Anche i Pensieri Ribelli – soprattutto la componente femminile – si sono sentiti toccati dal dibattito sul burkini non solo per il divieto ma per tutto ciò che rappresenta e “nasconde”, a livello culturale, religioso e sociale. Sono emerse posizioni diverse e ci sono sembrate meritevoli di approfondimento. Ne diamo conto con alcuni interventi, a partire da questo di Erica Balduzzi. Aspettiamo anche le vostre opinioni.
Burkini sì, burkini no? La questione è arrivata dalla Francia e ci ha messo poco ad infiammare anche il dibattito in Italia: è giusto – come hanno fatto alcuni sindaci francesi con il beneplacito del premier Manuel Valls – vietare il costume integrale pensato ad hoc per le donne di religione musulmana che vogliono andare al mare pur senza rinunciare alla “modestia” richiesta alle donne dai precetti di fede? L’attuale congiuntura storica e i recenti accadimenti che hanno insanguinato l’Europa hanno fatto sì che il dibattito non si limitasse alla pura questione estetica, ma sollevasse questioni e interrogativi di più ampia portata, mettendo l’opinione pubblica dinnanzi a contraddizioni, dubbi, legittime preoccupazioni.
La prima delle quali, forse, è anche la più banale, e riguarda la possibile convivenza di modelli culturali spesso molto distanti tra loro: da un lato, l’Occidente secolarizzato delle battaglie per i diritti, delle libertà, della faticosa conquista – e ringraziamo le nostre nonne e mamme – di un corpo femminile che si è libere di mostrare senza vergogna; dall’altro, un modello culturale e religioso che vede invece sempre più spesso nella donna coperta e velata la donna di valore. Sempre più spesso, sì: perché se si sfogliano le vecchie foto di Paesi dichiaratamente musulmani come Iran, Egitto o Afganistan si scopre che fino a pochi decenni fa le donne non vi giravano affatto con veli e burqa, ma con minigonne e capelli al vento. Come si chiede su Facebook l’accademico torinese di origini egiziane Sherif El Sebaie a commento di una di queste fotografie, le donne “Sono più libere ora, o erano meno musulmane allora?”.
Questa domanda – legittima specialmente perché posta da chi ha vissuto sulla sua pelle il processo di graduale “copertura” del corpo femminile nel suo Paese – apre anche tutta la questione della libertà: libertà di indossare ciò che vuole, libertà negate, libertà imposte. E se certo è sbagliato sostenere che un modello culturale sia più giusto di un altro, è anche innegabile che la questione dell’indossare o meno il burkini non possa essere derubricata esclusivamente a “moda”, “comodità” o “libera scelta della donna”, perché dietro di esso si celano retaggi che a fatica stiamo ancora tentando di superare qui… A cominciare dall’idea che il corpo della donna sia qualcosa di negativo o peccaminoso. A cominciare dall’idea che si siano dettami e concetti che vengono sempre applicati esclusivamente alle donne, quali appunto la modestia, il pudore, la necessità di coprirsi.
Contro questi retaggi “nostrani” le femministe non hanno mai esitato ad alzare la voce: perché, dunque, ciò che nella tradizione europea e cristiana è considerato simbolo del “patriarcato” e dell’“oppressione”, quando ci si avvicina ad altre culture diventa “libertà di scelta da rispettare”? Penso ad esempio alle durissime prese di posizione contro il libro della giornalista cattolica Costanza Miriano, “Sposati e sii sottomessa”, mentre nel caso del dibattito sul burkini ci si è arenate subito nel “ciascuno indossi ciò che vuole”. Verissimo, per carità: ma quindi la sottomissione femminile va combattuta e osteggiata solo part-time? Il fatto che indossare il burkini sia per molte donne una libera scelta, non toglie il fatto che per moltissime altre invece non lo sia: riprendendo la citazione Henri-Dominique Lacordaire proposta da Michela Marzano qualche giorno fa su Repubblica, secondo cui “Tra il forte e il debole, è la libertà che opprime e la legge che affranca”, forse è il caso di interrogarci su come dare la medesima libertà delle donne che vogliono coprirsi anche a quelle donne di religione musulmana che magari un bikini vorrebbero metterselo, ma non possono… Per imposizione, retaggio culturale, paura, sottomissione, vergogna.
Forse, adesso, sono queste le donne la cui libertà è da tutelare e garantire. Anche con le leggi, anche – forse – con i divieti. Soltanto quando anche la libertà di queste donne potrà essere tutelata, non fregherà più nulla a nessuno se in spiaggia ci si va nudi, col burkini o in giacca e cravatta.
Coprire o scoprire? La guerra culturale giocata sul corpo delle donne. Oltre il burkini, il valore dov’è?
