Albino, le mamme del mondo e le sfide dell’integrazione: «Concediamo la cittadinanza ai ragazzi cresciuti in Italia»

È finito condividendo e gustando dolci marocchini, boliviani e senegalesi l’incontro promosso in oratorio, la vigilia di Pentecoste, dalle Mamme del mondo; intorno al gruppo di mamme e donne di diversa nazionalità albinesi, i rappresentanti della parrocchia e della società civile: Caritas, Acli, Associazione Young’n town, A.D.I.S.I.R., CGIL, CISL, UIL, Cooperativa La Fenice, ANPI, Per Albino progetto civico, PD, SEL-SI.
Dopo l’introduzione di Irma Falgari, anima dell’Associazione, che ha sottolineato come in Italia il 90% dei bambini figli di immigrati alla scuola dell’infanzia sia nato in Italia, il 70% alle elementari, il 50% alle medie, in aumento progressivo, e dopo le parole di Berta Bayon, formatrice e moderatrice dell’incontro, che ha invitato le Mamme ad una cittadinanza attiva, a partecipare per far crescere i nostri figli e il nostro Paese, sulla legge per la cittadinanza, in discussione al nostro Parlamento, sono intervenute due esperte, Emilia Naldi, giurista in diritto dell’immigrazione, e Mara Tognetti Bordogna dell’Università di Milano-Bicocca.
Emilia Naldi ha descritto come la cittadinanza sia stata e sia concessa in modi diversi a seconda dei periodi storici e dei diversi Paesi europei. Attualmente, nelle politiche di integrazione dei vari Stati, la tendenza è quella di accorciare gli anni richiesti per ottenere la cittadinanza, ma aumentando le prove di integrazione, come esami che testano la conoscenza della lingua e della società di accoglienza.
Anche Mara Tognetti ha premesso, all’analisi della nuova legge in discussione, un quadro di riflessioni. Ha sottolineato innanzitutto come la cittadinanza riduca le differenze tra gli individui di uno stesso contesto e aiuti la coesione sociale.
Tuttavia i “nuovi italiani”, i ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, sono doppiamente sfidati dal contesto locale e dai genitori (cultura,lingua,abitudini, identità); sono spesso in bilico fra l’essere uguali e l’essere diversi, da qui crisi e conflitti possibili. Ma proprio dare elementi di continuità, come la cittadinanza, limita i conflitti interiori dei ragazzi e le crisi di identità; al contrario non possedere una titolarità formale dei propri diritti limita la capacità di negoziare i propri bisogni.
La cittadinanza è il “diritto ad avere diritti”, è un elemento costitutivo irrinunciabile della identità individuale e collettiva è il modo per essere riconosciuti come individui meritevoli di considerazione, ascolto e parola, nel rispetto delle proprie specificità, per uscire dalla stigmatizzazione e dall’etichettamento, anche se la cittadinanza va oltre a quanto concesso dallo Stato, ma è il prodotto della partecipazione come soggetti attivi in azioni e decisioni della comunità.
Per quanto riguarda l’iter della legge sulla cittadinanza, si può dire che la Camera dei deputati ha approvato un testo unificato: prevede l’estensione dei casi di acquisizione della cittadinanza per nascita (ius soli) e l’introduzione di una nuova forma di acquisto della cittadinanza a seguito di un percorso scolastico (ius culturae). Si è ora in attesa che, nel nostro sistema rigidamente bicamerale, la legge proceda oltre le Commissioni del Senato (Affari costituzionali, Bilancio, ecc.) e giunga al voto in aula.
Lo auspicano, pur con gradi diversi, i diciottenni che hanno preso la parola in oratorio dopo le relatrici.
Una ragazza italiana: Siamo tutti cittadini del mondo, io non ho mai visto differenze tra me e i miei compagni stranieri e non mi sono mai chiesta se fossero effettivamente cittadini italiani perché lo davo per scontato, essendo nati e cresciuti in Italia. Mi impegno ad essere d’esempio per i miei amici, anche stranieri, e ad essere attiva socialmente, esercitando la mia cittadinanza.
Un ragazzo etiope: Sono nato in Etiopia e quando ero molto piccolo siamo venuti in Italia come rifugiati politici perché c’era la guerra. Ho fatto domanda per ottenere la cittadinanza italiana e la decisione è stata solamente mia. Mentirei se dicessi di avere il pensiero fisso per la cittadinanza italiana, ma sicuramente prima di prendere questa decisione ho dovuto riflettere su che cosa comportasse ottenerla e alla fine ho deciso di fare la richiesta perché questo Paese ci ha accolto e ci ha offerto molto.
Una ragazza Ivoriana: Io non mi sono mai posta il problema di essere o no cittadina italiana tanto è che fino a ieri pensavo effettivamente di esserlo. Non credo che sia molto utile per me la cittadinanza ora. ( E’ lo stesso pensiero di un’altra ragazza, di origine marocchina)
Una ragazza marocchina: Io sono nata in Marocco e mi sento marocchina a tutti gli effetti, niente potrà mai cambiare questo, ma ciò non vuol dire che io non possa essere anche italiana anche perché amo l’Italia ed è il luogo dove sono cresciuta. La cittadinanza mi permetterebbe di viaggiare liberamente senza visto e avrà altri vantaggi quando lavorerò e sarò più grande. Sono felice che il Marocco mi permetta di mantenere la cittadinanza marocchina anche se otterrò quella italiana.
Possiamo aggiungere che i ragazzi nati in Italia da immigrati sono ormai parte di Albino: vanno a scuola con quelli nati da italiani e da albinesi, giocano insieme a loro all’oratorio, a calcio o con l’atletica, ricevono il sacramento della cresima senza discriminazioni quando sono cattolici, sono forse la maggioranza delle chierichette. Vogliamo ancora obbligarli a sentirsi estranei?
Sarà festa grande e dolce anche ad Albino quando finalmente sarà approvata la nuova legge sulla cittadinanza.