Una nuova, antica sinistra

Foto: Stefano Fassina, uno dei protagonisti di “Sinistra Italiana”

Il 7 novembre, 98° anniversario della Rivoluzione sovietica, è nata, al Teatro Quirino di Roma, Sinistra Italiana, con il progetto di costituire un nuovo soggetto politico di sinistra, alternativo al PD di Renzi. Alla Camera, dispone di 31 deputati, al Senato di 10. Si tratta di un processo di lenta confluenza di storie personali e collettive verso un unico alveo, i cui confini certi sono per ora rappresentati dal No al PdR, il Partito di Renzi, come lo definisce Ilvo Diamanti.

MOLTI VOLTI, MOLTE ANIME

All’Assemblea costitutiva sono comparse antiche facce della storia del PCI: Aldo Tortorella, togliattiano-berlingueriano quasi novantenne, Cesare Salvi e Fabio Mussi, già ministri nei governi di centro-sinistra, Pietro Folena, Valentino Parlato, tra i fondatori del Manifesto, Luca Casarini, attivista nei movimenti radicali e leader dei Disobbedienti. Attorno si agitano singoli intellettuali, che stendono periodicamente dei “manifesti” per rifondare/costruire la sinistra, da Marco Revelli a Remo Bodei, da Nadia Urbinati e Raffaele Simone a Michele Prospero…  Può darsi che si aggiunga in seguito anche Civati, che con il suo Possibile tenta di ripetere in Italia i successi di Podemos. Il puzzle risulta costituito da pezzi del vecchio PCI, di marca togliattiana, berlingueriana, ingraiana, da pezzi della sinistra extra-parlamentare o “rivoluzionaria”, da intellettuali delle differenze e dei LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), da pezzi del sindacato classico e di quello COBAS (la coalizione sociale di Maurizio Landini). Si potrebbe sintetizzare: laburismo+nuovi diritti.

Non si tratta di un mix facile. All’ILVA di Taranto, chi difendeva gli operai voleva la riapertura degli altiforni; chi difendeva i diritti all’ambiente e i “beni comuni” ne caldeggiava la chiusura per sempre. Insomma: non tutti i pezzi si incastrano perfettamente. Naturalmente si possono difendere o persino esaltare queste divaricazioni in nome del pluralismo. Finché non si hanno responsabilità di governo, tutto viene facile. In attesa dei programmi organici di governo, dobbiamo accontentarci di spezzoni di visione del mondo e di spezzoni di programmi.

LA VISIONE POLITICA, MOLTO SEMPLICE E MOLTO CUPA

La visione del mondo e dell’Italia che l’assemblaggio di queste vecchie e nuove culture presenta è cupa, più vicina alle narrazioni distopiche che ad una rappresentazione realistica. La globalizzazione ha visto il prevalere di grandi gruppi finanziari e economici mondiali, che attraversano liberamente i confini nazionali, sans toit ni loi, che sottomettono i governi ai propri interessi, a partire dalla Comunità europea e dalla Merkel. Sono i poteri forti. La loro filosofia è il liberismo selvaggio, che in Italia ha ispirato prima Berlusconi e ora Renzi. Questa descrizione del mondo viene dai lontani archivi della Terza internazionale, quando la socialdemocrazia veniva accusata di spianare la strada al fascismo, cioè alla dittatura della borghesia capitalistica. Il Moloch capitalistico negli anni ’60 venne letto in modo nuovo in un Convegno dell’Istituto Gramsci del 1962, dedicato al neo-capitalismo. Che non era più fascista, ma subdolamente democratico, e perciò in grado di integrare la classe operaia e i sindacati.  Per sfuggire al destino cinico dell’integrazione, gli operaisti Asor Rosa e Mario Tronti invitarono a cercare “la forza pagana” di una nuova classe operaia. A partire da lì, si afferma in Italia l’idea di una sinistra extraparlamentare. Negli anni ’70 il capitalismo internazionale si ripresentò come SIM. Oggi ha a che fare con i cellulari. Ma nelle risoluzione strategiche delle Brigate Rosse era lo Stato Imperialistico delle Multinazionali. Nel manifesto messo a punto da Marco Revelli ed altri continua a rieccheggiare l’onnipotenza del Leviatano mondiale.

UNA “NUOVA” LOTTA POLITICA DI CLASSE E LE IMPOSSIBILI ALLEANZE

Come opporvisi? Come sempre, raccogliendo forze di opposizione e di resistenza, che sono annidate in tutti gli interstizi della società civile. Attorno a quale perno? Al lavoro, ai lavoratori: rispunta il proletariato, organizzato non più dal Partito, ma dal Sindacato, quale avanguardia e soggetto attorno a cui si annodano le forze di liberazione della società civile. Rinasce o deve rinascere la lotta politica di classe. Pertanto no all’Euro, che Fassina, neo-fuoriuscito dal PD, consiglia di abbandonare in modo consenziente con l’Unione europea. Quanto alle politiche: neo-keynesismo sul terreno economico-sociale. Il che vuol dire aumento della spesa pubblica, nuove tasse, stampa a go go di nuova moneta, inflazione… Mentre Berlinguer non voleva, neppure con il 51%, governare da solo, Sinistra italiana sa che non conquisterà mai il 51% e rifiuta persino una legge elettorale che le consentirebbe di governare con il 40%. Perciò cerca affannosamente alleati. Stefano Fassina ha già proposto Grillo. Ma in Parlamento è pronta a votare con chiunque voti contro Renzi. Insomma: Sinistra Italiana fa fatica a congedarsi dal ‘900, dalle sue gloriose ideologie, dai suoi fantasmi, dai suoi tragici fallimenti. Una sinistra della nostalgia e dell’etica della convinzione. Sì, perché l’etica della responsabilità è di destra.