La crisi politica. L’impossibile costruzione di una destra, il ruolo di Berlusconi, la situazione attuale

Le ultime vicende politiche – referendum delle trivelle, scelta delle candidature per le elezioni amministrative in alcune grandi città, voto sulla riforma costituzionale – consentono una visione al microscopio della metamorfosi in corso del/nel sistema politico. L’irruzione sulla scena politica del Paese del populismo culturale-politico, condensato principalmente nel M5S, sta cambiando la morfologia del sistema e il profilo identitario dei soggetti che lo costituiscono.

DALLA DESTRA NEOFASCISTA A BERLUSCONI

Partiamo dalla destra. Fino al 1994, la destra in Italia era sempre stata poca cosa. Esisteva una destra neo-fascista, di fatto rispettosa della Costituzione. Nella DC c’erano correnti assai moderate, cui l’ultimo Andreotti e Forlani davano rappresentanza politica ancora più moderata. Il fatto che fossero anticomunisti non ne faceva certo dei destri duri e puri. L’avvento di Berlusconi cambiò il quadro. Appellandosi alla paura dei comunisti, proprio mentre il comunismo stava andando in briciole, riuscì a mettere insieme un soggetto politico – Forza Italia – la cui piattaforma era quella del Documento di Giuliano Urbani sul Polo del Buon governo: si trattava di una destra liberale. Come tale, essa voleva diminuire la presenza dello Stato in economia, aprire la strada alle forze dell’iniziativa individuale, sburocratizzare il sistema amministrativo, riformare la giustizia. Non era certo il liberismo alla Einaudi. L’aggiunta di Fini alla coalizione, che diventerà Polo delle libertà, rappresentò il primo inizio di un deterioramento del profilo liberale, giacchè il MSI-Alleanza nazionale si faceva portatore dello statalismo assistenziale della destra sociale romano-meridionale, di cui Alemanno sarà il frutto peggiore.

L’ALLEANZA DI BERLUSCONI CON LA LEGA E L’INVOLUZIONE DEL POLO DELLE LIBERTÀ

L’alleanza organica con la Lega, che il temerario nuovo Titolo V della Costituzione non riuscì a separare da Berlusconi, non rafforzò per nulla quel profilo: il federalismo della Lega era assai più vicino ad una ipotesi di sindacalismo politico del Nord più che a una concezione liberale e federalista dello Stato nazionale. Alla fine della legislatura del 2001-06 il volo liberal-democratico di Berlusconi si era già schiantato a terra. Il Polo delle libertà si è trasformato in un coacervo di interessi assistenziali e di culture politiche vetero-assistenziali e decisamente populiste, la cui capacità di tenuta è stata proporzionale al numero di contraddizioni che caratterizzavano il polo di sinistra del sistema politico. L’approdo finale in questo 2016 di tale involuzione sono il giustizialismo, l’anti-industrialismo, il conservatorismo istituzionale, (ritorno di proporzionalismo, di centralità del Parlamento, di governo debole, già storicamente bandiere della sinistra tradizionale), l’antieuropeismo. Così, mentre la sinistra si avvia con lentezza e contraddizioni a costituire il polo di sinistra liberale del sistema politico, la destra involve verso un confuso agglomerato nazionalista e populista, di cui l’egemonia sta per ora nelle mani del M5S.

IL POPULISMO E IL M5S

Fin qui i fatti. Nello schema politico classico –  che funziona più come idea un’idea regolativa che come realtà effettuale –  si dovrebbe costruire una democrazia con un polo liberal-conservatore a destra e un polo liberale innovatore di sinistra. Dal 1922, con la fine del regime liberale, l’Italia non ha più conosciuto una tale dialettica, né durante il regime fascista né durante quello repubblicano. La sinistra non è mai stata liberale. Quando al polo moderato e di governo, solo con l’accoppiata De Gasperi-Einaudi è stato liberale. Poi è succeduta una generazione cattolico-democristiana, cresciuta negli anni del corporativismo, del ruolo preponderante dello Stato in economia, ma, soprattutto, del primato della politica e del partito rispetto alle istituzioni. Nel passaggio dal partito unico al sistema dei partiti, è rimasta intatta l’eredità del totalitarismo: ciò che conta è l’Atto puro politico, la Volontà politica pura, che sono sempre di una parte, non le Istituzioni di tutti. Questa curvatura politicista – condivisa dalla sinistra e dalla destra – spiega l’attenzione esclusiva all’oggi, per nulla al domani del Paese. Interessano mosse tattiche e alleanze tattiche che si pensa possano far vincere adesso. Solo la mia vittoria garantisce il Paese.

LA POLITICA CHE “SALVA”

Alle spalle sta l’idea che solo la politica, una nuova politica, si intende! solo una nuova classe dirigente possono portar fuori il Paese dalle secche. Perciò diventa decisivo che la vecchia/nuova classe dirigente mantenga il potere, a tutti i costi, con tutte le giravolte possibili, con tutte le alleanze più spregiudicate. Di qui il reciproco assedio delle classi dirigenti, la mancata legittimazione reciproca, il tentativo quotidiano di far cadere il governo, “a prescindere”, quale che sia il pretesto. Di qui lo scontro ideologico. Dove ideologia non sta per “visione del mondo”, ma, seconda la definizione di Marx,  quale copertura fasulla degli interessi di potere, per mistificazione. Nella società, nella cultura, nella politica del Paese e delle sue classi dirigenti c’è un deficit di cultura politica liberale, in forza della quale sono le istituzioni, non i partiti, il baricentro politico del Paese. E’ certamente paradossale che, mentre la sinistra, oggi guidata da Renzi, si orienti verso un sistema elettorale, che affida direttamente agli elettori la scelta del governo, mentre ai partiti resta solo il diritto-dovere di proposta, la destra sia tornata indietro rispetto alla stessa piattaforma di Berlusconi del 1993, al politicismo puro, alla soteriologia politica, per cui il Potere come tale, comunque conquistato e conservato, sia il fine supremo della lotta politica. Su questa linea soteriologica si sono attestati, lungo gli anni, vari movimenti politici, che si sono presentati sulla scena come novelli redentori della politica. Ma erano e sono anch’essi infetti dello stesso virus: quello del primato della politica, che è inevitabilmente di parte, sulle istituzioni, che sono di tutti. E perciò hanno fallito. E continueranno a fallire. Il M5S appartiene allo stesso filone: quello dei redentori e dei predicatori dell’onestà, che rifiutano, nel frattempo, di cambiare la legge elettorale, le istituzioni e l’amministrazione. L’unica riforma è far cadere il governo. Credono nel grande lavacro. Fino a quando il Paese continuerà ad affidarsi agli imbonitori? Solo quando la società civile italiana crescerà in conoscenza, in etica pubblica, in cultura.  Perché, alla fine, è dagli elettori che arriva il consenso.