Arriva il Natale e arrivano le critiche sul Natale consumistico. Critiche fuori luogo

Si sta avvicinando il Natale e con il Natale arriva tutto il corteo di luci, regali, vacanze che segna questi giorni e quelli che verranno. Di solito, in questo scenario natalizio entrano anche le proteste di coloro che criticano questo scenario e mandano i loro anatemi contro le luci e i regali e le vacanze.

Le critiche al Natale consumistico e il sogno non confessato di una società “cristiana”

Di fronte alla svagatezza natalizia e alle critiche a quella svagatezza mi sembra di dover dire, sommessamente, che non capisco molto quelle critiche. Soprattutto non capisco quelle critiche quando esse provengono da motivi di fede, quando si cita il vangelo per dire che non si devono fare regali e vacanze. È il solito lamento contro il “Natale consumistico”. Sinceramente, non se può più: non del Natale consumistico, ma delle critiche. Perché, dietro a quelle critiche, sta un’idea che si dà come scontata ma che, invece, non lo è affatto. Questa: che il Natale – quello cristiano, quello del Bambino di Betlemme, del Dio che si fa uomo… – che il Natale dovrebbe essere un fenomeno sociale, celebrato da tutti. È la convinzione “natalizia” che nasce da una convinzione più a monte: che la società sia ancora tutta cristiana. Per la verità la società tutta cristiana non è mai esistita, ma è assolutamente sicuro che non esiste oggi. I credenti, infatti, sono pochi, una minoranza, e quindi è del tutto illusorio pretendere che una delle loro feste più caratteristiche sia celebrata da tutti, dalla maggioranza.

I credenti devono celebrare il Natale, quello di Betlemme

Tocca a loro celebrare quella festa. A loro incombe l’obbligo di celebrare il Natale come Natale del Bambino di Betlemme. A loro incombe l’obbligo, semplicemente perché ci credono. E proprio perché ci credono devono celebrarlo – è il caso di dirlo – come Dio comanda e testimoniare nella loro festa che Dio si fa proprio Bambino, che diventa “carne”, che si fa povero tra i poveri, che pianta la sua  tenda in mezzo a noi (tutte espressioni, queste, che ritroveremo, puntualmente, nella liturgia dei prossimi giorni). Insomma, invece di lamentarsi perché il Natale vero non lo celebrano  tutti, loro, i cristiani, dovrebbero impegnarsi a fare in modo che il Natale di Betlemme sia sempre più vero. Perché qualcuno potrebbe sospettare che, siccome i cristiani talvolta non hanno molta fede e non sanno celebrarla, chiedono alla società una specie di supplenza. E se ne lamentano perché quella supplenza non c’è più.

Il “piccolo gregge”, invece, dovrebbe essere felice di celebrare il Natale del suo Dio. E dovrebbe essere felice di annunciare che quel Dio lì nasce per tutti, per chi resta a casa e per chi va alle Seychelles. Basta accorgersene. E la festa c’è anche perché qualcuno se ne accorga.