Ancora su divorziati e risposati. Opportuno un rito pubblico di riammissione

Grande dibattito ovunque, anche sul nostro sito, attorno alla riammissione dei divorziati risposati ai sacramenti.
Resta però da fare luce su un particolare che è di rilievo soprattutto dentro la Chiesa. È il come riaccogliere.

Da quello che si legge, anche nella Amoris Laetitia, pare che tutto si debba ridurre al colloquio-verifica personale tra il penitente e un sacerdote. Che questo ci debba essere mi sembra ovvio. Mi sembra però anche che questa modalità per riaccogliere i cristiani passati al secondo matrimonio abbia un punto debole. Se l’evento è ecclesiale si dovrebbe vedere e sapere. Mi sembra caduta lungo la strada, la proposta di un rito, di una celebrazione “ufficiale” di riammissione ai sacramenti. Si era parlato, a questo proposito, di un itinerario, appunto, fatto di incontri, di preghiera, di riflessione per mettersi davanti a Dio e alla comunità, riconoscere i propri peccati per essere, alla fine, riaccolti, con un rito comunitario.
Invece, se tutto resta come sembra dai dibattiti di questi giorni, si avrebbe un ritorno alla piena comunione con la Chiesa quasi in silenzio, in punta di piedi, alla chetichella. Forse lo si fa per una forma di rispetto verso gli sposti interessati. Ma certo che vanno rispettati, ma questo non significa che si debba far finta di niente. Non un secondo matrimonio, certo, ma almeno che si sappia, che si dica e soprattutto che si celebri il ritorno alla partecipazione piena ai sacramenti.
Mi sembra istruttivo un confronto con il sacramento della confessione. Facciamo l’ipotesi di una celebrazione comunitaria della penitenza. Mi trovo davanti a una assemblea liturgica. Esco dall’assemblea e vado da un confessore. Se lo faccio è perché sono peccatore. In quel momento tutti sanno che io sono peccatore. Nessuno sa quali sono i miei peccati.
Qualcosa del genere si potrebbe ipotizzare con un eventuale rito ufficiale di riammissione dei divorziati risposati. Tutti dovrebbero sapere che sono riammessi, nessuno sapere il perché. Quello è – dovrebbe essere – ufficiale. Questo dovrebbe restare segreto.
Personalmente mi auguro che, prima o poi, si arrivi a questo atto di coraggio. In fondo si tratta di dire, con uno stile veramente ecclesiale, quello che la Chiesa ha deciso di fare.