Parrocchie e comunicazione: dai bollettini ai gruppi Whatsapp. Manca una formazione ad hoc

«Grazie alla mia esperienza in alcune realtà parrocchiali e diocesane genovesi, e dalla ricerca sul campo che ho fatto per la mia tesi di laurea triennale in Comunicazione “Realtà ecclesiali che innovano e prospettive di rete multimediale”, ho potuto notare che negli ultimi dieci anni si sono moltiplicate iniziative parrocchiali di esperimenti con la comunicazione online: mailing list, newsletter, blog, pagine web, oggi pagine e gruppi Facebook e Whatsapp. Iniziative tendenzialmente “artigianali”, realizzate con pochissime competenze in comunicazione e web, aspetto penalizzante, in parte oggi rimpiazzato da strumenti web di più facile utilizzo, le piattaforme wordpress, i social network… dove competenze tecniche e grafiche non sono più richieste». Giacomo D’Alessandro nato a Genova nel 1990 dopo il Liceo Classico si è laureato in Comunicazione Interculturale e Multimediale all’Università di Pavia. Appassionato di realtà ecclesiali, segue attività e progetti di comunicazione sociale, interculturale ed ecclesiale, musicali e teatrali, di comunità e di cammino, sintetizza nell’era delle connessioni globali l’importanza che hanno i fogli parrocchiali, un tempo il fulcro di una comunità religiosa.

Quale funzione rivestono i bollettini parrocchiali oggi nell’ambito di una Diocesi?
«Per l’esperienza che può avere uno studente appassionato di realtà ecclesiali, dalle esplorazioni e dagli incontri che ho fatto negli ultimi anni, mi sembra di intravvedere due scenari: alcune diocesi hanno investito su un buon sito web magari corredato da una buona newsletter, e riescono a “fare rete” tra l’informazione che arriva dalle parrocchie anche tramite i bollettini. Più in generale però la transizione alla comunicazione web nelle parrocchie e anche nelle diocesi è ancora indietro, e procede lentamente, in particolare per ragioni “anagrafiche” di chi si occupa di questi servizi, e per una difficoltà a coinvolgere gruppi di giovani. In ogni caso, la funzione dei bollettini rimane quella di informare e coinvolgere nelle varie attività ordinarie e straordinarie il target parrocchiale dei “frequentanti”, degli affezionati, insomma si rivolge perlopiù al gruppo di persone più o meno attive in parrocchia; si parla nella maggior parte dei casi di una fascia d’età alta, dai 45-50 in su. Generazioni abituate ancora all’informazione cartacea, per cui il bollettino mantiene tutta la sua valenza. Spesso i bollettini hanno anche l’obiettivo di far arrivare nelle case di chi non viene in parrocchia (o di anziani impossibilitati) un brano di Vangelo e un commento».

 Esistono strumenti di formazione per le persone che si occupano dei bollettini, c’è una redazione?
«Non ho dati scientifici, mi sembra di intuire che in alcuni casi tiene le redini del servizio una persona referente, altre volte è un gruppetto, una sorta di “redazione”, ma c’entrano poco le competenze. Oggi che la competenza per quanto riguarda la comunicazione è diventata più rilevante, succede che vi sia uno o due volontari che per mestiere se ne occupano e che prendono in carico magari la parte web della parrocchia. Ma grazie al mondo social parrocchie e sottogruppi parrocchiali sono benissimo in grado di implementare i loro strumenti di comunicazione e scambio di informazioni o materiali. Realtà più articolate, penso a onlus di derivazione religiosa, tendono invece a creare dei “team” di comunicazione, quando possibile destinando anche una figura minimamente retribuita a un settore che diventa sempre più fondamentale, soprattutto in tempo di crisi, per tenere e aumentare la relazione di fiducia con sostenitori e volontari».

“Papa Francesco è un Pontefice che ama molto la comunicazione, perché ha uno stile pastorale di contatto diretto con le persone. Quindi, per lui comunicazione significa incontro”, ha dichiarato il direttore di Civiltà Cattolica Padre Antonio Spadaro. Sono quindi “incontro” e “dialogo” le parole chiave della visione della vita e della Chiesa del Santo Padre?
«Pare proprio di sì, da tutti i suoi gesti e discorsi, e anche dalle sue scelte di vita, come stare a Santa Marta. Francesco mette in luce la doppia faccia che ha oggi la comunicazione: potenzialità positive enormi, se usata con credibilità, sostanza, trasparenza e umanità (come avviene con Francesco); potenzialità fortemente negative, se la si usa per manipolare la realtà e costruire uno splendido contenitore che non ha sostanza, che vende fumo, che distorce la propria immagine e ha scopi egoisti».

Nella società attuale siamo immersi nella comunicazione, ma questo non ci dà la certezza di essere capaci di relazioni umane. Molti notano anzi che la vita comunitaria langue, come l’attenzione reale all’altro. Primo compito del comunicatore in un contesto come questo è avere il giusto atteggiamento verso la realtà, nel farsi mediatore tra la vita e l’opinione pubblica, alla ricerca della verità. Cosa ne pensa?
«Penso che occorra superare una certa visione pessimistica del “mondo virtuale” che annullerebbe le relazioni, visione cui siamo tutti tentati di questi tempi, e in parte a volte surrogata da fatti. Abbiamo di fronte generazioni di ragazzi che cresceranno con strumenti mai avuti nella storia umana, non possiamo dire in partenza se questo avrà effetti soltanto negativi. Certamente cambia le dinamiche relazionali, le percezioni di spazio e tempo, i linguaggi e via dicendo. Ma dovremmo spingere per una visione costruttiva di queste possibilità e di queste nuove realtà, chiedendoci: possono essere strumenti che “amplificano e arricchiscono” le relazioni? Forse per chi vi è immerso fin da ragazzo, è già così, anche se facciamo fatica a comprendere e soprattutto a pensare una strategia educativa sana “al passo” coi tempi e coi mezzi».