Tra Roma e Milano. Nuove polemiche e vecchie magagne

Foto: Roma, piazza del Campidoglio

Diciamo la verità. Al nord – da Firenze in su, grosso modo – le recenti disavventure di Roma, da Mafia Capitale all’ex sindaco Marino – sono vissute quasi con compiacimento. Mica solo la Lega. Moltissimi, convinti come sono da sempre che l’inimitabile Città Eterna sia un ricettacolo di fannulloni. Ci mancava la geniale uscita di Raffaele Cantone (“Milano è la capitale morale del Paese, Roma non possiede gli anticorpi”).

A PROPOSITO DELLA SPARATA DI CANTONE

Una trovata, quest’ultima, quanto meno stravagante e grottesca. Stravagante perché si delegittima con disinvoltura un’istituzione da parte di un uomo delle istituzioni, essendone l’autore un magistrato in aspettativa con odierne funzioni di presidente dell’autorità nazionale anticorruzione. Grottesca in quanto finisce con l’attribuire gratis una patente di verginità, non sembrando Milano e il suo hinterland esenti da gravi episodi di malaffare (il vicepresidente della Lombardia – per rammentarne solo uno – sta in carcere).
Spiegazione. Cantone sapeva che Renzi stava per nominare il prefetto di Milano commissario di Roma, in sostituzione dell’eliminato Marino. Quale miglior occasione per ulteriormente accreditarsi, dicendosi in anticipo clamorosamente solidale con una scelta vagamente discriminatoria?Anche al sud, dove gli unici attestati che quotidianamente pervengono sono di totale inefficienza, Roma decadente non può che far piacere. Una soddisfazione silenziosa, prima che si trasformi in un boomerang, ma comunque mal comune, mezzo gaudio.

ROMA È UN COLORATO, DIVERTENTE MANICOMIO

Vogliamo tentare una mediazione? La superficie del comune di Roma, che raggiunge – fra Fiumicino e Pomezia, confinanti – il litorale, è più estesa di Milano e Napoli messe insieme. La città – da Saxa Rubra a Ostia ci vogliono 90 euro di taxi – è un manicomio. Colorato, divertente, ma pur sempre un manicomio. L’ideale per un disimpegnato osservatore tendente alla bonaria ironia. Ma se ci devi stare per lavorare, buonanotte. L’assalto all’autobus nelle ore di punta, alle fermate di via Del Tritone, o alla stazione della metro, a Termini, testimonia una situazione non certo mitteleuropea. Senza contare le manifestazioni. A via XX Settembre, davanti al ministero del lavoro non lontano da Porta Pia, si possono trovare cavalli da corsa in sciopero, che protestano.

NON SOLO COLPA DEI ROMANI

Tutto questo casino colpa dei romani? Che peraltro alle sette di mattina stanno in coda sul raccordo anulare esattamente come i milanesi sulla tangenziale. Il punto di partenza dev’essere un altro. E cioè che la Capitale non può essere amministrata da un semplice sindaco, con gli stessi poteri e le stesse risorse teoriche del primo cittadino di Parma o di Salerno. Poi – ma solo poi – vengono i difetti degli abitanti.
Quali sono questi difetti? Roma provincia d’Ascoli Piceno è una provocazione, ma rende l’idea di una metropoli (l’unica vera metropoli italiana), che non riesce ad assumere una connotazione realmente continentale. Le due squadre di calcio locali – Roma giallorossa e Lazio bianco celeste – sono a Ponte Milvio come l’Atalanta a Borgo S.Caterina e restano il pensiero dominante.

PROVINCIALISMO 

Provincialismo, dunque, e dilagante scetticismo dissacrante. Megalomania e prese per i fondelli. Quando Veltroni costruì al Flaminio l’Auditorium, fece mettere un sacco di cartelli indicatori. Megalomane, appunto. E – tanto per buttarla in caciara – le battute si sprecarono perché all’Eur, dalla parte opposta, già comparivano le frecce per il Parco della Musica.
Ma questo egocentrico stile di vita, che ripudia l’ipocrisia rifugiandosi nella sfrontatezza quando non nell’arroganza, deriva dalla storia, dall’averne viste tante. Roma va assorbita così com’è. Non la si può mantenere, questo è vero. Ma contrapporla ad altre città è insensato. Al punto da suggerire la provocazione finale. E’ sostenibile che Milano – complessivamente – non vale Roma? Attenzione. Graduatorie fra realtà diverse non sono credibili. Ma chi – alla provocazione – rispondesse senza esitazioni di no, correrebbe il rischio di sembrare in balia del classico complesso d’inferiorità.