Aung San Suu Kyi: teatro civile, singolare, divertente. La Birmania non è così lontana

Che significato hanno al giorno d’oggi parole come democrazia, verità, giustizia? Proprio partendo da questi concetti chiave è nato il testo teatrale «Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi», storia vera del premio Nobel per la pace San Suu Kyi che ha lottato per la libertà del suo paese, La Birmania, oppressa da un regime dittatoriale, e che si è battuta utilizzando i mezzi del dialogo e della democrazia. Numerosa la partecipazione all’incontro di approfondimento sullo spettacolo, in scena al teatro Donizetti da martedì 12 a domenica 17 gennaio. Alla conferenza hanno preso parte il regista Marco Martinelli e Stefania Gandolfi, docente della Cattedra dell’ Unesco Diritti dell’uomo ed etica della cooperazione internazionale dell’Università degli Studi di Bergamo. «È lontana la Birmania?», con un filo di voce l’attrice che interpreta San Suu (Ermanna Montanari) interroga il pubblico all’inizio della messinscena, trasportandolo nel vivo della pièce teatrale. «Con questa domanda -, spiega il regista, – la protagonista vuole far capire a chi l’ascolta che la Birmania, pur sembrando in apparenza un paese molto lontano e diverso dal nostro, ci tocca da vicino, in quanto in qualunque paese la democrazia può vacillare se non siamo accorti a preservarla». Il rischio, portando in scena uno spettacolo simile, come ha successivamente evidenziato il regista Marco Martinelli, poteva essere quello di fare un teatro noioso, simile ad un comizio politico che tediasse il pubblico in sala. Invece, gli attori e il regista sono stati in grado di affrontare grandi temi senza abdicare al divertimento. L’uso dell’abbattimento della quarta parete, l’utilizzo di luci e musiche, l’ironia della protagonista e la caricatura dei generali durante lo spettacolo, hanno permesso di trasmettere un messaggio importante contro ogni forma di sopruso e allo stesso tempo di intrattenere gli spettatori. «L’umorismo è un tratto tipicamente birmano» afferma San Su Kyi. Ma come può un paese oppresso da un regime totalitario mantenere il sorriso di fronte alla violazione dei diritti fondamentali dell’uomo? È proprio San Suu a svelare come siano state l’ironia e la bontà a permetterle di sopravvivere, non abbassandosi mai allo stesso livello dei suoi carnefici, esseri stupidi e sanguinari, che nel loro essere tali risultano a maggior ragione ridicoli e farseschi. Solo la società civile che si fonda sulla democrazia può essere la base per la libertà, quella società in cui vivono soggetti portatori di diritti e doveri e non schiavi di una dittatura dominata dalla brutalità e dall’ignoranza.

Nel video l’intervista al regista Marco Martinelli: