Zalone: i perché di un incontenibile successo

Foto: Il manifesto del  fil “Quo Vado”

INCASSI MOSTRUOSI

«La sua comicità? Bassa ma non volgare»: forse ha proprio ragione il professor Simonelli (intervistato da L’Eco di Bergamo) quando definisce così la comicità di Checco Zalone. Il quale Checco è tornato prepotentemente al centro della ribalta mediatica, soprattutto per gli incassi mostruosi che sta raccogliendo il suo nuovo film, “Quo vado?” diretto dall’amico e sodale di sempre Gennaro Nunziante che, nei primi tre giorni di programmazione, ha superato i venti milioni di Euro di incasso. Avanti così, polverizzerà sicuramente il record del suo precedente film “Sole a catinelle” del 2013 che aveva superato i 52 milioni di incasso.

ZALONE E LO SPETTATORE: GENIALE GIOCO DI SPECCHI

La questione, però, come è ovvio, non può fermarsi semplicemente ai numeri: con questo metro (il botteghino, gli incassi, le vendite, le classifiche) “Cinquanta sfumature di grigio” o i libri di Fabio Volo sarebbero capolavori della letteratura perché vendono tanto (con tutto il rispetto per Fabio Volo, un po’ meno per le opere di E. L. James). Anche perché il successo è per definizione effimero, a suo tempo, il buon Leonardo Pieraccioni incassò con “Il ciclone” qualcosa come settantacinque miliardi di Lire, oggi veleggia sempre bene ma nella media delle commedie italiane. Insomma nel “fenomeno” Zalone c’è evidentemente qualche cosa in più: Zalone stesso. Sempre uguale a se stesso ma adattandosi via via a situazioni diverse, Zalone incarna la maschera del tipico ragazzotto del Sud con tutti suoi vizi (tanti) e le sue virtù (poche, ma ci sono), ribaltandola sullo spettatore che, da un lato vi si rispecchia, riconoscendosi ma, dall’altro, proprio perché è lui stesso a sbeffeggiarla, lo rassicura facendogli credere (allo spettatore) di essere migliore. In questo gioco di specchi si inserisce la sua comicità che giustamente Simonelli definisce “bassa ma non volgare” che gli permette di affrontare con la sua proverbiale (finta) innocenza anche le situazioni e i temi più controversi e scottanti senza fare del moralismo ma senza nemmeno quella “cattiveria” che contraddistingueva, per esempio, molti dei film della cosiddetta Commedia all’italiana.

IMPROPRIO IL PARAGONE CON ALBERTO SORDI

In fondo Zalone può prendersela con le donne, i gay, le minoranze, gli stranieri, perché non li riconosce come tali: è già oltre. Dopo aver sbeffeggiato gli “uominisessuali”, non si accorge che il cugino con cui divide l’appartamento, è gay; innamoratosi di una bella ragazza straniera, non si accorge che è parte di una rete terroristica, Zalone è una sorta di Mr. Magoo contemporaneo che agisce ad occhi chiusi salvo, alla fine, risolvere le situazioni con quel guizzo di scaltrezza, di ingenuità, anche di fortuna che contraddistingue il suo personaggio. Una maschera contemporanea che si lascia plasmare dagli eventi anziché plasmarli, ecco perché ci sembra improprio il paragone con Alberto Sordi che aveva, lui sì, impersonato nei suoi personaggi quell’italico miscuglio di pavidità, scaltrezza, furbizia, menefreghismo, doppiogiochismo ma anche gli slanci ideali, una certa dirittura morale di fondo, magari scoperta tardivamente e sepolta sotto diversi strati di servilismo, ma che ad un certo punto esplode come nella celebre sequenza dello schiaffo al commendatore che lo aveva umiliato per anni, nel finale di “Una vita difficile” diretto da Dino Risi nel 1961. Zalone non lo mollerà mai un ceffone al commendatore : “Tra tutti i personaggi da me interpretati, – diceva Sordi, a proposito di quel film – mi è più caro di tanti altri proprio il mio giornalista Silvio Magnozzi, che quando apparve sugli schermi fece storcere il naso alla destra e alla sinistra, ma piacque molto a Togliatti, che mi ringraziò personalmente per quel mio ritratto di un italiano idealista sebbene vessato dalla realtà”.

DI DESTRA O DI SINISTRA? RENZIANO O ANTIRENZIANO?

Eccoci qui: Zalone è di destra o di sinistra? È renziano o antirenziano? il dibattito impazza soprattutto su Internet dove se ne sono lette veramente di tutti i colori. Ovviamente il dibattito serve solo alle diverse fazioni per “leggere” questo suo nuovo lavoro, tirando la coperta dalla propria parte: per gli antirenziani, è ovvio che lo sia anche il film perché, per esempio avrebbe “il coraggio” di sbeffeggiare la riforma delle Province che, invece, secondo loro, avrebbe lasciato tutto come prima. La prova? Lo dice anche Zalone nel film! Bum! Ha un bel dire Zalone di non essere né di qua e né di là ma di essere solo un comico, tant’è, la guerra è iniziata. Già, ma allora chi è Checco Zalone.

MA CHI E’ ZALONE?

Al secolo Luca Medici, riposta la laurea in giurisprudenza nel cassetto, si dedica alla sua passione, il comico. Come tale inizia nella sua terra natìa, la Puglia, dove a Telenorba, si diletta facendo l’imitazione di Nichi Vendola, allora presidente della regione. Lo scopre Zelig e poi l’approdo al cinema quando ormai il suo alter ego Checco Zalone (sembra che derivi dall’espressione popolare “che cozzalone” che significa più o meno “che tamarro”), è già un personaggio piuttosto famoso. In coppia con il regista Gennaro Nunziante, Zalone compare sul grande schermo nel 2009 con “Cado dalle nubi”, poi nel 2011 con “Che bella giornata”, nel 2013 con “Sole a catinelle” e quest’anno con “Quo vado?”. Intanto va detto subito che è riuscito ad amministrare bene l’immediato e crescente successo non inflazionando la sua immagine e diluendo (uno ogni due anni) le uscite cinematografiche. Poi bisognerà sottolineare come dei film, firmi anche il soggetto, la sceneggiatura e anche le musiche, cosa che fa di lui (gli manca la regia) un autore praticamente completo, non ultimo, come dicevamo, aver creato una maschera immediatamente riconoscibile, abbastanza rassicurante proprio per quel miscuglio di ingenuità e strafottenza, non troppo volgare (quasi niente rispetto alla media delle commedie italiane), reinventandosi in vicende che affrontano anche temi non scontati per il genere come quelli politici, economici, sociali, ambientali, etici, morali. Certo, il tutto alla sua maniera.

“QUO VADO” E L’IDEA FISSA DEL POSTO FISSO

Ma prendiamo questo ultimo “Quo vado?” che ruota quasi tutto intorno al tema del “posto fisso” di lavoro. Scrive Davide Rondoni su “Avvenire”: “Quel che più colpisce è la forza con cui i due nuovi principi della comicità italiana individuano un nervo scoperto della nostra vita (l’ossessione per il posto fisso, per il lavoro senza rischi etc.) e lo prendono in giro senza però mai accusarlo con perfido cinismo o con facile disprezzo. È il grande tema della sicurezza della vita, della sua consistenza, che viene messo a fuoco in un confronto tra chi cerca solo di stare al riparo e chi intende il proprio stare al mondo in altro modo. Ma senza manicheismo. Intendo che c’è un elemento di “accoglienza del difetto” nel momento in cui se ne mettono in luce i lati negativi facendoli diventare comici, e mentre si mostra la necessità di correggerlo. Non è condiscendenza, è umiltà. Cristiana, aggiungo”. E ancora: “Il film manda un messaggio potente al Paese, invitando a un cambiamento ancora da intraprendere davvero specie in alcune parti, e il Paese ride e pensa. Si riprende un modello (non nuovo, si pensi a certe cose di Sordi o Verdone) di comicità civile, politica, diversa da quella a cui siamo stati abituati negli ultimi anni, fatta con il ditino alzato e con qualche facile, troppo facile irriverenza. Qui si pensa e si respira”.

FINZIONE PERICOLOSAMENTE VERA

Allora, concludendo, Zalone intercetta, fiuta l’aria del tempo, la realtà, la “legge” secondo la propria sensibilità comica, la curva sotto il controllo della sua scrittura e la mette in forma sullo schermo mostrandoci una delle sue possibili sfaccettature: “Per me la forma è la conseguenza di una vita interiore che deve avere un oggetto” diceva il grande designer Richard Sapper recentemente scomparso a Milano: ecco, forse il merito di Zalone è proprio quello di riuscire a dare una forma al senso. Poi, certo, da qui a “beatificarlo” ce ne corre: nella figura del suo italiano medio non ci si deve riconoscere per forza, chi ci si è riconosciuto (come una signora che commentava su un blog la sua vergogna di ex dipendente della provincia per essere stata rappresentata da Zalone in quel modo), va ricordato che sempre di un film si tratta e quindi di pura finzione. Che poi questa, ahinoi, somigli sempre più pericolosamente alla realtà, sta a noi spettatori, una volta usciti dalla sala, fare in modo che non lo sia. E del resto, se ce lo meritavamo Alberto Sordi, ricordate la celebre invettiva di Nanni Moretti, figuriamoci se non ci meritiamo Checco Zalone.

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