Gesù ci parla di matrimonio e divorzio. Che cosa dice lui di noi e che cosa diciamo noi di lui?

Immagine: il logo del meeting internazionale delle famiglie, che ha avuto luogo nei giorni scorsi a Philadelphia, con la presenza di Papa Francesco.

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”. Dissero: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla” (vedi Vangelo di Marco 10, 2-16. Per leggere i testi liturgici di domenica 4 ottobre, ventisettesima del Tempo Ordinario, clicca qui).

ALLORA/ATTORNO A GESÙ SI DISCUTE SU MATRIMONIO E DIVORZIO

Gesù viene coinvolto in un dibattito sul matrimonio. Si discuteva, infatti, tra i diversi studiosi della bibbia, i rabbini, e le loro varie scuole rabbiniche. Tutti si rifacevano al testo di Deuteronomio 24, 1-4. “Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito – dice il testo del Deuteronomio – se poi avviene che essa non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa”. Il testo resta vago per cui tutti si impegnavano a spiegarlo e soprattutto a precisare i motivi eventuali del divorzio. Le scuole rabbiniche andavano da posizioni rigoriste (era necessario una infedeltà comprovata) a posizioni molto larghe che concedevano il divorzio per motivi molto futili (bastava un incidente anche involontario). E’ evidente che in questo ambiente qualsiasi risposta avesse dato Gesù poteva essere contestata da qualcuno. Per questo la domanda è un tentativo di “mettere alla prova” Gesù.

MA DIO CHE IDEA DI MATRIMONIO AVEVA?

Gesù non prende posizione nel dibattito. Va invece alla radice, come è sua abitudine, riportando tutto alla volontà di Dio. Chiedendo che cosa ha ordinato Mosè, infatti, è come se chiedesse: quale è il progetto di Dio sul matrimonio? Mosè infatti ha permesso il divorzio “Per la durezza del vostro cuore”. Il termine durezza di cuore, tradotto alla lettera, significa la sclerosi del cuore: il cuore degli ascoltatori di Gesù si è come mineralizzato, ha perso l’elasticità necessaria per pulsare. Dunque Dio ha dovuto “prendere atto” della durezza del cuore degli israeliti. Ma, appunto, quale era il suo progetto originario sul matrimonio, sull’amore dell’uomo e della donna? La volontà di Dio è questa: la sessualità è, anzitutto, buona, l’uomo e la donna sono fatti da Dio come l’uno necessario per l’altra. Dio vuole che siano una carne sola. Quindi, precisa Gesù, l’amore dell’uomo e della donna sancito dal matrimonio e voluto da Dio, non si può sciogliere: l’uomo, di conseguenza, non divida quello che Dio ha congiunto.

QUESTO DISCORSO È DURO

Gesù ha offerto il suo insegnamento. Ma si tratta di un insegnamento che è difficile da capire perfino per i suoi discepoli. Per cui, rientrati a casa, i discepoli lo interrogano di nuovo su questo argomento. Sappiamo che, nel vangelo di Marco, Gesù rientra in casa quando deve riprendere un argomento di particolare importanza per i suoi amici. Gesù non dice nulla di nuovo nell’insegnamento “domestico” ai discepoli. Si limita a trarre le conseguenze di quello che ha già detto. Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio.

La seconda parte del vangelo presenta una scena diversa. Gli presentano dei bambini. I discepoli non vogliono che i bambini assedino Gesù. Ma, ancora una volta, Gesù non è d’accordo con loro e non solo accoglie i bambini, ma li accarezza, impone loro le mani e li benedice. L’imposizione delle mani significa trasmettere i beni di cui Gesù è depositario e di cui i bambini sono i primi destinatari.

OGGI/QUELLI CHE SONO IN PIAZZA

Dio ha un progetto splendido sulla coppia umana. Fin dall’inizio vi vede la realizzazione esemplare della loro vocazione nell’amore che li unisce. Gesù riprende, da parte sua, lo stesso tema nel vangelo. Anche la seconda lettura parla di amore, ma di quello del Padre creatore e del Figlio salvatore.

Così annuncia il Vangelo di oggi. Succede, però  talvolta, che alcuni degli stessi discepoli, quelli di oggi e quelli di allora, non capiscono: “Questo linguaggio è duro, e chi riesce a capirlo?” E preferiscono uscire di casa e tornare in piazza e lì dire esattamente quello che dicono tutti e fare esattamente quello che fanno tutti.  Quei cristiani che preferiscono tornare in piazza, in effetti, si sono sposati in chiesa, ma solo perché era più bello, non pregano, talvolta non sanno neppure bene che cosa sia la Chiesa e che cosa sia la Parola di Dio.

In piazza non solo soli. Trovano altri cristiani, ma molto diversi da loro. Sono cristiani che si trovano in piazza e lottano per salvare il matrimonio. Lo fanno con una passione e con un ardore unico, “Noi siamo per il matrimonio indissolubile, dicono, vogliamo leggi a favore, non possiamo essere trattati come quelli che non si sposano, come gli omosessuali, come gli atei. Noi difendiamo la famiglia, noi, noi…”. Dicono spesso “noi”. Si sentono forti e si fanno sentire. Ma sono in piazza. Stanno poco in casa con il Maestro, sia perché devono lottare in mezzo a tutti, sia perché, in fondo, sono sensibilmente diversi da come li vuole il Maestro. Sono troppo presi dalla bontà del loro matrimonio per pensare alla bontà di chi sta in casa. In fondo, non hanno capito che all’inizio di tutto sta proprio quella bontà, che li ha scelti, li ha amati, lui. Sono i moderni farisei. Grazie Signore che non siamo come gli altri, ingiusti, adulteri, rapaci.

Oggi si sente fortemente la necessità di rientrare in casa. Allora, da lì, insieme con lui, guarderemo fuori, a quelli che sono rimasti in piazza.  Vedremo tanti di quelli che si sono sposati due, tre, tante volte. Non possono o non vogliono seguire l’ideale del Maestro. Certo, noi che stiamo in casa non diremo che va bene così, ma vedremo quei fratelli con gli occhi del Maestro che è lì con noi. Li vedremo fraternamente.

GLI ALTRI, PECCATORI E IO, PECCATORE PERDONATO

Io sono ancora con mia moglie. Ma quante volte l’ho trattata male, quante volte l’ho amata perché mi serviva, quante prepotenze, forse le sono stato perfino infedele. E allora perché vantarmi di essere cristiano, se in realtà rimango così poco davvero in casa con il Signore? Mi guardo in giro e vedo in piazza quel tal mio amico che si è separato, si è risposato, quell’altro che sta per separarsi. Scorgo quei miei vicini di casa: il figlio è in crisi con la moglie… So qualcosa di tutte queste storie e mi accorgo che anch’io, qualche volta, ho commesso gli stessi peccati che stanno commettendo loro e non posso vantarmi. Ho avuto solo la fortuna di essere più spesso perdonato. Solo quello. Allora rientro in casa e mi sento dire: I due saranno una sola carne.

Sono qui in casa, sono discepolo, ma come sono lontano da questo ideale… come sono peccatore. Perdona a me e perdona a quelli che non ce l’hanno fatta, fa’ che continuino ad essere  fedeli a te e, se decidono di sposarsi un’altra volta, io non so come giudicarli. Lo sai tu.

LE FATICHE DELLA CHIESA

Intanto che cosa deve dire, che cosa deve fare – che cosa dovrebbe dire e che cosa dovrebbe fare – la Chiesa, i discepoli che vogliono restare in casa con il loro Maestro? Intanto, non pretendiamo che la Chiesa dica il contrario di quello che ha detto Gesù. E poi riconosciamo che non è facile mettere d’accordo quello che dice Gesù con le sofferenze dei separati e divorziati. È difficile e bisogna avere pazienza anche con la Chiesa. La prima cosa non è avere l’assoluzione per un matrimonio fallito, ma restare fedeli al Signore, tornare da lui, rientrare in casa, anche dopo aver fatto lunghi giri in piazza.  A che cosa mi servirebbe l’assoluzione o della Chiesa, o di un amico prete, se avessi perso la compagnia del Signore?

Bisogna tornare ad affidarsi a lui, come bambini. I bambini stanno sempre in casa, infatti e, se escono,  si smarriscono. Chi non chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso. Anche questo è scritto nel vangelo di questa domenica.

  1. Io ho sposato un uomo divorziato, io nubile. Ho conosciuto mio marito quando era già separato da quasi 7 anni. Prima di accoglierlo nella mia vita sono stata tempestata di dubbi, timori ma soprattutto quello che è stato importante era capire se potevano in qualche modo riconcigliarsi ma non era così. L’ ex moglie aveva ed ha una storia con un uomo sposatoda oltre 17 anni quindi da prima della separazione e continua ancora oggi. Ci siamo conosciutie io fin da subito ho incontratoun uomo che si sentiva abbandonato con due bambini da crescere, padre presente a fare sia da padre che da madre, io lo chiamo mammo. In circa 7 anni di separazione non ha mai portato nessuno a casa solo me, la fiducia instaurata in poco tempo ha fatto si che la mia presenza fosse graduale. Nel 2013 abbiamo preso la decisione di vivere insieme e nel 2015 abbiamo sentitopapa Francesco che diceva che era più accettabile dalla Chiesa una coppia di risposati che la convivenza poichè la convivenza è un atto egoistico perchè non comporta un per sempre. Allora abbiamo deciso di sposarci ma quando lo abbiamo comunicato ai ragazzi il figlio più grande che aveva circa dodici anni ha pianto e noi abbiamo deciso di aspettare che fosse accolto da entrambi i ragazzi, ungesto d’ amore. Nel 2017 un giorno qualsiasi i ragazzi ci hanno detto ma voi non dovevate sposarvi? Ci siamo guardati e abbiamo capito che in quel momento la nostra famiglia ci chiedeva un per sempre, convinto e accolto da tutti. Ci siamo sposati per rispondere alla Chiesa che amiamo con un si, siamo pronti a lasciare un atto egoistico come la convivenza ed abbracciare un per sempre come famiglia, insieme.
    Sappiamo che per tanti siamo adulteri ma è vero che per chi ci conosce siamo una famiglia che fa scelte d’ amore, attenta ai bisogni dell’ altro, rispettando tempi. Non siamo perfetti, abbiamo attraversato momenti difficili che ci hanno unito e non separato e questo per noi è un segno di bene, una parola di bene di Dio nella nostra vita. Prima della comunione nella celebrazione della messa diciamo ” Signore non sono degno di partecipare alla tua mensa ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato” , ecco , la Parola di bene è proprio il nostro bene. L’ Eucarestia è ciò che è importante, è la cosa più importante nella vita della Chiesa, è la Vita che salva ogni uomo e ogni donna e se crediamo in questo possiamo affermare che ogni famig.ia ha bisogno di essere salvata e l’ unico che può sanare le ferite dell’ uomo è Dio Padre Figlio e Spirito Santo, l’ Eucarestia è il nutrimento primo dell’ esistenza del cristiano ferito per sanarlo. Gesù ha dato la sua vita per i malati non per i sani e noi famiglie non ” apposto ” abbiamo bisogno di essere guarite dall’ amore misericordioso di Dio nella Chiesa Cattolica, amore universale.

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