Il vescovo di Óbidos, monsignor Bernardo Johannes Bahlmann, si batte contro la deforestazione selvaggia dell’Amazzonia brasiliana e il commercio illegale del legname, anche verso Stati Uniti, Europa e Italia. È impegnato nella creazione di un “Movimento verde” per riforestare l’Amazzonia e nel progetto di una “nave-ospedale” intitolata a Papa Francesco.
Un vescovo che si batte contro la deforestazione selvaggia in Amazzonia. E una nave-ospedale intitolata a Papa Francesco che riuscirà a raggiungere e curare le popolazioni indigene che vivono nelle zone più remote lungo i fiumi Amazonas, Trobetas, Nhamundá, Tapajós. È la storia raccontata da monsignor Bernardo Johannes Bahlmann, vescovo di Óbidos, francescano tedesco che vive nel nord del Brasile, di passaggio in Vaticano per presentare il Manuale “Per il rispetto dei diritti umani nelle povertà estreme”. La sua diocesi è estesa come metà del territorio italiano e i 300 mila abitanti, con 600 comunità indigene, si trovano a fare i conti con la deforestazione e il commercio illegale del legno, anche verso Europa e Stati Uniti. “Più del 50% del legname della foresta amazzonica, spesso di proprietà governativa, è commercializzata in Europa in maniera illegale. Anche l’Italia è implicata”, denuncia monsignor Bahlmann. Molti leaders impegnati a difendere i diritti umani e combattere la deforestazione vengono minacciati di morte. La sua diocesi, insieme ad altre realtà locali, è impegnata a fianco della popolazione, oltre che nell’azione di denuncia, nella creazione di un “Movimento verde” per riforestare l’Amazzonia e cambiare l’economia e la mentalità.
Un “Movimento verde” per cambiare le coscienze. La diocesi di Óbidos è in prima linea nel lavoro di sensibilizzazione: organizza corsi di formazione professionale, progetti in favore delle donne per imparare a curarsi con le piante medicinali ma soprattutto ha iniziato dei programmi di rimboschimento, per permettere alle persone di vivere dignitosamente del proprio lavoro. L’idea di un “Movimento verde”per riforestare l’Amazzonia mira a cambiare le coscienze, a coinvolgere i diversi livelli della società: le altre diocesi, la Caritas, laRepam (la rete ecclesiale in Amazzonia), le organizzazioni non governative, il governo locale e statale, la magistratura. “Bisogna parlare anche con i responsabili. Non basta la denuncia. Bisogna superare le difficoltà attraverso dialogo”, sottolinea il vescovo.
Minacce agli attivisti. L’attività dei movimenti popolari per difendere i diritti umani e l’ambiente, è cosa nota, riserva dei pericoli, perché si vanno a toccare grandi interessi economici. “È un lavoro molto pericoloso e difficile – ammette monsignor Bahlmann -. Molti leader, comprese alcune religiose, sono stati minacciati di morte. Noi cerchiamo di dialogare anche con i datori di lavoro ma serve un cambiamento. Gli occidentali hanno delle responsabilità. Non basta solo piantare gli alberi, bisogna cambiare l’economia, la mentalità”.
Una nave-ospedale intitolata a Papa Francesco. In questo contesto sta prendendo vita il progetto, che sarà operativo nel 2017, di una nave ospedale intitolata a Papa Francesco. Promosso dai Frati Francescani nella Provvidenza di Dio, che hanno già attivi 60 ospedali, ambulatori e centri di salute in tutto il Brasile e ad Haiti, il progetto sarà finanziato dal risarcimento di un crimine ambientale perpetrato da una grande compagnia petrolifera. Il processo si è svolto a San Paolo e il giudice ha deciso che il risarcimento deve essere destinato ad un progetto ecologico: la costruzione e manutenzione della nave-ospedale, appunto. Una iniziativa simile era stata realizzata dall’organizzazione Terre des hommes a Santarem, ma non è più operativa. “Viaggerà sui fiumi dell’Amazzonia orientale, nella nostra diocesi e in altre zone – dice il vescovo -. Potremo aiutare migliaia di comunità, piccoli villaggi vicino al fiume, in collaborazione con altri ospedali. Sarà molto utile perché riuscirà a raggiungere zone altrimenti non raggiungibili”.