Si marcia per la pace, si vende per la guerra. L’Italia e il traffico internazionale delle armi

LE NOSTRE ARMI E LE VITTIME CIVILI NELLO YEMEN

La notizia è dei giorni scorsi. Il nostro Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, è andata in Arabia Saudita per incontrare il re e il vice principe ereditario. Obiettivo: firmare nuovi contratti di vendita di prodotti militari. La nota ufficiale del Ministero parla inoltre di un “focus particolare sui settori della formazione e dell’addestramento miliare.” Di addestramento militare hanno sicuramente bisogno soprattutto gli avieri sauditi che da oltre un anno e mezzo stanno bombardando lo Yemen senza alcun mandato internazionale, ma sostenuti dall’intelligence degli Stati Uniti e del Regno Unito. In questo anno e mezzo sono riusciti a colpire centri abitati, scuole, mercati, moschee, cortili in cui si celebravano matrimoni, un’azienda italiana che produce pompe idrauliche e ovviamente anche strutture ospedaliere come quella di Medici senza Frontiere. Un terzo di questi raid ha fatto centro proprio su obiettivi civili. “Effetti collaterali”, hanno commentato i sauditi. Bombardamenti ripetutamente condannati dall’Onu ma di cui non c’è traccia nei colloqui tra la ministra Pinotti e il suo omologo saudita: per il Ministero della Difesa il conflitto in Yemen semplicemente non esiste.

UN SETTORE CHE NON CONOSCE CRISI

Perché questo è il dato vero: anche nella crisi, gli affari dell’industria militare italiana prosperano, eccome. L’esportazione di armi italiane nel mondo segna un incremento del 186% rispetto al 2014. Dato clamoroso che mostra come sia di cartapesta la retorica smerciata da chi si lamenta che l’Italia delle armi è in declino. L’anno scorso, infatti, il valore globale delle licenze di esportazione definitiva ha raggiunto gli 8 miliardi e 247 milioni di euro rispetto ai 2 miliari e 884 milioni del 2014. Un boom senza precedenti, che il ministero degli Esteri e della Cooperazione (Maeci) ha commento eufemisticamente: “…Si è pertanto consolidata la ripresa del settore Difesa a livello internazionale, già iniziata nel 2014 e in linea con l’andamento crescente globale del settore difesa nel 2015”. I dati sono contenuti nella Relazione sulle operazioni autorizzate di controllo materiale di armamento 2015, consegnata nei mesi scorsi dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri alle cinque commissioni permanenti di Camera e Senato (affari costituzionali; affari esteri, emigrazione; difesa; finanze e tesoro; industria, commercio, turismo). Una relazione tenuta sotto traccia dalla maggior parte dei media del nostro Paese ma ripresa e rilanciata da Nigrizia, il mensile dei padri Comboniani.
Numeri che confermano come la crescita del settore sia imponente ed “esplosiva”. A beneficiarne le aziende del settore, con Alenia Aermacchi, Agusta Westland, Ge Avio, Selex ES, Elettronica, Oto Melara, Intermarine, Piaggio Aero Industries ai primi posti della classifica come valore contrattuale delle operazioni autorizzate. La maggior parte di queste aziende, come sempre, è di proprietà o è partecipata dal gruppo ex Finmeccanica, oggi Leonardo.

CHI COMPERA

E a chi spediamo questo massa enorme di armi? I flussi di esportazione si sono orientati, più che in passato, verso i paesi Ue/Nato: in percentuale si è passati dal 55,7% del 2014 al 62,6% dell’anno scorso. Poi l’Asia (dal 7,3% al 18,3%). Nordafrica e Medio Oriente (sempre accorpati in queste statistiche) hanno raggiunto l’11,8%. E se in percentuale il dato segnala un calo (28% nel 2014), in valori assoluti quest’area del mondo è cresciuta dai 741 milioni del 2014 ai 931,2 del 2015. In cima alla lista dei paesi destinatari troviamo la Gran Bretagna, passata da 306 milioni a 1,3 miliardi di euro. Due i paesi dai dati sconcertanti: Singapore (al 6° posto) passato dall’aver acquistato armi, nel 2014, per un valore poco superiore al milione di euro, ai 381 milioni del 2015. L’altro paese dalla crescita stupefacente è Taiwan, che da 1,4 milioni è salito a 258.

LA LEGGE 185: VIETATO VENDERE ARMI A PAESI IN  GUERRA 

Tra i primi dieci paesi troviamo, come nel 2014, gli Emirati arabi uniti (che hanno ricevuto materiale bellico per 304 milioni di euro, in linea con l’anno precedente) e l’Arabia Saudita (dai 163 milioni a 258). Due paesi alla guida della coalizione arabo-africana in conflitto nel vicino Yemen. A dimostrazione che i divieti imposti dalla legge 185 del 1990 (non vendere armi a paesi in guerra) sono carta straccia nella realtà. Anche la Turchia ha più che raddoppiato gli investimenti in armi italiane: 128,7 milioni a fronte dei 52,4 del 2014.

ANCHE L’AFRICA SUBSAHARIANA FA SHOPPING

Il dato che spicca maggiormente è che per la prima volta la regione subsahariana supera il Nordafrica nello shopping armiero da aziende italiane: 152,9 milioni contro gli 87,5 del 2014. Da considerare che due anni fa il dato dei paesi al sud del Sahara era di poco inferiore ai 2 milioni. Il valore complessivo dell’export nel continente supera nel 2015 i 240 milioni di euro, contro i 96 del 2014. Il paese che ha fatto il balzo in avanti più evidente è lo Zambia che da zero è passato a 98,3 milioni. Se si considerano solo i paesi extra Ue/Nato, Lusaka si colloca all’11° posto, con un 3,34% complessivo della torta. Da evidenziare anche gli acquisti kenyani: da 472mila euro a oltre 25 milioni. Nel Nordafrica, cala l’Algeria (da 61,6 milioni di euro a 29,7 del 2015), ma aumenta consistentemente il Marocco (da 518mila a 19,7 milioni di euro). I buoni rapporti tra Italia ed Egitto si manifestano anche nel commercio di armi. Resta rilevante, infatti, la vendita a il Cairo: 37,6 milioni, quando erano 31,7 nel 2014. Alla faccia del regime e delle violenze praticate nel paese.

I moltissimi che domenica hanno marciato da Perugia sono avvisati. La pace non è solo uno slogan da gridare o da esibire una volta l’anno. Va sostanziata, con rigore e competenza, dentro i sentieri impervi dell’economia, della cultura e della politica. Sentieri più stretti e ripidi di quelli che portano verso Assisi. Però gli unici che possono rendere credibile ogni necessario sogno di pace.