Sono stato a far visita a un bambino ricoverato in oncologia. Sono venuto via sconvolto. Era appena passato il Natale

Ho fatto visita al figlioletto di amici, ricoverato in oncologia pediatrica. Sono venuto via straziato, anche perché avevo ancora nelle orecchie i canti del Natale appena passato e non riuscivo a metterli d’accordo con quello che avevo visto nell’ospedale. Mi puoi dare qualche aiuto tu? Grazie. Alberto

Comprendo il suo disagio e il suo strazio, caro Alberto: come è possibile mettere d’accordo due ambiti così contrastanti? Come armonizzare l’atmosfera quasi surreale del Natale con la cruda realtà della sofferenza di ogni innocente? È veramente difficile, se non addirittura umanamente impossibile!

IL NATALE DIVENTA “SCANDALO”

Se consideriamo il Natale esclusivamente come un tempo quasi “irreale” fatto di musiche e di regali allo scopo di evadere un poco dalla fatica del vivere, non possiamo proprio conciliarlo con la sofferenza di tanti piccoli; se, al contrario, questo evento chiama in causa Dio stesso come Colui che entra nella nostra storia giungendo sino al punto più basso, per assumerla ed elevarla ad un piano superiore, allora anche in una corsia dell’ospedale si trova il coraggio di celebrare la festa nel modo più dignitoso possibile.
Il grande evento dell’incarnazione, infatti, è in grado di integrare e di armonizzare estremi apparentemente contrastanti come quelli da lei citati: il dolore, il limite, la povertà, la precarietà e tutto quanto nella nostra vita è incomprensibile sono scelti da Dio per divenire sua abitazione e dimora, luogo dove oggi Egli continua ad incarnarsi per raccontarci che ci vuole bene. Questo è causa di festa, anche in un reparto oncologico!

DIO E LE FRAGILITÀ DEGLI UOMINI

Nascendo nella povertà e nell’umiltà, infatti, Dio entra anche nella afflizione più assurda e temibile per riempire, con la sua presenza e la sua tenerezza, la solitudine di ogni uomo; facendosi bimbo povero, si mette nella condizione di abbracciare e di sposare tutta l’umanità, privilegiando la debolezza e la fragilità.
È questo il vero contenuto della solennità che stiamo celebrando, capace di integrarsi e armonizzarsi con le situazioni più crude della nostra vita. La nascita del Figlio di Dio, infatti, è realmente evento di salvezza anche in una corsia di ospedale, il lieto annuncio in grado di dare speranza e significato a quanti giacciono malati e ai loro familiari.
Dio, oggi, continua a nascere nei volti e nelle membra di tanti fratelli e tante sorelle che vivono grandi sofferenze fisiche o morali: per i piccoli del reparto di oncologia pediatrica, come per i migranti che sfidano le intemperie più violente in cerca di futuro, per i senza fissa dimora come per i malati terminali, il Natale è, dunque, realtà che apre alla speranza poiché proclama, a “lettere cubitali”, la premura e la vicinanza eterna di Dio nella vita di ciascuno soprattutto dei più tribolati. Non eliminiamo, quindi, dal nostro presepe queste periferie esistenziali!

TUTTI VANNO INCONTRO AL POVERO DI BETLEMME

Quei bimbi malati, come tutti coloro che soffrono per diverse situazioni, sono i pastori di oggi, che, raggiunti da un annunzio senza precedenti, si apprestano, con tutta la loro umanità ferita e sofferente, ad andare incontro a Gesù, riconosciuto nella povertà della loro situazione; sono loro che, silenziosamente, ci invitano a scoprire proprio dentro e oltre la scorza che ricopre le situazioni più dolorose, che Dio ha veramente piantato la sua tenda in mezzo a noi.