Dagli orrori di Boko Haram al viaggio sui barconi. E ora una nuova vita in Italia per Collins e suo figlio Divane Dignity

Una storia segnata da momenti difficili e riscatto: è quella della giovane camerunense Collins, 25 anni, che ora vive in un paesino di provincia con il suo bambino, il piccolo Divane Dignity, di pochi mesi, che è stato battezzato nel giorno dell’Epifania.

Un percorso travagliato. «Un commando di terroristi di Boko Haram – spiega Collins in lingua francese – irruppe nella città di Banki e mi separò dal mio ragazzo, padre di Divane, e rinchiuse me e altre cento donne in una baracca in mezzo alla foresta. Io ero da qualche mese incinta».
«Ogni giorno – prosegue – molte di noi erano costrette a subire sevizie e umiliazioni. Ma ancor peggio ci venne chiesto di rinnegare la nostra fede cattolica per seguire l’islam. Chi si rifiutava veniva torturata e uccisa».
Ma nella storia della ragazza c’è stato quello che Collins chiama un “colpo di fortuna”. La giovane in preda al panico supplicò una donna prigioniera, che conosceva bene la zona, di farla fuggire. Inoltre, «le guardie di Boko Haram – afferma – non erano presenti tutto il giorno, perché confidavano che nessuna si sarebbe azzardata ad attraversare la foresta, poiché piena di insidie e pericoli».

Dalla prigionia alla rinascita. Così le due donne fuggirono a piedi fino al confine nigeriano, dove un conoscente prestò loro un’automobile che le condusse fino in Libia. Ma la situazione non migliorò e le due vennero ridotte in schiavitù da un gruppo di libici. La giovane Collins, proseguendo nel suo racconto, descrive mimando la sua condizione in Libia: una corda al collo e nessun vestito addosso, soggetta allo scherno degli schiavisti. «Non ci fu concesso né cibo, né acqua – commenta Collins -, fummo costrette a procurarcene nelle foreste e tra i rifiuti. Temetti per il piccolo Divane che portavo in grembo». In un secondo momento, prosegue, «mi obbligarono a chiedere soldi ai miei familiari, ma non trovando in me più nessun potenziale economico mi costrinsero ad imbarcarmi su uno di quei gommoni che attraversano il Mar Mediterraneo». Poco prima di imbarcarsi, a causa dello stress, alla giovane camerunense si ruppero le acque sul suolo libico, ma senza che il figlio vedesse la luce. Il vero miracolo però accadde di lì a poco in mare, quando oramai fu in procinto di partorire, una nave di «Medici senza frontiere» la “Msf Dignity I” si accorse della situazione di emergenza generale del gommone stracolmo di persone e in particolare di Collins. Una volta prelevata venne assistita nel parto.

«E così nacque Divane – afferma orgogliosa la giovane madre – al quale volli aggiungere un secondo e importante nome: Dignity».
Un nome nel quale riecheggia anche la speranza di una vita nuova. Una nuova vita, una ritrovata dignità.