Un nonno di 90 sta morendo. La morte mistero e sorella insieme

Cara suor Chiara, il papà di una mia amica sta molto male. Ha quasi novant’anni. Ha avuto un ictus e si è piuttosto pessimisti sulla possibilità di una sua ripresa. L’ho visto in ospedale. Vederlo così conciato dopo tutta una vita lunga e faticosa mi ha messo addosso un magone indescrivibile. Tutti mi dicono che a novant’anni è “normale” che si muoia. A me sembra invece che il mistero della morte resta intatto, sempre, anche a novant’anni e anche oltre. Tu che ne pensi? Mary

Cara Mary, accompagnare una persona all’incontro con la morte è sempre un evento intenso e toccante anche quando l’età cronologica lo fa essere “una cosa normale”, il concludersi di un ciclo biologico.

L’ETERNA SORPRESA 

La morte ci trova sempre un po’ sorpresi, impreparati, a volte angosciati o indifferenti, secondo le sensibilità, i vissuti, la fede… Non possiamo negare che l’atto del morire susciti in tutti un po’ di paura poiché pone innanzi una realtà sconosciuta, priva di qualsiasi controllo. Assistere nell’ultimo tratto di vita un fratello, anche quando il morire ci presenta un corpo sofferente o incosciente, offre la percezione di vivere un evento sacro che apre al mistero: una vita che consegna l’ultimo respiro all’Altro, Dio, lontano e vicinissimo, in una libertà suprema. Gli attimi che precedono questo evento possono instaurare tra il morente e il parente una grande intimità, una relazione profonda di vicinanza non più caratterizzata dalla parola, ma da un delicato contatto, una stretta di mano, la tenerezza di una carezza che sfiora il suo volto, parole di affetto e di fede sussurrate dolcemente all’orecchio per far cogliere una presenza che fa da ponte tra il reale e l’eterno, che mantiene il segreto di un legame, di una eredità di vita che si raccoglie silenziosamente.

LA PRESENZA NELLA SOLITUDINE 

Certo, si muore soli, perché l’altro si allontana lentamente e si stacca da noi, ma è importante essere presenti in questa solitudine, come miti e umili testimoni del mistero della vita che compie il suo passaggio all’eternità. Siamo fatti per la vita e nasce in noi la domanda del perché della morte, domanda che ha abitato il cuore di Gesù e che è sfociata in un grande atto di affidamento nelle mani del Padre, che ha accolto e resa eterna la sua vita. La vita umana è sempre una lotta contro la morte, tra una lettura incredula e una credente. Vita e morte convivono sempre; nella superficialità con la quale si vive, nella violenza che miete vittime innocenti, nell’evento ultimo, ma anche nei piccoli passaggi quotidiani che raccontano il morire a ogni forma di egoismo e di potere, di autoconservazione o di sfiducia, poiché ogni forma di chiusura è un immettere morte nel mondo. Vince la vita quando si vive nella fiducia, nell’affidamento nella fedeltà a un legame, alla propria storia, quando si lotta per sopprimere i cultori di morte.

LA MORTE DIVENTATA UN DONO INATTESO

Gesù ha vinto la morte trasformandola in dono; il suo desiderio di vita fu esaudito non eliminando la morte, ma attraversandola e trasformandola in un legame d’amore con il Padre. La morte rimane mistero, un mistero che per il credente è illuminato dalla Pasqua di resurrezione di Gesù. Questo chiama tutti a quella riconciliazione con la morte che è frutto di tutta una vita, che passa nella vita quotidiana. È un processo difficile nel nostro tempo contrassegnato dalla sua rimozione: non se ne parla, si evita ai bambini la visita ai defunti, proliferano le case del commiato che accolgono i morti, si camuffano l’anzianità e la vecchiaia … È urgente accogliere la morte come sorella; è un’arte riuscire a rimanere vivi, assumere senza lamento la propria finitezza, la fatica, il dolore come parte della propria esistenza, come dono da riconsegnare nella libertà. È atto di fede profonda credere che siamo nati e non moriremo mai, perché la vita continuerà e noi riverremo alla luce come una seconda nascita. Il credente spesso dimentica la sua prospettiva escatologica, che non esula dalla fedeltà alla terra, ma la pone in un orizzonte più vasto, in una chiamata alla vita come vocazione all’amore, un amore che dura per sempre e va oltre la morte. Scoprire il segreto della morte è entrare nel mistero della vita, nel cuore della vita, poiché il nostro Dio non è il Dio dei morti ma dei viventi, colui che ha posto nei nostri cuori il desiderio di eternità.