Ivo Lazzaroni, missionario laico in Congo: «Misericordia per me è perdere tempo ad ascoltare»

«Va’, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Sono le parole del Vangelo di Matteo che hanno alimentato la vocazione a una vita dedicata agli ultimi. A raccontarlo è Ivo Lazzaroni, missionario laico della Consolata, da qualche settimana tornato a casa dai genitori, a Cusio, in alta Valle Brembana, per qualche mese di riposo. «Sono cuoco diplomato e lavoravo nella cucina della casa di riposo di Zogno quando un collega mi propose un pellegrinaggio a Medjugorje. Ho sempre pensato che fosse una cosa da vecchi, ma ero in compagnia di altri amici e ho accettato l’invito – racconta il missionario, che ha due sorelle più giovani -. Lì ho avuto la mia caduta da cavallo, come San Paolo, e ho iniziato a dedicarmi al volontariato locale, dopo sono stato con la Caritas diocesana in Albania per l’accoglienza ai profughi che scappavano dalla guerra e poi in Kosovo, ho fatto anche il barelliere per Unitalsi. Ero alla ricerca di quel “seguimi” ma non sapevo dove, come e quando». Risposte che non hanno tardato ad arrivare: Ivo ha conosciuto la congregazione della Consolata e ha potuto fare tre esperienze in Tanzania affiancando le suore, prima un mese, poi sette e infine un anno. Ha poi incontrato e frequentato il gruppo laico della congregazione che ha sede a Bevera, in provincia di Lecco, e ha dato la disponibilità per partire. La proposta era la Repubblica democratica del Congo: era il 2007 e il cuoco aveva chiesto un mese di permesso al lavoro, ma una volta rientrato si è licenziato ed è ripartito e non ha più lasciato la terra africana.

«La comunità dei missionari si trova a Isiro, a duemila chilometri dalla capitale Kinshasa e ci vivono circa duecentomila persone, ma saremo molti di più perché i bambini nati nei villaggi a volte non vengono registrati – spiega Ivo -. Mi occupo principalmente della gestione del Centro nutrizionale: la sveglia è alle 6 con la Messa e la colazione, poi al Centro coordino l’organizzazione della cucina, da cosa comprare all’insegnare un alimentazione il più corretta possibile con il poco che abbiamo alle mamme che collaborano con noi. All’interno della struttura c’è anche una scuola materna che ospita 150 bambini e dallo scorso anno scolastico abbiamo aperto una classe di scuola primaria e tra un mese diventeranno tre classi». Lo scopo delle scuole è formare i bambini, ma anche cercare di autosostenersi, perché le rette dei bambini (10 euro al mese la materna) servono per pagare il personale (3 insegnanti e una direttrice, un operario addetto alla manutenzione) e la restante parte per l’acquisto del cibo nel centro nutrizionale che è ad accesso ovviamente gratuito.

Le giornate di Ivo non sono mai uguali perché il Centro offre molti servizi (c’è anche un laboratorio dove vengono realizzate le carrozzine per i disabili e orti e pollai da sistemare) e lui cerca di aiutare dove c’è bisogno. «I lavoratori del Centro o chi ci dà una mano negli orti li assumiamo a rotazione per aiutare un po’ tutti: cerchiamo di garantire almeno la sopravvivenza e di dare un aiuto fin dove possiamo perché il popolo è abbandonato dallo Stato. A fine anno ci saranno le nuove elezioni: la carica dura un biennio e già si colgono tensioni tra il popolo. Speriamo che non scoppino rivolte e che siano elezioni davvero democratiche».

A 30 chilometri dal Centro c’è un ospedale, sempre gestito dalla congregazione di Ivo, con 150 posti letto. «La necessità primaria a Isiro è l’acquisto delle medicine. Comprarle al confine con l’Uganda, ad esempio, costano di meno ma con i nostri finanziamenti non riusciamo a coprire tutta la richiesta».

La sera al Centro non c’è corrente, «abbiamo un generatore ma lo accendiamo per un’ora e mezza, il tempo di lavarci e spedire una mail se necessario», e dopo il rosario e i vespri è il tempo della rilettura personale della giornata. «Un proverbio dice che noi abbiamo l’orologio ma in Africa hanno il tempo ed è vero – conclude il missionario -. A volte siamo presi dalle tante cose da fare e rimandiamo il tempo che potremmo dedicare a chi ha bisogno. Spesso, quindi, cerco di “perderlo” quel tempo e mi metto all’ascolto delle richieste di mamme con bambini morenti tra le braccia, di persone che non hanno diritti, non hanno i soldi per comprarsi le medicine o farsi operare per un’appendicite… L’ascolto a volte si concretizza, cercando di colmare le richieste ma non sempre riusciamo dove lo Stato nemmeno ci prova ad arrivare».

L’anno del giubileo della Misericordia per Ivo è il tempo dedicato all’ascolto. «Sta meglio chi si sente ascoltato ma ti arricchisci tu che ascolti, perché l’altro ti sta donando un pezzo della sua vita, magari, come nel caso del Congo, fatta di credenze di stregonerie e culture spesso arretrate che vorresti subito condannare ma non lo fai perché chi ascolta non parla». Una Misericordia, quindi, fatta non di parole affrettate ma di orecchie aperte all’ascolto.