In Italia, per la prima volta, diminuisce la speranza di vita. Rapporto Osservasalute 2015

La XIII edizione del Rapporto Osservasalute 2015 ha rilevato che l’invecchiamento nel nostro Paese continua inesorabile (un italiano su 5 ha più di 65 anni). Il dossier di 590 pagine, pubblicato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che ha sede presso l’Università Cattolica di Roma, è stato redatto da 180 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano.

Chi è nato nel 2015 può aspettarsi di vivere, mediamente 80,1 anni se maschio, 84,7 se femmina, inoltre vi sono state quindicimila nascite in meno nel 2015, perché gli italiani fanno pochi figli e nello stesso anno vi sono stati 54 mila decessi in più rispetto al 2014.

Walter Ricciardi, nato a Napoli nel 1959, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, fondatore e Direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, spiega, tra le altre cose nella nostra intervista, che “per la prima volta l’aumento dell’aspettativa di vita ha subìto una battuta d’arresto e ciò è dovuto principalmente a tre motivi. Il primo è legato al fatto che lo scorso anno abbiamo avuto un’ondata di mortalità straordinaria a causa del caldo (il 2015 è stato l’anno più caldo della storia da quando viene registrata la temperatura), e soprattutto gli anziani ne hanno risentito.

Il secondo è che nella stagione invernale gli anziani non si sono vaccinati contro l’influenza per la paura del ritiro di un vaccino, allarme che si è rivelato ingiustificato, ma ciò ha prodotto un alto numeri di decessi nel Paese.

Il terzo motivo è legato alla crisi economica che ha obbligato le famiglie a differire le cure non indispensabili». Inoltre ci fornisce un dato interessante, «la popolazione ultracentenaria continua ad aumentare sia in termini assoluti sia relativi. Al 1° gennaio 2015 oltre tre residenti su 10.000 hanno 100 anni e oltre, la componente femminile è più numerosa: nel 2015, infatti, le donne rappresentano l’83,8% del totale degli ultracentenari”.

S’intravede qualche timido miglioramento negli stili di vita degli italiani?

“Sì, gli italiani bevono meno e meglio, però dopo gli effetti benefici della Legge antifumo del Ministro Gerolamo Sirchia datata 2003, hanno ripreso a fumare. Chi abita nel Nord del Paese fa più attività fisica rispetto a chi vive nelle regioni meridionali. Invece sull’alimentazione la popolazione italiana si comporta allo stesso modo lungo tutto lo Stivale: mangia troppo e male”.

Il Rapporto, approfondita analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane, fotografa una grande diseguaglianza regionale che si riflette sulle aspettative di vita. Infatti, al Nord, ci si ammala di più, anche se la mortalità è inferiore. Ce ne vuole parlare?

“Storicamente al Nord per ragioni legate all’inquinamento atmosferico e industriale, all’alcol, sicuramente consumato più al Nord che al Sud, c’era una maggiore predisposizione nei confronti delle malattie. Però al Nord d’Italia ci sono servizi sanitari più efficienti, pensiamo agli screening oncologici, quindi grazie alla diagnosi precoce, la popolazione muore in misura minore. Questo però determina una grande ingiustizia perché, di fatto, la differenza tra l’aspettativa di vita tra un meridionale e un settentrionale arriva fino a quattro anni”.

Il Rapporto, coordinato da Lei e dal dottor Alessandro Solipaca, Segretario Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, evidenzia che nel Nord-Ovest (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia) aumentano sovrappeso e obesità dal 33,9% al 36,2% e dall’8,5% al 10,2% rispettivamente, anche se proprio al Nord, Lombardia (28,5%), l’analisi territoriale mostra una quota più elevata di persone che praticano sport in modo continuativo. Che cosa ne pensa?

“L’analisi territoriale mostra una differente attitudine alla pratica sportiva tra le diverse regioni del Paese che, probabilmente, riflette anche una diversa disponibilità di strutture organizzate. Non a caso alcuni indicatori, quali il diabete, il sovrappeso e l’obesità sono maggiori al Sud. D’altro canto il problema dell’eccesso di peso è cresciuto molto nelle regioni settentrionali. Abbiamo osservato che dal 2001, nella ripartizione con livelli più bassi di persone in sovrappeso (il Nord-Ovest) si è registrato il maggior aumento di persone con eccesso ponderale (in sovrappeso e obese). Diversamente, nelle Isole la percentuale di persone in sovrappeso e obese è rimasta abbastanza stabile negli ultimi anni. Inoltre il sovrappeso è un problema che aumenta con l’età”.

Ha recentemente dichiarato che “siamo la Cenerentola del mondo, l’ultimo paese a investire in prevenzione, a cominciare dalle vaccinazioni. E poi ci sono gli screening oncologici, mai partiti o che funzionano a macchia di leopardo, soprattutto per le donne”. Occorre quindi tornare a parlare di prevenzione?

“Sì. l’Italia è il Paese europeo che spende meno in prevenzione, che è finanziata con un 4,1% della spesa sanitaria nazionale e quindi la gente si ammala e muore di più. Per dare un’idea, il nostro Paese spende in prevenzione dieci volte di meno della Germania e quattro volte in meno della Francia. Per non essere più il fanalino di coda in Europa dobbiamo incominciare o ricominciare a investire in prevenzione per evitare che i cittadini si ammalino”.

Infine, quali sono gli stili di vita corretti che permettono di vivere a lungo e bene?

“L’86% delle malattie è dovuto a soli quattro fattori di rischio: il fumo, eccessivo consumo di alcol, scarsa o nulla attività fisica e cattiva alimentazione. Occorre eliminare questi quattro fattori di rischio per ridurre al minimo la mortalità. Non è facile perché la gente continua a fumare, a bere troppo, a fare una vita sedentaria e a mangiare smodatamente. Quindi se gli italiani risultano ancora poco attenti alla propria salute devono adottare strategie preventive e stili di vita adeguati a proteggerli dalle malattie evitabili”.