Ashley Madison: i tradimenti sul web smascherati dagli hacker

Tempi duri per gli adulteri a caccia di avventure sul web. La notizia potrebbe strappare anche un sorriso, ma a raggelarlo sul nascere è un numero che pesa come un macigno: sarebbero ad oggi tre (non è tuttavia da escludersi che il numero possa aumentare) i suicidi degli utenti del sito web canadese di incontri extraconiugali “Ashley Madison”, smascherati dopo il maxi attacco informatico dei giorni scorsi. Dal sito hackerato, che opera in 50 Paesi, sono stati “rubati” 37 milioni di nomi e dati dei frequentatori, molti milioni dei quali già pubblicati. Mentre la polizia di Toronto, le autorità statali e l’Fbi stanno tentando di individuare la fonte dell’attacco, due studi legali canadesi hanno presentato una class-action da 578 milioni contro il gruppo che controlla il sito.
Intanto appare sinistro da far venire i brividi lo slogan “spensierato” del sito “Life is short, have an affair” (La vita è breve, fatevi una storia). Per chi se l’è tolta – tra questi un agente di polizia di soli 25 anni – è stata davvero breve…
Non è una novità che gli hacker possano, attraverso uno spyware (software “spia”, come suggerisce il nome), carpire i dati degli utenti di un sito: in questo caso conversazioni, preferenze sessuali, dettagli sui pagamenti, numeri di carte di credito e soprattutto identità degli iscritti mettendo così a repentaglio la tranquillità di tante coppie (e famiglie). Perché finché occhio non vede cuore non duole, come sostiene un proverbio regolarmente contraddetto da un principio di realtà, ma poi? Dove va la tanto sbandierata privacy, emblema di civiltà e progresso? Timore forte e fondato.
Con il progredire dei servizi su internet (home banking, transazioni telematiche, blog, social network) la questione della sicurezza informatica sta diventando sempre più seria e questo episodio, in particolare, conferma quanto nessun sito sia in grado di garantire la privacy dei suoi frequentatori. Non possiamo credere alle velleità moralizzatrici degli hacker. Di una cosa però siamo certi: per la tutela della privacy online, al di là dei codici e dei più avanzati sistemi di sicurezza, la migliore difesa è il buon senso e anche una migliore gestione di sé, della propria immagine e soprattutto delle proprie relazioni. Domandarsi sempre: tutto questo è un bene?