Il cristiano è agnello e agnello deve restare anche quando si trova in mezzo ai lupi

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi… (Vedi Vangelo di Luca 10, 1-12.17-20. Per leggere i testi di domenica 3 luglio, clicca qui).

AGNELLI E LUPI

Gesù manda i settantadue discepoli “a due a due”. Per la legge ebraica (Dt 19, 15) due testimoni erano necessari per testimoniare la veridicità di un evento. Dunque l’invio vuole essere un evento impegnativo e serio. Tutti i frutti del Regno stanno per arrivare a maturazione. La messe è enorme e non sarà mai sufficiente il numero di coloro che la devono cogliere. Gesù manda i suoi senza nascondere loro le difficoltà. L’ambiente è ostile: i missionari saranno come agnelli in mezzo ai lupi.

EQUIPAGGIAMENTO LEGGERO

Il loro equipaggiamento deve essere essenziale. Il loro stesso apparire deve essere un “discorso”: mostrare l’ideale di pace e di povertà così come è annunciato nel discorso della montagna. Ai tempi di Luca questa  radicalità non era già più vissuta. Ma l’ideale deve restare come tensione ancora viva che porta a eliminare tutto quello che è superfluo. La raccomandazione di non salutare nessuno per strada è probabile che significhi: non perdete tempo nel fare i lunghi e cerimoniosi saluti che sono in usa in Medio Oriente. È molto più urgente annunciare il Regno.

Il saluto classico dell’uomo della bibbia è “shalom“. Ma qui il saluto appare qualche cosa di più importante: la pace, segno dell’arrivo del Regno, è la sintesi di tutti i beni possibili e quindi l’augurio di pace è come augurare tutti i beni legati all’arrivo di Dio e del suo Regno. Da ricordare che la casa, alla quale il saluto deve essere rivolto, per gli evangelizzatori di Luca, è il luogo normale dell’annuncio.

Una volta arrivati in una casa i missionari non devono più preoccuparsi della purità o impurità del cibo. È la fede in Gesù che salva, dirà Paolo. I missionari possono quindi mangiare ciò che vogliono. L’annuncio del Vangelo, poi, dovrà essere “confermato” con i gesti liberatori che assicurano la concreta presenza del Regno: Guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: È vicino a voi il regno di Dio.

IL MESSAGGIO RIFIUTATO E IL MESSAGGIO ACCOLTO

Ma potrà succedere che qualcuno non accolga la bella notizia del Regno. Quando questo avviene, la casa che ha rifiutato è da considerarsi come terra pagana. Quando gli ebrei giungevano nella Terra santa scuotevano la polvere dai loro piedi per non portare nulla di impuro sul suolo della terra benedetta da Dio. Così faranno i missionari allontanandosi da quella casa.

I missionari tornano dalla loro missione. Sono entusiasti. Luca ci presenta alcuni tratti caratteristici suoi, soprattutto la gioia legata qui all’annuncio del Regno. Gesù condivide quella gioia ma precisa che ciò che è più importante per gli annunciatori del Regno è avere i propri nomi scritti nel cielo, essere cioè amati da Dio.

IL CRISTIANO “AGNELLO” E LA DOLCEZZA

Non è tanto importante avere vinto i demoni, dice Gesù. È molto più importante che i nostri nomi siano scritti nel cielo. E cioè che le nostre vittorie e le nostre sconfitte siano “scritte” in Dio. La comunità cristiana esiste solo per segnalare il cielo e permettere di raccontare così, in Dio, la storia degli uomini.

Il fascino del cristiano uomo di pace, in un mondo eternamente in discussione. L’agnello non deve diventare lupo in mezzo ai lupi, deve restare agnello. Il discepolo del Signore non è colui che sbrana come fanno tutti ma è colui che, non potendo scegliere altro e dovendo scegliere  fra sbranare e farsi sbranare, preferisce farsi sbranare, come il suo Signore. I martiri sono questa gente coerente fino agli estremi… Oggi gli agnelli sbranati stanno vistosamente aumentando.

“L’assoluto si rivela a noi solo se passa attraverso la dolcezza. Ma moderazione e dolcezza non appartengono forse a quei beni dai quali la nostra modernità prende sempre più le distanze?”. È un teologo che parla così: Paul Beauchamp nella sua opera più famosa,  L’uno e l’altro testamento.