Pasqua, la festa dei macigni rotolati

È un racconto che abbiamo tutti in mente. Capitolo 19, primo libro dei Re: “’Che fai qui, Elia?’ Egli rispose: ‘Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza […] sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita’. Gli fu detto: ‘Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore’. Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore,ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello'”.

IL PROFETA ASCOLTA IL SILENZIO

Si tratta di una teofania che in un certo senso supera tutte le altre narrate nella Bibbia. Paolo De Benedetti, uomo straordinario e figura chiave per il dialogo ebraico-cristiano, ha scritto più volte che nel testo ebraico non si parla né di “vento leggero”, né di “brezza leggera”, né di “lieve sussurro”, per citare alcune traduzioni cattoliche e protestanti. La traduzione fedele dell’ebraico Qol demamah daqqah è : “Voce di silenzio sottile”. Per questo, aggiunge: “Se mi è permessa una amichevole ironia, i traduttori non avevano capito che Dio parla nel silenzio. Non a caso una lettura midrashica del salmo 76 afferma: ‘Chi è come Te tra i muti?’. E il profeta Elia, proprio perché profeta, ha saputo cogliere la ‘voce di silenzio sottile’ in cui si ‘incarna’ Dio. Ma questo episodio, se da un lato mostra la profondissima capacità di ascolto di Elia, dall’altro lato, proprio attraverso la mediazione di Elia, ha da insegnarci un elemento fondamentale della vita religiosa: ascoltare il silenzio è un’esperienza talora di gioia, talora di angoscia. Come l’angoscia provata da Gesù nel silenzio del Getsemani. Ma vorrei aggiungere una cosa: anche noi, quando ascoltiamo realmente questa voce divina, dobbiamo rispondere con una voce di silenzio sottile, sicuri che Dio non risponderà meno di Elia”.

AFFINARE L’UDITO PER SENTIRE I RICOMINCIAMENTI 

Ascoltare Dio nel silenzio. Questo è ciò che la vicenda cristiana, che ha il suo culmine in questi giorni di Pasqua, continua a dirci. In fondo, se ci pensiamo bene, dal presepe alla croce il nostro Dio si mostra disarmato. Lascia perfino che si facciano immagini deformi, spesso contrabbandate proprio da chi dice di credere in Lui, senza smettere di amare. Perché se c’è un’onnipotenza divina questa è quella dell’amore. Non è l’onnipotenza che risolve i problemi, cambia il corso degli eventi, annulla il dolore. Per questo occorre molto pudore quando si incontrano persone e vicende segnate nella carne dal dolore. Ricordo spesso quanto disse il cardinal Veillout sul letto d’ospedale durante la malattia che lo ha condotto alla morte: “…Noi preti sappiamo pronunciare belle frasi sulla malattia, io stesso ne ho parlato con calore… Voglio dire da malato ai preti di non dire più niente perché noi sovente ignoriamo quello che la malattia è. Al pensare quante volte ne ho parlato e ne ho parlato da insipiente ne piango ancora“.
Non significa dire che non si hanno parole. O che Dio è assente dalla storia umana, il male prevale, il dolore è senza senso, la tenebra invadente. Bisogna, piuttosto, affinare l’udito per cogliere i segni, silenziosi e spesso in germe, di ricominciamenti.

CAPACI DI STUPORE

Uomini e donne capaci di stupore, di resurrezioni quotidiane, perché capaci, come amava dire don Tonino Bello, far rotolare i macigni. “Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei macigni rotolati. È la festa del terremoto. La mattina di Pasqua le donne, giunte nell’orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro. Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all’imboccatura dell’anima che non lascia filtrare l’ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro. Pasqua allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l’inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegnò la resurrezione di Cristo.”
Si, come si dicono l’un l’altro i fratelli ortodossi nel giorno di Pasqua: “Cristo è risorto!” “Sì, Cristo è veramente risorto”. Lo sarà anche per noi se avremo orecchie per sentire, occhi per vedere che “c’è una fessura/una crepa in ogni cosa/per questo la luce può penetrarvi” (Leonard Cohen).

Buona Pasqua a tutti!