Le nuove paure degli adolescenti: la crisi economica e le malattie del pianeta

«Per un adolescente su due (50%), il mondo sarà inospitale, infatti, i ragazzi hanno percepito, perché comunicato dagli adulti e dai mass-media, che non c’è stata attenzione al mondo dal punto di vista delle risorse, quindi interrogarci sul futuro del pianeta è doveroso. In questi anni abbiamo assistito ai disboscamenti, all’inquinamento del mare, all’aumento dei consumi delle risorse naturali, non è stato preservato il futuro per le nuove generazioni. Quindi dovremmo dire ai nostri figli: “Aiutateci a costruire il futuro che è vostro”. Penso per esempio a Papa Francesco, che simbolicamente ha le sembianze di un buon padre, e alla sua recente enciclica “Laudato sì”. I ragazzi da noi intervistati ritengono che sia il padre, più della madre, a farli entrare in una correlazione positiva col futuro, che li sosterrà nel cercare e trovare un posto di lavoro. Ciò testimonia quanto gli adolescenti di cui a volte si parla come se fossero privi di valori e di interessi, invece siano alla ricerca costante di adulti competenti che li aiutino a trovare la loro strada». Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, Presidente della Fondazione Minotauro e dell’AGIPPsA (Associazione Gruppi Italiani di Psicoterapia Psicoanalitica dell’Adolescenza), commenta i dati della recente ricerca AGIPPsA sulle nuove paure degli adolescenti. Su 483 studenti degli ultimi anni di liceo sparsi tra Milano, Parma e Catania, il 54,35% dei ragazzi intervistati sente “preoccupazione” riguardo al futuro e il 23,48% “una forte angoscia”. «Il futuro è un problema per gli adolescenti soprattutto da un paio d’anni. I ragazzi pensano alla crisi economica, al pianeta nel quale vivono che appare sempre più malato. Questi dati non sono però allarmanti, c’è una preoccupazione, un’angoscia contenuta. Lavorando da trent’anni con gli adolescenti so che il futuro è una questione che li preoccupa. Gran parte del disagio e delle crisi dei ragazzi hanno molto a che fare con la difficoltà a immaginarsi un futuro di successo, di realizzazione di sé. Comunicare a più generazioni che “non hanno futuro” a causa di problemi economici, sociali, come la fine del posto di lavoro fisso, non è un’operazione che gli adulti devono fare alla leggera. Se c’è una crisi economica, di valori, se c’è una scarsa attenzione alle risorse planetarie come dicono sia politici autorevoli sia i rappresentanti della Chiesa, la colpa è delle generazioni precedenti che non si sono preoccupate di salvaguardare il mondo nel quale viviamo. Questo è un tema di grande importanza per gli adulti», precisa Lancini, classe 1965, milanese, docente presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca e presso la Scuola di formazione in Psicoterapia dell’Adolescente e del giovane adulto Arpad-Minotauro.

Quali sono gli spettri che albergano nell’animo dei nostri figli?

«Il timore di non avere successo nella vita, perché abbiamo costruito una società basata sul successo a tutti i costi e sul narcisismo. Una volta il successo era legato alle competenze, adesso a proposito di cattiva televisione, cioè di sottocultura mass-mediatica, non hanno successo solamente le persone che sono capaci di fare qualcosa, perché per avere successo ora basta fare scandalo. Credo che garantire una forma di successo personale in una società così complessa come la nostra, sia una delle questioni che in questo momento angosci di più i nostri ragazzi. Se non c’è progettazione e una buona realizzazione di sé si rischia di rimanere indietro».

È vero che causa di timore è anche il PC, considerato che il 45% dei ragazzi dichiara di essere molto preoccupato per il superamento del mondo virtuale su quello reale?

«Alcuni giovanissimi pur amando il PC temono che ci sia il forte rischio di una disumanizzazione. Gli adolescenti sono dei “nativi digitali” e sanno molto bene che la realtà reale e virtuale s’intreccia continuamente, sono due facce che possono interagire, non è che una sostituisce l’altra. Gli adulti al contrario pensano che questi due mondi siano separati e spesso fanno confusione, quindi occorre abituarsi al fatto che la vita reale e quella virtuale s’intreccino. La mia generazione a volte ha fatto un uso sbagliato di queste tecnologie».

Per Massimo Ammaniti sono gli stimoli eccessivi ai quali sono sottoposti gli adolescenti come ad esempio guerre nucleari, malattie e inquinamento a provocare paure inedite. Concorda con il parere dello psichiatra e psicologo dell’età evolutiva?

«Non so se sia colpa degli stimoli eccessivi. Una cosa è certa: c’è molta informazione, i ragazzi sono iperstimolati, anche prima di essere adolescenti. Un bambino di tre/quattro anni ha amicizie, conoscenze talvolta eccessive, c’è inoltre lo stimolo di internet, della grande varietà di canali televisivi. Tutte queste influenze rendono complesso il lavoro dei genitori, anche se la famiglia ovviamente resta l’area di identificazione privilegiata».

“La paura dei fantasmi è stata sostituita da quella del fallimento” ha scritto Tim Lott, autore britannico, sul Guardian. Come mai?

«Esistono bambini iperinvestiti narcisisticamente dai genitori e che sono sempre al centro dell’attenzione, ciò ha creato delle aspettative fortissime di realizzazione di sé che nascono precocemente. Nell’adolescenza c’è il rischio che questo ideale infantile crolli davanti alla realtà. Vengono a crearsi delle difficoltà in una società dove tutti hanno l’obbligo di essere belli, perfetti, ben vestiti. Ecco allora sopraggiungere il senso di fallimento, di inadeguatezza. Lott dice infatti che ora i bambini hanno paura più del fallimento che del buio. Perché? Perché è cambiato il modello educativo, un tempo l’orco cattivo, il mostro, puniva il bambino se non si comportava bene nei confronti degli adulti. Adesso è il contrario, gli adulti dipendono dal bambino, lo celebrano, lo festeggiano ed è chiaro che le problematiche siano diverse. Dalla paura del buio e dell’orco cattivo siamo giunti alla paura del fallimento, tu adolescente non hai realizzato tutto il talento e tutte quelle aspettative che erano state messe dentro di te fin da piccolissimo».

Se i figli assorbono come spugne i timori dei genitori, questi non sono più figure di riferimento sicure che trasmettono certezze?

«I genitori restano modelli di identificazione fondamentali ma non sono gli unici. Mi riferisco agli amici, ai coetanei, a Internet, alla televisione con i suoi canali tematici. I bambini a tre anni sanno usare il tablet, una cosa stupefacente che è diventata normale, anzi quotidiana».