“Educare gli affetti, generare legami”. C’è già una dichiarazione di intenti nel titolo del Convegno pastorale per l’ambito degli affetti in programma per sabato 17 dicembre al Centro Congressi Giovanni XXIII, nella Sala Alabastro, a partire dalle 9. La prima idea di fondo è che gli affetti, un aspetto di solito confinato nell’ambito delle emozioni, soggetto ai sussulti più ingovernabili del cuore, si possano “educare”, che si possa cioè ragionare su come, dove, cosa, quando e perché.
Prendere posizione su questo aspetto non è un’azione da poco: “Da questo – spiega don Edoardo Algeri, direttore dell’ufficio per la pastorale familiare, uno degli organizzatori del convegno – dipendono i rapporti di amicizia, la letizia dell’amore, gli assetti della società, il ricambio generazionale e la comunione ecclesiale. Se gli affetti hanno una portata così vasta ed influente nella storia della persona e negli equilibri comunitari allora è tempo ben speso dedicarsi al loro sviluppo e alla loro educazione”. Questo appuntamento è il primo dei sei che pongono a tema gli ambiti pastorali indicati dal Convegno ecclesiale di Verona. Sono molti gli uffici e i soggetti coinvolti: oltre all’ufficio famiglia, l’Upee (Ufficio per la pastorale dell’età evolutiva), pastorale delle Vocazioni, pastorale scolastica, Tempi dello spirito. Gruppi e movimenti: Age, Agesc, Agesci, Cav, Masci, Mpv, End e associazione famiglie per l’accoglienza. “Ognuno in questa occasione supera il proprio specifico punto di vista per collaborare a costruire con gli altri una riflessione più ricca e articolata su un tema che riguarda tutti”.
In un momento delicato di crisi culturale e di trasformazione il convegno diocesano invita ad approfondire, come dice il sottotitolo “L’alleanza del maschile e del femminile per una nuova cultura della famiglia”: “L’esortazione apostolica Amoris Laetitia – continua don Edoardo – ci invita a chinarci su una delle frontiere più esposte alla deriva emozionalistica ed individualistica degli affetti e nella quale è più urgente testimoniare da “pellegrini e stranieri” la novità della speranza cristiana: la famiglia, specie quella fondata sul sacramento del matrimonio. L’enfasi sugli aspetti emotivi a scapito di quelli di responsabilità ha infatti effetti chiari anche sulla concezione di famiglia, spesso ridotta a una qualsiasi relazione umana caratterizzata da intimità e affetto. Ciò conduce ad accettare e a promuovere anche soluzioni deboli della relazione di coppia nelle quali la sola presenza di un legame affettivo – non importa nemmeno se tra uomo e donna o tra persone dello stesso sesso – genererebbe di per sé una famiglia. Si affermano così forme di “legame leggero” che consentano di usufruire dei diritti tipici del matrimonio, ma evitano di impegnarsi negli aspetti esigenti della vita di famiglia, come l’impegno vincolante della promessa, la funzione generativa e sociale della relazione di coppia, il rispetto per i diritti inalienabili delle nuove generazioni”.
Ma per il cristiano la famiglia rappresenta qualcos’altro, un luogo fatto anche di responsabilità: “sia nei confronti del coniuge, sia dei figli, ambito nel quale la persona impara a dare e ricevere amore. In essa si sperimenta, prima come figli, poi come coniugi e genitori il principio dell’amore come realtà esclusiva ed indissolubile, che porta in sé una scintilla di divinità. Sottrarre alla vita degli affetti questa “scintilla” è come ridurre l’uomo ad un’interminabile serie di compiti, come togliergli quella prospettiva di speranza che dà senso alla sua esistenza”.
Al centro del convegno di sabato ci saranno due relazioni: “Legami senza affetti ed affetti senza legami”, a cura del professor Domenico Simeone dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che prenderà in esame le forme contemporanee delle relazioni, tra limiti presenti, punti critici e investimenti sul futuro. Nella seconda relazione “Generare e sostenere legami di coppia oggi”, Marina Mombelli, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, si soffermerà sull’esperienza delle famiglie, nella convinzione che “la testimonianza della vita familiare nell’esperienza coniugale, genitoriale, filiale e fraterna dei credenti, può oggi veramente rappresentare un’autentica esperienza della letizia dell’amore e della gioia del Vangelo, che può correggere e “curare le malattie della speranza” del nostro tempo. Essere testimoni di speranza nella vita affettiva e familiare è dunque sforzarsi di rigenerare le nostre relazioni familiari nella loro più autentica e profonda valenza relazionale e simbolica; è accettare – da pellegrini e stranieri – il rischio di dare fiducia all’altro, nello scorrere delle transizioni che mettono alla prova i legami, ma nella sicurezza della meta per il cui raggiungimento vale la pena impegnarsi al di là di ogni interesse personale”.
Tra i due interventi di riflessione è prevista una sessione più operativa di workshop con la presentazione di Buone Prassi: il progetto “Terre di mezzo” ed Area formazione PES della rete dei Consultori familiari FAC [équipe consultorio Adolescenti], la proposta dei metodi naturali di regolazione della fertilità [Megliani e Piatti], il progetto “Teen Star” per “l’educazione degli affetti”, I percorsi di accompagnamento di coppie di sposi “Amori in CorsA”, “Il corpo racconta” (al maschile e al femminile); il rapporto tra affetti e Media education
(con la professoressa Claudia Alberico). L’intervento conclusivo è affidato al vescovo di Bergamo Francesco Beschi.