Nel “dire” la fede il linguaggio dell’arte resta privilegiato. Per questo la bellezza può essere divina. Lo dimostra l’esposizione in Palazzo Strozzi a Firenze in occasione del Convegno ecclesiale nazionale. Più di cento opere tra Van Gogh, Chagall e Fontana. Artisti che tra l’Ottocento e il Novecento si sono confrontati con il trascendente. Capolavori assoluti che hanno interpretato la religiosità popolare per avvicinarsi alla condizione dell’uomo contemporaneo. Quella condizione che in meno arte ma in altrettanta bellezza si troverà nell’altare che i detenuti di Sollicciano stanno costruendo per la Messa del Papa allo stadio. Nel lavoro delle mani dei carcerati della Casa circondariale fiorentina si vedrà la sofferenza umana e la voglia di riscatto: una nuova bellezza al pari del nuovo umanesimo che attende il Convegno della Chiesa italiana.
Una bellezza che Papa Francesco ha saputo leggere nella lettera che i detenuti gli hanno scritto e alla quale ha risposto chiedendo alla fine preghiere per sé, riconoscendo così a quegli uomini la piena dignità di rivolgersi ed essere ascoltati dal Padre Celeste quando la società spesso non li reputa meritevoli nemmeno di una vita umana sia pure dietro le sbarre. Poveri cristi, per certi versi abbandonati come il vero Cristo tra le braccia di un possente Nicodemo, una gracile Maria e una ancor più esile Maddalena nell’incompiuta e maltrattata Pietà michelangiolesca, massimo capolavoro del rinnovato e ampliato Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore. Altro esempio di una fede cristiana che si fa immagine di bellezza e di carità.
Anche in questo caso di una bellezza pari a quella della Casa della solidarietà, il condominio solidale, il primo in Italia di queste dimensioni, che sta nascendo alla periferia di Firenze come segno concreto del Convegno ecclesiale nazionale, simbolo di un nuovo umanesimo riuscito. Un’iniziativa solidale che insieme alle esperienze di umanesimo concreto raccontate nei contribuiti arrivati dalle diocesi italiane aiuta a dare l’esatta percezione dell’appuntamento di novembre: inventare forme nuove del vivere insieme ispirate dal Vangelo. Un bel segnale anche per una città dove l’immagine di bellezza è a volte fine a se stessa, dove opere collocate fuori del proprio contesto non sono più in grado di “parlare”.
Nella contraddizione di una culla dell’umanesimo spesso assediata da un turismo mordi e fuggi che confonde Santa Croce con Santa Maria Novella o il David di Michelangelo con la copia sull’arengario di Palazzo Vecchio. In una città dove l’immigrato è costretto, non si sa da quale racket, a vendere bracci telescopici per l’idiota moda dei selfie, a contribuire alla diffusione della bruttezza attraverso il loro stare in mezzo alle strade a proporre pessime riproduzioni a stampa dei capolavori italiani. Anche se, per fortuna, non mancano le esperienze di vita buona del Vangelo, quelle che stanno nascendo e alle quali abbiamo accennato, ma anche quelle che fanno parte della storia e del presente di Firenze e che i delegati al Convegno ecclesiale avranno modo di scoprire attraverso i trenta incontri e in altrettanti luoghi significativi della città. Espressioni sociali, di spiritualità, arte e cultura capaci di confrontarsi e di cooperare con la vocazione umanistica della Chiesa.