quella base cattolica più autentica, radicata nel territorio e nella vita quotidiana, se le polemiche politiche non fanno che peggiorare le cose, perché generano sfiducia nei volontari. «Non ci pensiamo proprio forse perché abbiamo tanto da fare, a parlare si è tutti bravi, invece di fare tante chiacchiere, perché non ci si adopera per chi ne ha veramente bisogno?». Solo due giorni fa il coordinamento della missione Frontex ha reso noto che a luglio 2015 il numero di migranti giunti nell’Unione Europea è più che triplicato rispetto allo stesso mese del 2014 dichiarando che si è arrivati a quota 107.500 sbarchi. È la prima volta che si superano i centomila arrivi mensili da quando l’operazione è iniziata nel 2008. Inoltre i morti nel Mediterraneo sono stati almeno 2300. Cifre che sono meno aride se si pensa all’impegno di Melina e Mario, e ai tanti come loro nel nostro Paese. Conclude Melina: «I volontari di tutte le età donano tanto amore e dedizione senza scopo di lucro, io ho già fatto sei anni di volontariato. Ripensando alla frase che Papa Francesco ha pronunciato durante l’Angelus di Ferragosto, “Maria crede che Dio soccorra i suoi figli poveri e umili con misericordiosa premura”, ritengo che il Santo Padre abbia descritto anche il nostro lavoro che dura 365 giorni l’anno, che è poi quello di soccorrere e prodigarsi nei confronti di chi non ha più nulla. Spero che il Signore conceda a mio marito e a me la forza di andare avanti ancora a lungo nonostante la nostra non più giovane età. Se è vero che anche un piccolo granello di sabbia può essere utile, allora è bene proseguire così».