La bellezza dei santi e della santità

Aula Picta

Immagine: Sant’Alessandro. Affresco romanico nell'”aula picta” della Curia di Bergamo

Avete celebrato, da poco, Santa Chiara, la “vostra” santa. In questa settimana celebriamo sant’Alessandro, il “nostro” santo. Questi possessivi – “nostro”, “vostro” – possono significare qualcosa in rapporto al culto dei santi? O possono essere anche un rischio? Grazie. Vincenzo

I santi, caro Vincenzo, sono fratelli che ci hanno preceduto nel cammino e con il loro hanno fatto brillare un particolare aspetto della vita di Cristo. Essi ci raccontano come sia bella un’esistenza intessuta di Vangelo, e come sia possibile tradurlo concretamente con la vita gustando una pienezza che rende felici e realizza la nostra umanità. Radicati in una storia e in un tempo essi la fanno “lievitare” con una presenza intessuta di Cristo.  Ma la loro testimonianza trascende la storia e ci raggiunge nel nostro “oggi” ridiventando significativa e motivante. Non sono i più perfetti, ma i più coraggiosi perché hanno orientato doni e limiti verso un’unica tensione, l’imitazione di Cristo, portando a pienezza quel dono particolare dello Spirito per l’edificazione della Chiesa.

I SANTI, LUCI SUL NOSTRO PEREGRINARE

La ricchezza dei santi ci narra la creatività dello Spirito e la sua fecondità nella vita di chi si abbandona incondizionatamente alla sua santa operazione, ma ci permette anche di ritrovarci in sintonia con qualcuno di essi verso i quali avvertiamo una particolare affinità spirituale che alimenta e concretizza la nostra esperienza di vita credente. Infatti il loro carisma e la loro esemplarità, attraverso di noi, incarnano nell’oggi il dono ricevuto, restituendo al mondo la ricchezza della loro peculiarità spirituale. Chiara, Francesco, Alessandro e migliaia di altri fratelli che ci hanno preceduto nel cammino della sequela e della fede, sono luci sul nostro pellegrinare e noi a loro guardiamo per attingere freschezza e passione evangelica e dare nuova forma al nostro vivere quotidiano. Essi ci orientano al fine ultimo al quale tutti, come credenti, dobbiamo giungere e cioè l’amore. Nessuno esaurisce il volto di Cristo e il Vangelo, insieme li rivelano. La nostra affinità per qualcuno di loro può motivare la radicalità della fede, ma non può esaurirsi in una devozione fine a sé stessa e deve giungere alla comunione piena che è l’incontro con Cristo, nella Chiesa.

LA DEVOZIONE AI SANTI, QUELLA VERA E QUELLA FALSA

La verità della nostra esperienza spirituale legata a un santo sta proprio in un’apertura alla comunione e all’autenticità di una vita che è sempre inclusiva e mai esclusiva, che restituisce e mai possiede.  Questi nostri fratelli sono già nella comunione piena in Cristo, e ci richiamano alla sua realizzazione anche qui in terra. Assistiamo purtroppo a forme devozionali esagerate che debordano in false spiritualità o in chiusure ghettizzanti che non parlano della universalità dell’esperienza cristiana. La chiusura e la divisione sono segni demoniaci, non evangelici, e su questi dobbiamo vigilare e attuare un serio discernimento. La vita dei santi è parabola di comunione, di fraternità, di oblatività, nella quale la croce di Cristo diviene la forma da assumere quale testimonianza suprema dell’amore a Dio e ai fratelli. Un amore senza misura che spalanca gli orizzonti angusti del cuore umano a quelli sconfinati di Dio dove non esiste più il mio o il tuo, il nostro e il vostro, ma quello di tutti, perché Cristo è tutto in tutti.

L’AMORE A UN SANTO APRE ALL’AMORE DI DIO E DEI FRATELLI

Ringraziamo questi nostri fratelli che si fanno nostri silenziosi compagni di viaggio e con le loro parole ci aprono alla bellezza della vita cristiana nella pluralità delle forme e delle vocazioni. Essi non ci vogliono legare o trattenere, sono donne e uomini liberi che sulla terra hanno lasciato tutto,  non hanno trattenuto nulla per sé stessi, ma hanno condotto solo a Cristo. Questo è anche il dono, la loro missione: condurci a Lui attraverso la loro intercessione e la loro vita. Verifichiamo questo: se la nostra vicinanza a qualcuno di loro ci rende più di Cristo e ci apre ai fratelli, se il nostro cuore si dilata all’amore e diventa spazio di accoglienza e di salvezza, essi hanno raggiunto il loro scopo. Certo, occorre essere un po’ folli, come loro, capaci di andare contro corrente. Occorre essere un po’ profeti e soprattutto innamorati, perché solo l’amore rende capaci di cose grandi. Deve muovere una passione che rompe il grigiore e il conformismo e sa osare…  Allora la santità non diviene qualcosa di irraggiungibile, ma la meta alta della vita cristiana, la forma del nostro vivere da credenti che come loro rende visibile il Cristo tra noi in una esperienza di comunione e fraternità che porta nel mondo  la vita piena. Allora la vita diviene significativa, innanzitutto per chi la vive e poi per gli altri. Esercita una forza di attrazione che evangelizza e raduna, fa vivere l’esperienza della Chiesa. I santi intercedano per noi tutto questo e ci diano il coraggio di viverlo!