Daniele: «In Brasile ho fatto il maestro d’asilo e l’imbianchino. E ho scoperto che la felicità sta nelle cose semplici»

Tra le diverse mete che ogni anno la Caritas diocesana propone ai giovani di Bergamo nell’ambito del progetto di “Giovani per il Mondo” c’è anche il Brasile. Daniele Santoro è un ragazzo di 26 anni che abita nel quartiere di San Tomaso e che da qualche anno lavora in uno studio di Bergamo come perito assicurativo. Dopo una lunga esperienza di volontariato presso i servizi offerti dalla Caritas nella città di Bergamo, ha deciso di mettersi ulteriormente in gioco e partire prima per l’India (lo scorso anno) e poi per il Brasile. Lo ascoltiamo al termine di questa esperienza presso le suore Orsoline di Somasca nella città di Teresina, capitale dello Stato del Piauì a Nord del Brasile.

Come sei venuto a conoscenza dei viaggi di “Giovani per il Mondo” e quando hai deciso di prenderne parte?
«Facendo il volontario in Caritas, da 7 anni (alla mensa da 7 ed al dormitorio da 3 anni) conoscevo il progetto “Giovani per il Mondo”, al quale ho preso parte negli ultimi due anni. Negli anni di volontariato ho scoperto piano piano che quello che “ricevevo” dalle persone che incontravo (in termini di affetto e gratitudine) era molto di più di quello che riuscivo a donare loro, specialmente se si trattava di persone che reputavo inizialmente “diverse” da me. Così mi son detto “perché non provare un’esperienza lontano da casa, con persone sicuramente distanti da me per cultura, possibilità e abitudini?”».

Ogni viaggio di Giovani per il Mondo nasce con lo scopo di creare occasioni di incontro tra i giovani bergamaschi e alcune persone coinvolte nei progetti di solidarietà internazionale della Caritas. Ci spieghi in quale progetto vi siete inseriti e quali sono stati i vostri compiti?
«In Brasile, e lo scorso anno in India, io ed il mio gruppo, siamo stati ospiti delle suore Orsoline di Somasca, una struttura in cui vengono accolte bambine e ragazze, alle quali le suore garantiscono una vita dignitosa, accompagnandole nella costruzione del loro futuro partendo dall’istruzione. Quest’anno in Brasile, le attività svolte sono state diverse e diversi erano quindi i ritmi quotidiani. Una settimana abbiamo fatto i “maestri” d’asilo del piccolo quartiere in cui è collocata la residenza delle suore, una settimana abbiamo lavorato presso la casa delle suore (tinteggiato alcune stanze, sistemato il tetto, sostituito alcuni tratti di vecchi impianti idrici della loro struttura) e una settimana abbiamo fatto visita alle famiglie povere del quartiere ed alle comunità di recupero che accolgono persone con problemi di dipendenza. Indipendentemente dalle attività che avremmo svolto, la sveglia suonava molto presto (per sfruttare le ore di sole che sorgeva alle 5:30) mentre la sera, dopo la cena delle 20, c’era magari tempo per un po’ di animazione con le ragazze presenti nella struttura delle suore ma alle 23 circa eravamo a letto».

Quali sono le motivazioni che spingono un giovane a scegliere viaggi come questo e non le classiche vacanze di relax?
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Non ho mai saputo cosa aspettarmi da un viaggio come quello di “Giovani per il Mondo” e, nonostante la testimonianza positiva dei ragazzi partiti negli anni precedenti mi rassicurasse e mi facesse ben sperare, nei mesi precedenti alle partenze ho sempre avuto molte domande in testa: spesso mi chiedevo se fossi stato all’altezza di quello che mi veniva richiesto in un viaggio simile. Aiutato dalla travolgente accoglienza dei brasiliani (adulti, bambini, suore ed anziani) da subito ho messo in campo quelle che ritenevo le caratteristiche utili per un viaggio da volontario. Lo spirito di iniziativa, la voglia di mettersi in gioco, il non limitarsi (negli incontri e nelle proposte che mi avanzavano), l’ascolto delle storie che mi venivano raccontate, la “versatilità” nel vivere tutte le situazioni (anche quelle che non avrei mai immaginato) come un dono e motivo di crescita, la volontà di condividere la mia storia, la mia cultura, con le persone che incontravo».

Ci racconti, se ne hai voglia, un momento, una sensazione, una persona, un gesto che ti ha colpito o emozionato particolarmente? Che significato ha per te quella immagine?
«Gli incontri nelle tre settimane sono stati tantissimi e credo di conservare un ricordo particolare per ognuno di questi. Nello specifico però, mi ha colpito molto l’incontro con una coppia di anziani signori che ci hanno ospitato un pomeriggio. All’apparenza non sembravano potermi colpire ma ascoltando la loro storia ho scoperto un vero tesoro. Lui, molto anziano, passa la giornata su una vecchia sedia a dondolo in compagnia della moglie, poco più giovane, non vedente. Entrambi in compagnia del loro pappagallo. Mi ha colpito la loro storia quale testimonianza di un amore puro ed autentico. In generale, come mi era successo l’anno scorso, ho scoperto in tutti i bambini che ho incontrato, la capacità di sorridermi con gli occhi.

Gli ultimi due giorni del viaggio in Brasile, in attesa di riprendere il primo volo intercontinentale, li abbiamo passati vicino a Recife, nello specifico a Porto de Galinhas, una piccola località turistica dove, agli angoli delle vie sono collocati coloratissimi cartelli sulle quali vengono riportate citazioni o semplici frasi. Uno di questi cartelli, riportava la scritta “La felicità sta nelle cose semplici”. Credo proprio sia la frase perfetta per descrivere una delle tante cose che il Brasile mi ha lasciato. Ricordo che l’anno scorso prima di partire – sapendo che potevo avere un limite di 30 Kg per il bagaglio – ero preoccupato, perché pensavo che avrei voluto portare tantissime cose, vestiti ecc..e che 30 Kg non sarebbero bastati. Durante il viaggio ho scoperto che 30 Kg erano in realtà tantissimi, che ciò che mi sarebbe bastato realmente per un viaggio simile erano poche cose e sicuramente il vangelo per pregare. La felicità sta davvero nelle cose semplici e viaggi come quello di Giovani per il Mondo te lo insegnano».

“Quello che resta alla fine del viaggio è quello che deve restare”. Con questo motto la Caritas vi ha augurato buon viaggio. Che cosa ti resta alla fine di questa esperienza?

«Quello che mi resta alla fine di questa esperienza credo che sia la consapevolezza che questo “viaggio” non sia terminato quando ho rimesso piede a casa mia al rientro, ma continui ogni giorno, in tutti i progetti che colorano la mia vita ed anche ora che ti sto rispondendo. Porto con me ogni ricordo del viaggio di Giovani per il Mondo, del Brasile o dell’India.

Citando M. Proust posso dirti di aver capito veramente che “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”».