Gli immigrati, di colpo, spariscono tutti. Proviamo a immaginare che cosa succederebbe

RISORSA, NON DEBITO

“Il timore che i migranti possano assorbire tutte le risorse del welfare è una visione inesatta. Loro versano, ogni anno, 8 miliardi alle casse del sistema di sicurezza sociale e ne prelevano sotto forma di pensioni e prestazioni sociali circa tre, con un saldo attivo di cinque miliardi di euro”. Lo ha detto recentemente Tito Boeri, presidente dell’INPS. D’altronde, gli economisti seri lo sanno da sempre: gli immigrati che lavorano in Italia sono come un dono per le casse disastrate del nostro paese. Perché versano contributi e magari lasciano l’Italia prima di poter ricevere la pensione, oppure perché lavorano e nemmeno sanno di avere questo diritto. Secondo Boeri questo “dono” vale quasi un punto di Pil.

Lo stiamo sostenendo da tempo. Tra il dato percepito e il dato reale c’è un abisso, dentro il quale disinvoltamente e in modo cinico nuotano i ministri della Paura. Non si vogliono negare le difficoltà e i problemi, si chiede solo di stare ai numeri. Come ha fatto l’ultima ricerca del Censis. Al termine della lettura, verrebbe da pensare che se non ci fossero immigrati, come vorrebbe qualcuno, non è detto che le cose andrebbero meglio, anzi. Molto probabilmente sarebbero peggiori per tutti. Perché con il loro lavoro i circa 2,3 milioni di cittadini stranieri attivi nel nostro paese contribuiscono a creare ricchezza, pagare una bella fetta delle pensioni degli italiani e far crescere una popolazione altrimenti a rischio crac demografico. Chi ogni giorno polemizza su quanto ci costa accogliere i migranti non pensa – o meglio nasconde – il fatto che, senza quanti in passato sono arrivati prima dei disperati che oggi cercano rifugio in Europa, questo sarebbe un paese più povero e più vecchio. Immaginarlo non è difficile.

LE IMPRESE, LA SCUOLA

Anche qui i numeri servono. Senza gli immigrati – sempre secondo il Censis – ci sarebbero 450 mila imprese in meno, tante sono infatti quelle create e condotte da cittadini stranieri. Ma ci sarebbe anche il 20% di bambini in meno con conseguenze sulla scuola pubblica che si tradurrebbero nel taglio di 35 mila classi e 68 mila insegnanti, pari al 9,5% del totale. Gli alunni stranieri nella scuola (pubblica e privata) nel 2015 erano 805.800, il 9,1% del totale. Anche sul mercato del lavoro la perdita dei migranti significherebbe dover rinunciare a 693 mila lavoratori domestici (il 77% del totale), che integrano con servizi a basso costo e di buona qualità quanto il sistema di welfare pubblico non è più in grado di garantire. Gli stranieri mostrano anche una voglia di fare e una vitalità che li porta a sperimentarsi nella piccola impresa, facendo proprio uno dei segni distintivi del nostro essere italiani. Nel primo trimestre del 2016 i titolari d’impresa stranieri sono 449.000, rappresentano il 14% del totale e sono cresciuti del 49% dal 2008 a oggi, mentre nello stesso periodo le imprese guidate da italiani diminuivano dell’11,2%. Una radiografia di queste imprese è stata fatta a novembre dell’anno scorso dall’Unioncamere che sottolineava come nell’anno passato ad aprire nuove imprese siano stati soprattutto immigrati provenienti dall’India (+25,8%), dal Bangladesh (+21,1%) e dal Pakistan (+20,3%). Un terzo di tutte le imprese a guida straniera è invece rappresentato da soli tre paesi; Marocco (15,3%), Cina (11,1%) e Romania (11%). Un mondo che punta soprattutto sui giovani: un’impresa su quattro è infatti guidata da un under 35, contro il 10% del totale delle imprese italiane. Tutto questo no può non avere un peso anche dal punto di vista contributivo, dove il rapporto dare-avere sicuramente a vantaggio degli italiani. Ricorda infatti il Censis che i migranti che percepiscono una pensione in Italia sono 141.000, meno dell’1% degli oltre 16 milioni di pensionati italiani. In compenso contribuiscono a pagare le nostre pensioni con un gettito previdenziale calcolato dalla Fondazione Leone Moressa in 10,3 miliardi di euro, soldi che nel 2014 sono risultati indispensabili per pagare la pensione a 630 mila italiani.

DISTRIBUZIONE E PERCENTUALI

È grazie a questa integrazione dal basso, definita molecolare, che gli stranieri sono 5 milioni (l’8,2% della popolazione complessiva), appartenenti a 197 comunità diverse. Dei 146 comuni italiani che hanno più di 50.000 abitanti, solo 74 presentano una incidenza di stranieri sulla popolazione che supera la media nazionale. Tra questi, due si trovano al Sud: Olbia in Sardegna, con il 9,7% di residenti stranieri, e Vittoria in Sicilia, con il 9,1%. Brescia e Milano sono i due comuni italiani con più di 50.000 residenti che presentano la maggiore concentrazione di stranieri, che però in entrambi i casi è pari solo al 18,6% della popolazione. Seguono Piacenza, in cui gli stranieri rappresentano il 18,2% dei residenti, e Prato con il 17,9%.
Famiglia Cristiana presentando il lavoro del Censis pone una domanda provocatoria: “E se gli immigrati di colpo sparissero?”

Vi ricordate quel film (brutto) di qualche anno fa con Diego Abantuono e Valerio Mastrandrea, “Cose di questo mondo?”. Guardiamoci intorno e proviamo a fare lo stesso gioco, eliminando quegli stranieri che ci sono vicini, negozianti, compagni di scuola dei figli, colleghi, collaboratori domestici, operai… Ci accorgeremo che sono parte integrante della nostra vita, una risorsa imprescindibile che contribuisce a costituire, ormai nella sua essenza, le comunità, le nostre comunità.