I “dimenticati dal mercato”, ossia gli over 45 che, a causa della crisi economico-finanziaria in atto, si trovano espulsi e respinti dal mercato del lavoro: di questo tema si è occupato proprio il convegno “Emergenza lavoro – Focus su “i dimenticati dal mercato” organizzato dal Lions Club Bergamo Host, l’Università degli Studi di Bergamo e il Consolato provinciale di Bergamo della Federazione Maestri del Lavoro. “Anche se i dati degli ultimi mesi sembrano aprire spiragli di luce – ha riferito in apertura il rettore dell’Università cittadina Remo Morzenti Pellegrini -, il grave problema della disoccupazione permane, senza che se ne sottolinei in modo adeguato l’urgenza e la gravità. Non bisogna dimenticare chi rimane senza lavoro, né abbandonarli o far finta di nulla. Perdere la propria occupazione dopo i 45 anni è un evento drammatico, che coinvolge diversi tipi di lavoratori, i quali vengono bloccati dall’interno dai cliché dell’età molto matura, si veda il limite, non legale, di età posto nei bandi. Bisogna far fronte a un mercato che non sembra aver posto per te. Questo convegno manifesta la volontà condivisa per trovare percorsi efficaci ed adatti a risolvere questo problema”. Un percorso attuato dai protagonisti del convegno, è il service sociale “I Lions per il lavoro”: “Questo service, nato con la partnership del Consolato provinciale Maestri del Lavoro di Bergamo – ha spiegato Alberto Ciglia, responsabile del progetto, Vice Presidente Lions Club Bergamo Host, Consulente sviluppo organizzativo, professionale e personale – è stato concepito nel 2013. Il primo passo è stata una riflessione di metodo sull’approccio progettuale che consentisse ai nostri soci di mettersi realmente in gioco, ponendosi a livello paritario e non dall’alto, in un’attività di aiuto a persone del nostro territorio che vivessero situazioni di difficoltà. Il primo problema è la solitudine: queste persone si trovano isolati dagli amici e dalla famiglia e la loro stessa identità personale entra in crisi. Non si tratta quindi solo di cercare un lavoro, ma cercare una nuova identità”. Il Service sociale progettato, identificando una problematica che il nostro Paese e la nostra città stava ( e sta) subendo, attraverso uno sportello di sostegno rivolto al target specifico di soggetti in una fascia prevista di 45-60 anni che a causa della crisi avevano perso la propria precedente attività, si è posto come obiettivo quello di comprendere, sostenere e aiutare nel percorso di ricostruzione dell’attività professionale questi “dimenticati dal mercato”, seguendo una strategia di intervento “peer care”, basata sulle cinque parole chiave: ascolto, amicizia, fiducia, speranza e impegno. Dodici i volontari che vi hanno collaborato stabilmente, più otto saltuari: “In 18 mesi – ha evidenziato Ciglia – il Service ha sviluppato circa 2800 ore di attività. Da dicembre 2014 ad oggi, 102 persone hanno ricevuto supporto dal Service; i colloqui effettuati sono stati mediamente 4,5 alla settimana. Circa la metà delle persone assistite hanno oltre 50 anni di età, le altre tra 45 e 50, un più ridotto numero tra i 40 e 45. I lavoratori autonomi sono stati un terzo del totale, mentre gli altri provenivano da esperienze di lavoro dipendente o parasubordinato. Nel 20% dei casi si tratta di laureati, circa il 50% di diplomati, per il resto di persone sprovviste di titoli di studio superiori. Il 45% dei fruitori dopo alcuni colloqui di bilancio delle competenze e di orientamento al mercato si è ritenuto soddisfatto nelle aspettative o ha ritenuto di riavvicinarsi alla vita lavorativa cogliendo opportunità temporanee o parziali; il 15% ha già trovato occupazioni rispondenti alle attese; il 20% comprende persone con maggiori difficoltà che necessitano di supporto più prolungato ed approfondito; il 25% sono entrate nel progetto negli ultimi tre mesi”. Valentina Aprea, assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Lombardia, ha sottolineato come manchi un sistema di formazione continua per gli adulti: “Dedichiamo molte risorse pubbliche alla formazione iniziale, ma non molte alla formazione continua: una volta entrati nel mondo del lavoro non ci sono aggiornamenti, non si coinvolgono i lavoratori in maniera costante. Una volta esisteva il posto fisso e quest’idea è ancora radicata in alcune realtà e questo pensiero non aiuta a innovare il mondo del lavoro. Oggi serve un adattamento creativo, dal fordismo si deve passare al post-fordismo: abbiamo bisogno di affrontare i nuovi problemi in modo diverso”. Alcuni dati su disoccupazione e fallimenti aziendali sono stati evidenziati da Stefano Tomelleri, docente di Sociologia generale e Sociologia dei fenomeni collettivi dell’Unibg: “Il tasso di disoccupazione nel febbraio 2010 era dell’8,5%, ad aprile 2015 del 12,4%, mentre ad aprile 2016 dell’11,4%. I fallimenti delle imprese dal 2009 ad oggi sono aumentati del 64%. Il 10% del tasso di disoccupazione riguarda i manager over 50 e la Lombardia ha subito maggiormente gli effetti della crisi. In particolar modo è stato colpito il ceto medio, il cui licenziamento ha portato a uno spaesamento, intaccando uno stile di vita e di relazioni. Ma non si deve parlare di capitale umano, bensì di patrimonio umano: un patrimonio che deve essere protetto ed investito. E’ necessario ripensare il welfare, pensare all’utente come un soggetto e non un oggetto, attivare logiche attive, collaborando tutti quanti”. Marco Lazzari, Prorettore delegato alle attività di orientamento e alle politiche di raccordo con il mondo del lavoro, docente di Istituzioni di didattica in Unibg, ha ricordato il ruolo dell’Università: “Per creare competenze bisogna sapere, saper fare e saper essere. L’università, oltre a didattica e ricerca, ha anche una terza missione: l’impiego della conoscenza per contribuire allo sviluppo della società”. “Bisogna essere in allerta e ciò vale sia per le imprese che per le persone – ha proseguito Maria Rita Costantino, A.D. Di MR Costantino & Partners, esperta del mercato di lavoro, area risorse umane, ricerca e selezione di Assoconsult/Confindustria -. Le prime devono usare le connessioni con i clienti ed ecosistema reattività, mantenere fluidità e reattività sapendo conservare la propria coerenza. I secondi devono cercare di individuare le proprie attitudini e pensare come adeguarle al mondo del lavoro mutato”. In conclusione Gigi Petteni, Segretario nazionale Cisl, ha evidenziato la mancanza di politiche attive: “Le politiche attive devono diventare una strategia organizzativa, ricollocare e riqualificare i lavoratori deve essere possibile. Bisogna fare sistema. La buonuscita non è più lo strumento da utilizzare: a quella persona va messo in spalla uno zainetto che gli permetta di essere attrattivo per altre imprese. Inoltre dobbiamo rivendicare il diritto alla risposta: basta con i “le farò sapere”. E il vero articolo 18 al giorno d’oggi è diventato “quanta formazione l’azienda spende per me e di cui avrò diritto”.