L’abbraccio di Papa Francesco ai senza dimora: un sorriso per chi vive e muore per strada

Il grande abbraccio della Chiesa per le persone senza dimora, le più fragili, più emarginate e povere, quelle che vivono ai bordi delle strade. Si può dire che l’Anno della Misericordia si è concluso così, dedicando “l’ultimo” Giubileo alle “persone socialmente escluse”. Dall’11 al 13 novembre, in 6mila da 20 Paesi diversi hanno partecipato a un inedito pellegrinaggio organizzato da  “Fratello 2016”, un’associazione che organizza e anima eventi con e per le persone in situazione di esclusione, in partenariato con le associazioni che le accompagnano. C’erano anche una cinquantina di bergamaschi, partiti con la Caritas diocesana. «Sono ripartiti – racconta François Le Forestier, portavoce di Fratello – con un sentimento unanime di grande gioia, nonostante la fatica, nonostante i momenti di folla».

Qual è stato il momento più toccante di questi tre giorni?
«È stato l’incontro con il Papa il venerdì mattina. Le persone senza dimora spesso nella loro esistenza sperimentano un sentimento di assenza dolorosa. E’ l’assenza di una madre e di un padre: spesso molti di loro non hanno mai conosciuto i genitori e ritrovarsi a fianco del Papa è stato per molti come ritrovare un padre. E’ la ragione per cui molti di loro volevano toccare il Papa, parlare con lui, stringergli la mano. Là, davanti al Papa è come se avessero ritrovato un padre. E bisogna anche sottolineare quanto il Santo Padre sia stato incredibilmente disponibile con loro».

Cosa ha colpito maggiormente di papa Francesco?
«Le parole di perdono pronunciate durante l’udienza del Papa a nome dei cristiani. Sono state capite e accolte. Erano esterrefatti dalle sue parole. Ripetevano: “il Papa ci chiede perdono”. E queste parole, non si capisce come o con quali tempi, sono state per molti motivo di meditazione e riflessione. Sabato sera durante la veglia della Misericordia a San Paolo fuori le Mura, ci sono state tantissime confessioni come se il perdono donato dal Papa si tramutasse in domanda di perdono. Erano da moltissimi anni che non si confessavano e i preti che li hanno accolti ci hanno detto che hanno potuto dare voce e rimettere all’amore del Padre peccati anche molto pesanti. E’ stata quindi per molti un’occasione per sperimentare e accogliere la Misericordia del Signore».

Come hanno vissuto questi tre giorni di pellegrinaggio a Roma?
«Le persone mi hanno detto di essere state colpite dal fatto di essere accolti nella basilica di san Paolo fuori le Mura e nella Basilica di San Pietro domenica mattina. Hanno capito di essere a loro posto nella Chiesa. E che la Chiesa le accoglieva. E questo è molto importante. Le persone che vivono per la strada sono pervase da una grande vergogna, un senso forte di colpevolezza che le porta a dire di non essere degne. Non è quindi un caso se il Papa ha parlato loro di dignità. Credo che questo pellegrinaggio abbia dato dignità a molti pellegrini che si sono sempre sentiti nulla nella loro esistenza».

Ci può raccontare qualche storia vissuta in questi giorni?
«La storia di Robert, un signore di Parigi. Non parlava con nessuno. Poi ha avuto l’occasione di stringere la mano al Papa il venerdì mattina e per lui quella stretta di mano è stata come una liberazione. Dopo è riuscito ad esprimere ciò che provava nel suo cuore. Le persone che vivono sulla strada, hanno moltissima difficoltà a parlare, a esprimere i loro sentimenti, a conoscere i loro desideri. Dopo l’incontro con Papa Francesco, questo signore ha ricominciato a parlare, ad esprimere la gioia provata, il dolore di una vita vissuta. Fa pensare alle pagina del Vangelo dove Gesù riesce a donare la parola ai muti. Sì, anche in questi giorni ci sono stati veri e propri miracoli sotto i nostri occhi».

Che cosa resta di questo Giubileo?
«Il povero è la ricchezza della Chiesa. Nel pellegrinaggio c’erano anche persone che vivono con i più poveri negli appartamenti. Altri che mangiano con i poveri dando loro da mangiare nelle mense. Altri ancora che pregano con i poveri organizzando nelle chiese  liturgie adatte a loro. Il Papa ci incoraggia ad andare avanti in questa direzione percorrendo la via della evangelizzazione nella fraternità con chi vive ai margini. Se il messaggio di Cristo si è diffuso nel mondo ai tempi dei primi cristiani è perché era un messaggio di liberazione dalla schiavitù. Il Papa ci chiama a fare la stessa cosa: liberare dalla schiavitù e dalla miseria facendoci prossimi a chi è schiavo e povero».