Escape room: arriva anche a Bergamo il gioco-reality del momento. Un allenamento per il problem-solving

Chiusi nel peggior carcere di sicurezza del mondo, alla scoperta dei misteri di un’antica tomba piena di tesori, in balia del fantasma di una bambina di 5 anni, tra i segreti di una loggia massonica in un’oscura ambientazione medievale, oppure in una base militare segreta dove bisogna sabotare il lancio dei missili che potrebbero dare inizio alla terza guerra mondiale. Sono alcune delle ambientazioni “da incubo” scelte per le “Escape room”, un nuovo genere di intrattenimento che ha preso piede a Los Angeles per allargarsi poi dagli Stati Uniti all’Europa e che ora spopola anche in Italia. Una specie di “Cluedo” ma dal vivo, un gioco reality diventato popolare in America con il film “The Cube”. Alla base ci sono temi e situazioni un po’ claustrofobiche, a volte un po’ estreme, ma il motivo c’è: i concorrenti, infatti, si trovano (volontariamente) chiusi in una stanza (senza finestre) e hanno 60 minuti di tempo per completare la “missione” prevista dal gioco e uscirne. Per farlo devono mettere in gioco tutta la propria abilità, mettendo insieme spirito d’osservazione, talenti enigmistici e logica ben mescolati. E se non ce la fanno? Non succede niente, la porta si apre lo stesso. Ma per riprovare dovranno tentare il gioco da capo un’altra volta, magari con una compagnia diversa. Il costo in genere varia tra i 15 e i 30 euro a persona, a seconda del numero di partecipanti e della struttura.

Ci sono già molte Escape Room a Milano, a Brescia, Bologna, Firenze, Torino, Senigallia, Catania, Pisa, Pavia e ora stanno arrivando anche a Bergamo. La prima location in provincia è aperta da dicembre a Suisio (via Marconi 2, all’interno del centro commerciale “Il Cielo”), e presto ne arriverà una seconda a Cavernago (in via Romanino). Niente joystick, nessuna particolare tecnologia: un gruppo di persone (fino a 7, in alcuni casi fino a 8) si fa chiudere volontariamente in una stanza. Si tratta di locali che hanno un arredo normale, a tema, con mobili, quadri, oggetti, apparentemente insignificanti. Ognuno però può nascondere un dettaglio: un numero, un indizio per risolvere un indovinello. Per riuscire nell’impresa bisogna trasformarsi in veri e propri detective e superare tutte le prove che vengono proposte durante il percorso. Un gioco “social” che spinge i partecipanti a misurare la propria abilità e a lavorare in squadra. Ci sono perfino alcune grandi aziende tra cui Google, Jp Morgan, Twitter, Amazon e Netflix che hanno convinto i loro dipendenti a giocare per stimolare la collaborazione e analizzare le dinamiche di gruppo: un’idea per testare le capacità di risoluzione dei problemi. E in fondo restare chiusi in una stanza con otto colleghi potrebbe essere il migliore incentivo per cercare il modo più veloce per uscirne. Come mai questo gioco piace? Rappresenta indubbiamente una “fuga” dalla routine, un’ora esatta di “evasione” in senso letterale, dal mondo e dalle sue logiche. E poi riprende in fondo alcuni meccanismi di base di un videogioco, ma per risolverlo bisogna agire in prima persona: questo rende la sfida più interessante. Riproduce, infine, la classica situazione “da reality” che la tv ha reso popolare, in mille versioni diverse.

Ci vogliono creatività e impegno per dare vita a un’Escape Room, e a inventare quelle di Suisio che si chiamano “In Time” sono stati due giovani, Eleonora Villella e David Balzano: “Le abbiamo provate a Milano – racconta Eleonora, 28 anni, di Solza – e ci sono piaciute moltissimo. Così ci è venuta l’idea di aprirne una nostra. Ci è sembrata una sfida appassionante e ci siamo buttati”. Intorno a loro un folto gruppo di amici pronti a mettersi all’opera e a dare una mano. La prima stanza di Eleonora e David “La stanza di Tamara” ha un tema “horror”, un po’ da brividi, ispirato a diversi film di genere, compresi “L’Esorcista” e “The Ring”, che aveva appunto per protagonista una bambina, Samara, che come la Tamara della stanza aveva 5 anni: “E’ una passione di David – chiarisce Eleonora – perciò abbiamo deciso di partire da lì. Ci siamo ispirati a storie differenti per rendere la trama e le prove più interessanti”. Ne è nata una storia completamente nuova: e per uscire da questo luogo un po’ lugubre i partecipanti devono darsi parecchio da fare: “Molti – osserva Eleonora – ci hanno detto che è una stanza impegnativa da risolvere, e questo la rende ovviamente più interessante e divertente. Di solito diamo tre aiuti per ogni sessione (attraverso un citofono collegato con la stanza, ndr) ma a volte, soprattutto se i partecipanti sono giovani e inesperti, ne diamo di più, e controlliamo sempre cosa succede attraverso le telecamere, in modo che il gioco sia divertente e che nessuno resti “bloccato”. Lo sviluppo è ogni volta diverso, dipende dalle abilità dei giocatori. Non sono moltissimi quelli che riescono a completare il gioco”. Gli arredi della stanza riproducono un salotto ottocentesco: “Li abbiamo ricercati con cura – spiega Eleonora – nei mercatini dell’antiquariato”. Per informazioni: info@escapeintime.it, www.escapeintime.it.