Caritas, dalla strada alla casa. La vita offre una seconda chance: “C’è molto di più dei muri e di un tetto”

C’è chi ha trascorso anni dormendo in auto, chi si è spostato da un parco all’altro della città costruendosi giacigli di fortuna, chi ha passato le notti in una casa occupata. Tutti però a un certo punto hanno avuto il coraggio di dire basta, hanno teso la mano, hanno cercato aiuto. Il progetto “Dalla strada alla casa” della Caritas diocesana bergamasca è dedicato a loro, a chi ha iniziato un percorso di recupero. “Sono persone – dice Elena Frattini, responsabile del progetto – che arrivano da noi su segnalazione dei servizi sociali del Nuovo albergo popolare, dai dormitori Caritas, dalle comunità del territorio e hanno fatto dei cammini per tornare alla normalità”. Il loro passato è spesso un complicato intreccio di complicazioni: dipendenze, legami spezzati, patologie fisiche e disagi psichici. “Quando arrivano da noi – sottolinea Elena – hanno già superato i primi ostacoli, ma sono ancora molto fragili”. A disposizione ci sono due appartamenti a Torre Boldone, tre a Bergamo, due ad Almenno San Salvatore, uno ad Alzano Lombardo. Le persone prese in carico sono attualmente sedici: “Ogni alloggio viene condiviso da due persone: devono saperlo gestire, tenerlo in ordine, imparare a convivere tra loro. Dovrebbero essere economicamente autosufficienti ma da quando è iniziata la crisi è sempre più faticoso trovare un lavoro o una borsa lavoro. Devono essere comunque in grado di versare almeno un contributo simbolico di circa 50 euro al mese”. Mantenere una casa, infatti, non è soltanto una questione di muri: “Per questo – aggiunge Elena – questi speciali inquilini vengono seguiti passo passo da un educatore, e sono in due anche perché si aiutano e si controllano a vicenda”.
Il traguardo è quello di portare queste persone a vivere per conto loro, aiutarli col tempo a trovare un appartamentino in affitto sul mercato o nelle case popolari: “Anche dopo non li abbandoniamo – osserva Elena -. Continuiamo a dargli una mano, anche solo nelle pratiche burocratiche”.

Sono persone tutte diverse, con storie diverse, anche se accomunate dalle difficoltà: tra loro anche molte donne con figli minori e storie difficilissime: vittime di violenze, abusi, sfuggite alla tratta. “Per aiutarle – aggiunge Elena – è importante riuscire ad attivare una rete più ampia possibile che coinvolga le comunità di origine, le biblioteche, le scuole. Là dove vivono e lavorano queste persone devono avere sostegni affettivi ed essere circondate da un clima di fiducia”. Accanto agli educatori della Caritas a rendere possibile questo lavoro è un folto gruppo di volontari, che mettono a disposizione tempo ed energie.    
Il bilancio è positivo: “Quasi tutti anche le persone che abbiamo seguito negli anni scorsi – conclude Elena – sono riusciti a rimettersi in piedi, seppure senza grandi sicurezze. Sono in cammino”.