Papa Francesco: la Chiesa non ha bisogno di soldi sporchi ma di cuori aperti alla misericordia

«Il popolo di Dio, la Chiesa, non ha bisogno di soldi sporchi, ha bisogno di cuori aperti alla misericordia di Dio». Ne è convinto il Papa, che ancora una volta a braccio, durante l’udienza di oggi, ha spiegato il versetto del profeta Isaia in cui si spiega che «Dio non gradisce il sangue di tori e di agnelli, soprattutto se l’offerta è fatta con mani sporche del sangue dei fratelli». «Ci sono alcuni benefattori della Chiesa – ha raccontato sempre fuori testo il Papa ai circa 20mila fedeli presenti in piazza San Pietro – che vengono con l’offerta, ‘è per la Chiesa’, e questa è il frutto del sangue di tanta gente sfruttata, maltrattata, schiavizzata, con lavoro malpagato. Io dirò a questa gente: per favore, portati dietro il tuo assegno, brucialo!», ha esclamato Francesco incassando l’applauso della folla. «È invece necessario avvicinarsi a Dio con mani purificate, evitando il male e praticando il bene e la giustizia», ha raccomandato citando ancora il profeta Isaia.
Dio è «un padre di famiglia», che «educa e corregge i figli» quando sbagliano. Lo ha detto il Papa, nella catechesi dell’udienza generale di oggi, in cui ha continuato il ciclo di catechesi sulla misericordia nella prospettiva biblica. «Parlando della misericordia divina, abbiamo più volte evocato la figura del padre di famiglia, che ama i suoi figli, li aiuta, se ne prende cura, li perdona», ha esordito: «E come padre, li educa e li corregge quando sbagliano, favorendo la loro crescita nel bene». «È così che viene presentato Dio nel primo capitolo del profeta Isaia – ha ricordato Francesco – in cui il Signore, come padre affettuoso ma anche attento e severo, si rivolge ad Israele accusandolo di infedeltà e corruzione, per riportarlo sulla via della giustizia». Poi il Papa ha citato direttamente il testo di Isaia: «Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende».
«Dio mai rinnega noi, noi siamo il suo popolo». Lo ha detto Papa Francesco nel corso dell’udienza generale, che sempre a braccio ha proseguito: «Il più cattivo degli uomini, la più cattiva delle donne, il più cattivo dei popoli sono suoi figli: e questo è Dio, mai rinnega noi, sempre dice: ‘figlio’. E questo è l’amore di Dio, è la misericordia di Dio. Avere un padre così ci dà speranza, ci dà fiducia». Il riferimento biblico usato nella catechesi di oggi è il profeta Isaia, mediante il quale Dio «parla al popolo con l’amarezza di un padre deluso: ha fatto crescere i suoi figli, ed ora loro si sono ribellati contro di Lui». «Persino gli animali sono fedeli al loro padrone e riconoscono la mano che li nutre, il popolo invece non riconosce più Dio, si rifiuta di comprendere», ha sottolineato il Papa, spiegando ai circa 20mila fedeli presenti in piazza San Pietro che «pur ferito, Dio lascia parlare l’amore, e si appella alla coscienza di questi figli degeneri perché si ravvedano e si lascino di nuovo amare».
«Quando uno è malato va dal medico, quando uno si sente peccatore va dal Signore, ma se invece di andare dal medico va dallo stregone non guarisce». È l’ammonimento del Papa ai 20mila fedeli presenti all’udienza generale, ai quali oggi si è rivolto a più riprese a braccio: «Tante volte preferiamo andare per strade sbagliate, cercando una giustificazione, una giustizia, una pace che ci viene regalata come dono dal proprio Signore se non andiamo e cerchiamo Lui». «Dove c’è rifiuto di Dio, della sua paternità, non c’è più vita possibile, l’esistenza perde le sue radici, tutto appare pervertito e annientato», ha ricordato il Papa citando l’esperienza del popolo di Israele, che Dio mette alla prova in vista della salvezza, «perché il popolo possa sperimentare l’amarezza di chi abbandona Dio, e quindi confrontarsi con il vuoto desolante di una scelta di morte». «La sofferenza, conseguenza inevitabile di una decisione autodistruttiva, deve far riflettere il peccatore per aprirlo alla conversione e al perdono», l’itinerario suggerito da Francesco: «È il cammino della misericordia divina: Dio non ci tratta secondo le nostre colpe», e la punizione «diventa lo strumento per provocare a riflettere». «Dio perdona il suo popolo, fa grazia e non distrugge tutto, ma lascia aperta la porta alla speranza», ha fatto notare il Papa: «La salvezza implica la decisione di ascoltare e lasciarsi convertire, ma rimane sempre dono gratuito». No, dunque, ai “sacrifici rituali”, che pretendono si sostituire la conversione, sì invece alla “ricerca della propria giustizia”, superando «l’ingannevole convinzione che siano i sacrifici a salvare, non la misericordia divina che perdona il peccato».
«Pensate ai tanti profughi che sbarcano in Europa e non sanno dove andare». È l’invito rivolto a braccio da Francesco a conclusione della catechesi dell’udienza generale di oggi, durante la quale il Papa ha citato ampiamente il profeta Isaia e le sue esortazioni: «Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova». «Allora, dice il Signore, i peccati, anche se fossero scarlatti, diventeranno bianchi come la neve, e candidi come la lana, e il popolo potrà nutrirsi dei beni della terra e vivere nella pace», ha ricordato Francesco, secondo il quale «è questo il miracolo del perdono che Dio, come Padre, vuole donare al suo popolo». «La misericordia di Dio è offerta a tutti, e queste parole del profeta valgono anche oggi per noi, chiamati a vivere come figli di Dio», ha concluso.