Arte: i musulmani sono sempre stati grandi costruttori. Ma ora l’Isis distrugge

Sembra quasi un marchio di fabbrica: Isis vuol dire terrore, violenza e distruzione. E così, quasi in automatico, all’Isis viene associato tutto l’Islam. E pensare che in realtà fin dagli albori della nascita dell’Islam i musulmani furono in realtà più costruttori che distruttori. Gli esempi sono molteplici sia in Oriente sia in Occidente, basti pensare alle numerose moschee, dalla lontana Palmira fino alla spagnola Cordoba, ai castelli nel deserto, ai suq cittadini e ai famosissimi hammam. Sono costruzioni eccezionali per la perizia tecnica e lo splendore delle decorazioni musive e videro allo stesso tempo un profondo dialogo tra il mondo dell’Islam e quello dell’Oriente cristiano, servendosi di manodopera araba e di architetti e mosaicisti bizantini.

La prima strabiliante e più nota realizzazione fu la cosiddetta Qubbath al-Sakhra, meglio conosciuta come la Cupola della Roccia di Gerusalemme. Realizzata tra il 687 ed il 692, la Qubbath con il suo diametro di 54 metri e una cupola che raggiunge i 36 metri di altezza, domina, oggi come un tempo, la spianata del Tempio. Si tratta di un edificio particolarissimo destinato a custodire la roccia da cui il Profeta ascese al cielo nel suo miracoloso viaggio notturno, ed è la medesima roccia su cui Abramo fu fermato dal sacrificio di Isacco. Alla forma ottagonale esterna corrisponde internamente il doppio deambulatorio circolare, fiancheggiato da portici concentrici e cadenzato dal ritmo alternato delle colonne e degli archi, come in una sequenza matematica progressiva. Lo stupore continua con la decorazione: esternamente una lunghissima iscrizione in caratteri arabi corre lungo tutta la superficie ottagonale, mentre internamente una ricca ornamentazione musiva aniconica su fondo aureo riecheggia i fasti dell’arte imperiale bizantina. Infine tutta la costruzione soggiace ad un complicatissimo teorema, dove il ricorso ai moduli geometrici del quadrato e del cerchio, recuperano le speculazioni filosofiche platoniche e pitagoriche che definiscono il mondo ideale dell’aldilà. Inoltre la Qubbath evoca nella sua forma a martirium proprio il primo Santo Sepolcro di Gerusalemme e, con la moschea di al-Aqsa, svolge una funzione speculare alla simbologia sacra della chiesa della Resurrezione.
Ma il capolavoro della civiltà ommayade è la meravigliosa Grande Moschea di Damasco. Le parole del celebre viaggiatore Ibn Jubayr (1145-1217) sintetizzano quella che è stata definita come l’ottava meraviglia del mondo: “Damasco, Paradiso dell’Oriente, luogo da cui s’irradia la sua luce, sigillo dei paesi dell’Islam, giovane sposa che abbiamo ammirato, tutta ornata di fiori e piante olezzanti: essa appare nella veste di broccato verde dei suoi giardini. Sopra una collina, Damasco si onora di aver dato rifugio al Messia e a sua madre – che Dio li benedica! – offrendo loro un riparo tranquillo”. Edificata per volere di al-Walid tra il 707 e 714, è formata da un enorme cortile incorniciato per tre lati da arcate e portici, mentre il quarto è chiuso dalla facciata della sala di preghiera. Ma è la sua decorazione a sorprendere ancora di più: dai pennacchi delle colonne del portico, dove i mosaici raffigurano i grandi alberi che ombreggiano il Paradiso dei credenti, alla facciata della sala di preghiera dominata dai rigogliosi motivi vegetali, fino ai mosaici che ornano la corte della moschea che raffigurano meravigliosi palazzi attorniati da acque sorgive e fronde verdeggianti ad immagine dell’Eden. Questi primi e grandiosi esempi testimoniano come i musulmani seppero trovare un’intensa sinergia artistica nel rispetto della fede e della religione con il mondo cristiano, prediligendo l’edificare al distruggere, la conoscenza all’oblio, il costruire al cancellare, il nascere al morire.