Apfel, una rete internazionale per sostenere l’affido familiare. In Europa e a Bergamo

Promuovere il confronto alle differenze dei diversi modelli d’affido famigliare in Europa, cercando soluzioni comuni e metodi di lavoro, considerando prioritario l’interesse del bambino. E’ questo l’obiettivo che muove la rete APFEL (Rete Europea per la Promozione dell’Affido Famigliare a Livello Europeo), ospite nei giorni scorsi a Bergamo durante la quarta conferenza internazionale, promossa da APFEL stesso, dal CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza), dall’Università del Sacro Cuore di Milano , dall’Università di Bergamo e dalla Fondazione Paideia. Ospiti dell’evento sono stati docenti universitari, ricercatori, esperti del settore e i rappresentanti delle associazioni della rete APFEL, tra cui lo stesso presidente, Vincent Ramon.

APFEL nasce in seguito a due grandi eventi europei del 2010 con tema l’affido famigliare tenutisi in Belgio e a Strasburgo, e un convegno l’anno dopo a Parigi, durante i quali si iniziò a riflettere sulle sfide in campo affidatario presentante da ogni Paese partecipante. «Attraverso questa condivisione –ha raccontato Federica Lucet, segretaria generale di APFEL-, si è compreso come, nonostante le differenze legali, culturali e antropologiche tipiche di ogni Paese, le situazioni dei minori sono le stesse». Ad oggi APFEL chiama a sé docenti universitari, esperti e associazioni operanti nel campo dell’affido provenienti da ben 12 paesi europei e promuove uno scambio tra i metodi adottati nei singoli Paesi, costruendo dei veri ponti di lavoro tra la teoria e la pratica.  «Oggi siamo in Italia per scoprire i metodi italiani e per portare anche tutti gli altri metodi –ha continuato Lucet-. L’obiettivo della conferenza internazionale, già alla quarta edizione, è di creare un gemellaggio tra gli Stati; con il tempo stiamo acquisendo nuovi linguaggi: è importante certo parlare la nostra lingua materna ma iniziamo anche a capire la lingua dell’altro e a livello sociale è una conquista.»

Il tema della quarta conferenza è stato la co-genitorialità, quando un bambino mantiene un’appartenenza alla propria famiglia di origine ma per un certo periodo di tempo abita la famiglia affidataria. «Oggi Vogliamo ragionare sui come questa duplice appartenenza possa diventare una risorsa per il bambino e non un impedimento –ha spiegato Liviana Marelli, rappresentante del CNCA-. Non si tratta di mettere il bambino in una condizione di scelta ma di valorizzare gli apporti positivi che la pluri appartenenza può dare e per questo serve un confronto tra i diversi modelli di lavoro».

Portavoce dei metodi italiani è stato proprio il CNCA, il primo coordinamento italiano a far parte della rete APFEL. Durante la conferenza ha presentato i metodi di “la famiglia che appoggia famiglia” e “le reti di famiglia aperte all’accoglienza”. «Vogliamo presentare oggi come i nostri sforzi devono essere indirizzati verso la complementarietà tra la responsabilità sociale e la titolarità istituzionale –ha continuato sempre Liviana Marelli-: lo Stato e la società civile devono sostenere gli esempi di buon affidamento».

Il CNCA è membro anche del Tavolo Nazionale Affido, luogo di dialogo con lo Stato e il Ministero sul tema dell’affido e dell’accoglienza famigliare; quando parliamo di affidamento in Italia parliamo di numeri non indifferenti. « I minorenni fuori famiglia sono circa 28.000 e la metà di essi sono in affido –ha precisato Liviana Manelli-. Possiamo dire quindi che circa 10.000-14.000 famiglie sono coinvolte in progetti d’accoglienza. Mentre nella comunità sono presenti maggiormente i ragazzi preadolescenti e adolescenti, una conquista che abbiamo raggiunto negli anni è che sta crescendo l’affido per i bambini più piccoli. L’orizzonte culturale cui guardiamo è quello di garantire il diritto di crescere in una famiglia, specialmente ai più piccoli, e i dati ci mostrano come ci stiamo avvicinando a tale obiettivo».

Certo, il momento di confronto è produttivo ma può anche evidenziare alcune differenze non facilmente colmabili. «Il confronto è sempre positivo –ha sottolineato Liviana-, e con APFEL si crea una rete europea. Il problema è che i modelli di welfare sono diversi tra Stato e Stato e l’Italia è molto carente in questo settore. Diventa complicato confrontare i modelli nella consapevolezza delle diversità. Se da un punto di vista teorico è ben chiaro cosa serve, il guaio è che il sistema di welfare italiano non garantisce ciò che un buon affidamento oggi richiede.» In poche parole, si crea uno scarto tra un dover essere e la consapevolezza di cosa si dovrebbe fare. Compito del CNCA è anche questo, di presentare al Ministero la situazione. «Purtroppo oggi i minorenni e le famiglie non sono la priorità dell’Italia. E’ una battaglia che deve sostenere il cittadino perché si parla del futuro dei nostri figli».

E se il CNCA durante la conferenza si è fatto portavoce dei metodi e degli strumenti italiani, il consorzio “Il Solco Città Aperta” ha invece rappresentato le esperienze di Bergamo.

«Il nostro consorzio comprende 10 cooperative e 5 di queste, tra cui il gruppo AEPER si occupano di affido e della tutela dei minori –ha dichiarato Cristina Offredi, del Solco-.»

I bambini di Bergamo coinvolti nei progetti di affidamento provengono da situazioni in cui la famiglia ha delle fragilità che impediscono la cura dei bambini, oppure da situazioni con delle problematiche più temporanee e meno consolidate. Importante, come ha rimarcato Cristina, è il coinvolgimento della comunità e la collaborazione con il comune. «Siamo qui oggi perché ci siamo impegnati con le amministrazioni pubbliche in progetti di co-pregettazione in cui i privati e i pubblici cercano di costruire insieme delle risposte nuove ai bisogni dei minori e delle famiglie. Si parla di una responsabilità condivisa e la collaborazione che ne è derivata è stata virtuosa, efficace e positiva.»

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