Papa Francesco: «Dio è misericordioso, il suo non è un amore da telenovela»

«Oggi iniziamo le catechesi sulla misericordia secondo la prospettiva biblica, così da imparare la misericordia ascoltando quello che Dio stesso ci insegna con la sua Parola». Lo ha annunciato ai fedeli il Papa, nell’udienza che si è svolta in Aula Paolo VI. «Iniziamo dall’Antico Testamento, che ci prepara e ci conduce alla rivelazione piena di Gesù Cristo, nel quale in modo compiuto si rivela la misericordia del Padre», ha proseguito Francesco, ricordando che «nella Sacra Scrittura, il Signore è presentato come Dio misericordioso. È questo il suo nome, attraverso cui Egli ci rivela, per così dire, il suo volto e il suo cuore». Poi Francesco ha citato il libro dell’Esodo, dove «rivelandosi a Mosè si autodefinisce così: ‘Il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».
«Anche in altri testi ritroviamo questa formula, con qualche variante, ma sempre l’insistenza è posta sulla misericordia e sull’amore di Dio che non si stanca mai di perdonare», ha fatto notare il Papa, prima di esaminare, «una per una, queste parole della Sacra Scrittura che ci parlano di Dio».

L’amore di Dio è “viscerale”, è fatto di “tenerezza” come quello di una madre nei confronti del figlio. Spiegando il primo attributo biblico di Dio – “il Signore è misericordioso” – il Papa è tornato su un tema a lui caro, al centro anche di questo anno giubilare. «Questa parola – ha spiegato nella catechesi di oggi – evoca un atteggiamento di tenerezza come quello di una madre nei confronti del figlio». «Il termine ebraico usato dalla Bibbia fa pensare alle viscere o anche al grembo materno», ha proseguito: «Perciò, l’immagine che suggerisce è quella di un Dio che si commuove e si intenerisce per noi come una madre quando prende in braccio il suo bambino, desiderosa solo di amare, proteggere, aiutare, pronta a donare tutto, anche sé stessa. Un amore, dunque, che si può definire in senso buono viscerale».

Il Signore è “pietoso”, nel senso che «fa grazia, ha compassione e, nella sua grandezza, si china su chi è debole e povero, sempre pronto ad accogliere, a comprendere, a perdonare». Il Papa ha spiegato così il secondo attributo biblico di Dio, scelto per iniziare le catechesi sulla misericordia: «È come il padre della parabola riportata dal Vangelo di Luca», ha proseguito citando la parabola del figliol prodigo: «Un padre che non si chiude nel risentimento per l’abbandono del figlio minore, ma al contrario continua ad aspettarlo, e poi gli corre incontro e lo abbraccia, non gli lascia neppure finire la sua confessione – come se gli coprisse la bocca – tanto è grande l’amore e la gioia per averlo ritrovato. E poi va anche a chiamare il figlio maggiore, che è sdegnato e non vuole far festa, il figlio che è rimasto sempre a casa ma vivendo come un servo più che come un figlio, e pure su di lui il padre si china, lo invita ad entrare, cerca di aprire il suo cuore all’amore, perché nessuno rimanga escluso dalla festa della misericordia».

L’amore di Dio «non è un amore di telenovela». Lo ha detto, a braccio, il Papa, ricordando che nella Bibbia la parola amore «indica l’affetto, la grazia, la bontà». «È l’amore che fa il primo passo, che non dipende dai meriti umani ma da un’immensa gratuità», ha sottolineato Francesco: «È la sollecitudine divina che niente può fermare, neppure il peccato, perché sa andare al di là del peccato, vincere il male e perdonarlo». Di questo Dio misericordioso, nell’Antico Testamento, ha proseguito Francesco, «è detto anche che è lento all’ira, letteralmente ‘lungo di respiro’, cioè con il respiro ampio della longanimità e della capacità di sopportare. Dio sa attendere, i suoi tempi non sono quelli impazienti degli uomini. È come il saggio agricoltore che sa aspettare, lascia tempo al buon seme di crescere, malgrado la zizzania».

«La fedeltà nella misericordia è proprio l’essenza di Dio». Lo ha assicurato il Papa, a braccio, ai fedeli che hanno gremito oggi l’Aula Paolo VI. Nella parte finale della prima catechesi dedicata alla misericordia, Francesco si è soffermato sull’attributo biblico per cui «il Signore si proclama grande nell’amore e nella fedeltà». «Com’è bella questa definizione di Dio! Qui c’è tutto», ha esclamato il Papa: «Perché Dio è grande e potente, ma questa grandezza e potenza si dispiegano nell’amarci, noi così piccoli, così incapaci». «E questo Dio misericordioso è fedele nella sua misericordia», ha proseguito a braccio: «E San Paolo dice una cosa bella: se tu nei confronti di Lui non sei fedele, Lui rimarrà fedele, perché non può rinnegare se stesso». Quella di Dio, ha sintetizzato Francesco, è «una fedeltà senza limiti: ecco l’ultima parola della rivelazione di Dio a Mosè. La fedeltà di Dio non viene mai meno, perché il Signore è il custode che, come dice il Salmo, non si addormenta ma vigila continuamente su di noi per portarci alla vita». «Dio è totalmente e sempre affidabile, una presenza solida e stabile», ha concluso: «È questa la certezza della nostra fede. E allora, in questo Giubileo della Misericordia, affidiamoci totalmente a Lui, e sperimentiamo la gioia di essere amati da questo Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore e nella fedeltà».

“Prima di concludere questo incontro, in cui abbiamo riflettuto insieme sulla misericordia di Dio, vi invito a pregare per le vittime dell’attentato avvenuto ieri ad Istanbul”. È l’appello del Papa, pronunciato prima di salutare i fedeli di lingua italiana, atto conclusivo dell’appuntamento del mercoledì, che oggi si è svolto in Aula Paolo VI davanti a circa 6mila fedeli. “Che il Signore, il Misericordioso, dia pace eterna ai defunti, conforto ai familiari, fermezza solidale all’intera società, e converta i cuori dei violenti”, il monito di Francesco.