La Chiesa di oggi, con le sue pesantezze e quella di domani, illuminata dalla luce dell’Agnello

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato (Vedi Vangelo di Giovanni 14, 23-29. Per leggere i testi liturgici di domenica 1 maggio, sesta di Pasqua, clicca qui)

DIO METTE SU CASA TRA GLI UOMINI

Gesù dice che egli e il Padre verranno al discepolo che osserva la sua parola e che prenderanno dimora presso di lui. Il profeta Zaccaria parla di una dimora di Dio in mezzo a Israele, dimora che porterà gioia: “Gioisci, esulta, figlia di Sion, perché ecco io vengo ad abitare in mezzo a te, dice il Signore”. Per la verità non era un’idea nuova, questa, per Israele, abituato, da sempre a un Dio che “mette su casa” accanto al popolo, in una tenda durante l’esodo dall’Egitto verso la terra promessa, nel tempio, al cuore della città santa, Gerusalemme. Quella dimora però diventa adesso Gesù: lì Dio abita, quella è la sua casa e il discepolo che accoglie Gesù accoglie Dio. Da notare anche il plurale: “verremo”; non è solo il Figlio ma anche il Padre e lo Spirito Santo…

Ma non tutti “osservano la parola”. Gesù sta parlando immediatamente dopo aver svelato il tradimento di Giuda. Giuda è colui che non ama, non osserva la parola del Signore e quindi non gode l’intimità amichevole della “casa” che è il Signore stesso.

IL CONSOLATORE 

Gesù parla con i suoi e ha parlato lungamente con loro “mentre ero ancora tra voi”. Adesso torna al Padre, ma non lascerà soli i suoi. Manderà ad essi un “Consolatore”. In greco “Consolatore” è “Paraclito” che vuol dire “Avvocato”, colui che intercede per qualcuno, che lo assiste, che gli sta accanto. Gesù ha annunciato il suo messaggio. Ma bisogna penetrarlo e scoprirne i significati più profondi. È solo la sottile “sapienza” dello Spirito che rende possibile questo. Lo Spirito è in stretto rapporto con Gesù: è Lui che “ricorderà tutto ciò” che Gesù ha detto. Lui renderà possibile “abitare” in Dio, entrare nella sua casa.

LA PACE

Forse è per questa speranza che Gesù può dire di lasciare la pace ai suoi. La pace è sintesi di tutti i beni messianici. Avendo ascoltato la parola del Signore, avendo fatto l’esperienza dolcissima della sua intimità, i discepoli sono nella pace, in una pace senza ombre e senza distrazioni. “Pace” era anche – ed è ancora – il saluto quando ci si incontrava e quando ci si accomiatava. Ma il saluto di commiato di Gesù non è come quello di tutti. Egli, che se ne va, non lascia soli i suoi. La sua casa, la casa che è Dio stesso, resterà aperta a tutti coloro che vi vorranno entrare. Per questo i discepoli devono rallegrarsi che il Signore torni presso il Padre: “Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me”. Andare al Padre, anche se attraverso il passaggio difficile della morte, non è una tragedia senza ritorno. Anzi, la morte stessa sarà una manifestazione dell’amore di Dio.  “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”, dice anche Gesù nel vangelo di Giovanni.

LA CHIESA, IMMAGINE PROVVISORIA DI CIÒ CHE SARÀ DEFINITIVO

La città santa. Viene da Dio, è splendente, è dominata dal simbolismo del numero 12. Il 12 viene ripetuto cinque volte: dodici porte, dodici angeli, dodici tribù di Israele, dodici fondamenti, dodici apostoli. Davvero si parla della Chiesa, del nuovo popolo di Dio, tutto “giocato” sul numero 12, come lo era il popolo di Israele, con le sue 12 tribù. È il popolo di Dio, dunque, la “strada” per arrivare a Dio. Solo che questa città santa, luogo per eccellenza del tempio, non ha più tempio: Dio è il suo tempio; e questa città luminosissima non ha lampade: l’Agnello è la sua lampada. Immagini mirabili che ci parlano del significato della vita senza fine con il Signore.

Intanto noi siamo nella Chiesa, questa Chiesa di adesso, con le sue pesantezze e le sue ombre. Gesù se ne è andato e noi siamo sotto il regime dello Spirito che ci parla del Signore. La difficile dimensione della Chiesa: sapere di avere in sé le disposizioni portanti di Dio e insieme dover fare il conto con i limiti, le debolezze, le assenze. La dimora provvisoria di Dio che deve, spesso suo malgrado, essere l’immagine della dimora definitiva di Dio. Impresa disperata, ma entusiasmante.

Quando si prega, quando si vive l’amore, il perdono… mostriamo la bellezza della casa del Signore, la gioia di essere con lui. Diventiamo, nei fugaci momenti della nostra fedeltà al Signore, l’anticipo del Paradiso, dove l’Agnello sarà la nostra lampada.