“Non mi sposo più”. Per il demografo Blangiardo: “E’ cambiata la cultura dello stare in coppia”. Crisi del matrimonio in chiesa e fuori

“Non mi sposo più” è lo studio recentemente pubblicato dal Censis che conferma la tendenza in atto da anni sul calo delle nozze religiose. L’indagine calcola che se si andrà avanti con questo trend negativo il 2031 sarà l’anno zero dei matrimoni in chiesa. Sposarsi non dà vantaggi dal punto di vista sociale e giuridico, i figli nati fuori dal matrimonio hanno gli stessi diritti di quelli nati nel matrimonio, c’è un progressivo riconoscimento delle unioni civili. La crisi del matrimonio non corrisponde alla crisi delle relazioni affettive, solo che i rapporti tendono a essere vissuti sempre di più al di fuori della cornice istituzionale del matrimonio. Inoltre, sostiene Gian Carlo Blangiardo, professore ordinario di Demografia presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca “in Italia la crisi del matrimonio, sia civile sia religioso, sta a significare che è cambiata la cultura dello stare in coppia. Sicuramente si convive di più, quando ci si sposa si è convissuti alcuni anni prima di unirsi in matrimonio. L’idea del matrimonio come istituzione si è decisamente attenuata, i cittadini italiani preferiscono affrontare una relazione simbolo di un patto d’amore priva di vincoli formali”.

Professor Blangiardo, quali sono i fattori principali che hanno determinato il declino forse inarrestabile del rito religioso?

“I fattori principali che hanno determinato questo declino riguardano intanto un cambiamento diffuso che ha portato a una minore partecipazione alle scelte di carattere religioso. Le giovani coppie sono culturalmente meno propense a sposarsi in chiesa. E se lo fanno è  per motivi affettivi, non come una volta per piena convinzione di carattere religioso. C’è un altro aspetto ‘tecnico’, non ci si può sposare in chiesa, per esempio, se si è già divorziati. In Italia, ormai con il passar del tempo, non è più raro che uno dei due promessi sposi, spesso sia reduce da una precedente unione matrimoniale. A ciò aggiungiamo un altro fattore, la presenza di matrimoni ‘misti’, o di matrimoni di persone straniere che professano religioni diverse e che allora preferiscono operare con rito civile”.

Tra il 1994 e il 2014 ci sono stati 128mila matrimoni religiosi in meno, cioè 6400 l’anno che tradotto in percentuale vuol dire che in vent’anni c’è stato un crollo del 54%. Inoltre nel 2015 i riti in chiesa sono stati 108mila. Considerato che spesso i mutamenti della società sono imprevedibili, la caduta potrebbe arrestarsi soprattutto in un Paese tradizionalista come l’Italia?

“Tutto può succedere. Sicuramente la tendenza non arriverà allo zero nel 2031, quella dello studio del Censis è una provocazione e niente di più, impossibile che una cosa del genere si realizzi. Se non cambieranno le condizioni che hanno determinato questo trend negativo, c’è da credere che nel breve periodo si andrà avanti più o meno nello stesso modo”.

Secondo Lei la crisi economica quanto ha pesato sul fatto che le nozze (talvolta costose) non sono più il centro della vita sociale e affettiva degli italiani?

“Le crisi economiche in genere hanno un effetto importante sui matrimoni, forse ancora di più rispetto alle nascite. Il matrimonio si può rinviare, spostare nel tempo e come ho detto prima si può vivere in coppia anche senza sposarsi. L’abbassamento dei matrimoni risente pesantemente della crisi economica, inevitabilmente il matrimonio vuol dire una serie di costi, che vanno dal banchetto nuziale al servizio fotografico, dagli abiti di cerimonia ai fiori in chiesa, ecc. È chiaro che tutto questo, in condizione di crisi si cerca di contenerlo. Oggi però sposarsi costa meno rispetto agli anni Sessanta/Settanta. Se allora occorreva pensare anche a mettere in piedi un appartamento, ora se già si convive prima del rito, non ci si deve preoccupare di arredare un’abitazione”.

Il trend di declino generale riguarda anche i matrimoni civili ma rispetto a quelli religiosi sono in aumento passando dall’8,3% del totale delle nozze nel 1974 al 19,1% nel 1994 fino al 43,1% nel 2014. Il matrimonio era “un ascensore sociale” in particolare per le donne?

“Una volta il matrimonio era un modo per ‘accasarsi’, per trovare la possibilità di delineare il proprio futuro. Stiamo parlando di una donna che non aveva un’occupazione, che doveva essere dipendente e avere una funzione esclusivamente ‘procreativa’. Nel Terzo Millennio le cose sono completamente diverse, non c’è nessun bisogno che la donna si sposi per affermare la propria capacità, personalità e quant’altro, anche perché il ‘potere degli uomini’ che pur rimane nella società, si è attenuato”.

“Questo stato di crisi viene da molto lontano e s’inserisce nel processo di individualismo e di secolarizzazione che va avanti dagli anni Cinquanta e nel quale colloco anche la legge sul divorzio e l’aborto arrivate a metà degli anni Settanta” ha dichiarato Massimiliano Valerii direttore generale del Censis commentando lo studio. Concorda?

“Sì, che sia un cambiamento che viene da lontano è fuori discussione. Ogni generazione, tra l’una e l’altra passano venticinque/trent’anni, produce valori che vengono recepiti da quella precedente ma rielaborati alla luce del contesto in cui si vive. Che ci fosse una deriva secolarizzante questo è un dato di fatto, che ci siano stati dei profondi cambiamenti dai tempi del fascismo quando venivano premiate le donne che facevano 12 figli, è innegabile. Negli anni Settanta è arrivato un vento di novità, il nuovo diritto di famiglia, la contraccezione, la legge sull’aborto, il divorzio, tutte cose che hanno portato a un cambiamento dei rapporti familiari. Conseguenza di tutto ciò sono cambiati i comportamenti, stiamo andando avanti sulla scia di un qualcosa che si è innescato nel passato anche addirittura da parte di generazioni precedenti rispetto a quelle che oggi vivono il cambiamento. Si andrà avanti in una visione ‘moderna’ del concetto di famiglia che a mio parere continuerà a valere anche perché ha dimostrato di avere un ruolo fondamentale in termini sociali, rivisitata in chiave diversa rispetto al passato”.