Ascensione. La nostalgia del cielo e la passione per la terra

Immagine:  Giovanni Maria Galli detto il Bibbiena (1625-1665), Ascensione di Cristo, particolare 

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo (Vedi Atti degli Apostoli 1, 11. Per leggere i testi liturgici della domenica 8 maggio, solennità dell’Ascensione, clicca qui)

IL SECONDO VOLUME DI LUCA

Luca inizia parlando del libro che ha già scritto: il vangelo. Adesso scrive un nuovo libro, il secondo volume della sua opera, gli Atti degli Apostoli, che racconta le vicende della prima comunità cristiana. Si rivolge a un certo Teofilo, per presentargli la sua opera. Chi sia Teofilo non si sa bene. Forse un amico, forse l’editore che ha permesso a Luca di diffondere il suo primo volume. Potrebbe essere comunque uno di quei personaggi che, già simpatizzanti per il cristianesimo, erano “in attesa” per capirlo a fondo. Luca, in ogni caso, prende occasione per dire in sintesi quello che aveva già raccontato precedentemente, nelle ultime battute del “primo volume” e parla delle apparizioni e conversazioni di Gesù risorto con i suoi, degli ordini e degli incarichi dati loro, dell’ascensione di Gesù al cielo e del ritorno degli apostoli a Gerusalemme…

“VENIVA PORTATO SU”

Luca dice quindi, raccontando l’ascensione di Gesù al cielo dice, semplicemente, che Gesù fu elevato in alto oppure, nel vangelo, veniva portato su, in cielo. È il termine che anche altrove la bibbia usa per indicare il distacco dalla terra da parte di alcuni personaggi particolarmente amati da Dio e indica anche il distacco e la diversità della nuova vita che questi personaggi iniziano dopo la loro morte. È il caso di Elia, ad esempio (2 Re 2, 9-11): Mentre (Elia ed Eliseo) camminavano conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo.

L’assunzione avviene dopo che Gesù ha raccomandato di non allontanarsi da  Gerusalemme che è il punto di arrivo di tutti gli eventi della vita di Gesù e poi della diffusione della Chiesa nel mondo, dopo la discesa dello Spirito Santo. Al momento della “salita” al cielo una nube sottrae Gesù dagli occhi dei discepoli. La nube accompagna spesso fenomeni di apparizioni divine. Basta ricordare il Tabor. Ma i discepoli  vengono invitati a tornare nel mondo e a viverci. La vita della comunità cristiana, infatti, non è uno sterile guardare verso il cielo. È un’attesa del ritorno di Gesù dal cielo, ma vivendo nella storia, sulla terra, in mezzo agli uomini e alle loro spesso intricate vicende.

LA TENTAZIONE DI FUGGIRE DALLA TERRA

Il cielo, il paradiso si presenta, nella liturgia di oggi, l’altrove misterioso verso il quale Gesù, “sale”. Se Gesù è in cielo, vuol proprio dire che non è più sulla terra. Siccome là c’è lui, desideriamo andarci anche noi. Il desiderio della “patria beata” attraversa tutta la storia della spiritualità cristiana. Con tutti i suoi tratti struggenti: desideriamo essere con il Signore. E con tutti i suoi tratti ambigui: vogliamo fuggire dal mondo perché il mondo ci pesa. I testi dell’Ascensione non propongono né la pura nostalgia del cielo né la pura fuga dal mondo. È vero che il Signore è “lassù”, ma ci obbliga ad andare quaggiù, in tutto il mondo, a parlare di lui. In questi tempi il mondo appare particolarmente ostile: spesso ci sembra impossibile desiderarlo. Eppure il Signore ci chiede di viverci e di attraversarlo. Anzi, proprio perché il mondo è così cupo c’è bisogno di qualcuno che tenti, con tutte le sue forze, di illuminarlo un poco.