Ci stiamo avvicinando al Natale. Mi pare che il vangelo di domenica fa “entrare in scena” Giuseppe. Voi che vivete in monastero che cosa dite dello strano silenzio di Giuseppe che, come si sa, non dice una sola parola lungo tutti e quattro i vangeli? Andrea
Caro Andrea, ci sono tanti modi per comunicare, e non è sempre detto che la parola sia il più efficace ed eloquente. Giuseppe è una figura evangelica che parla col suo silenzio.
Giuseppe parla con il suo silenzio
Egli non ha bisogno di parole perché è al servizio di un “Altro”, della Parola, dentro il mistero che avvolge e dona significato a tutta la sua esistenza. Con il suo silenzio ci conduce alle soglie del Natale per rimanervi solo un poco e essere di nuovo avvolto nel silenzio che lo ha generato. Forse la sua esistenza è stata così singolare da non poter essere narrata in altro modo. Egli ha attraversato e assunto il mistero di Dio lasciandosi ferire e toccare nella sua carne di uomo, per lasciare che la sua fecondità rimanesse “nel silenzio”, accogliendo la sponsalità e paternità secondo le modalità pensate da Dio. Il suo essere narra la fede: egli è l’uomo giusto, il credente cresciuto e plasmato nella religiosità d’Israele, immerso nella scia dei poveri di Jhwh, degno osservante della legge e cercatore della volontà di Dio. Uomo vissuto nell’attesa del compimento delle promesse per la venuta del Messia. E il Messia ha avuto bisogno del suo silenzio per giungere a noi, rimanervi e crescere come uomo.
Si lascia cogliere dallo stupore del mistero
Il suo è un silenzio carico di riflessione, di dubbio, di un dialogo ininterrotto col Dio dei padri per interrogare, scrutare il mistero della volontà di Dio a volte incomprensibile, e poi aderirvi con tutto il cuore e la volontà. Dio è intervenuto nella sua vita in un modo “scandaloso”, ma Giuseppe l’uomo credente e obbediente, frequentatore delle cose di Dio, si è lasciato fare, purificare nel desiderio e nei progetti, intessendo quei fili misteriosi della volontà di Dio con la sua preghiera e la fede ardente. Solo così ha potuto prendere con sé Maria e Gesù, divenendone il custode, avendone cura come i tesori più preziosi, accompagnandoli per un tratto di cammino e poi ritrarsi nel suo silenzio. Certamente Giuseppe è il testimone di una fede che impregna la vita, e nel dramma di una risposta, sa lasciarsi cogliere dallo stupore del mistero, assumerne la responsabilità di quanto Dio gli ha chiesto, credendo al “sogno” che si stava realizzando.
Nazaret: Dio è presente nelle mani sporche di lavoro
L’iconografia ce lo presenta come un uomo anziano nascosto dalla grandezza di Maria e Gesù. Noi lo vediamo come un “gigante”, uomo giovane e forte, dalla fede granitica e dalla bellezza che risplende sul volto dei giusti e dei santi, dei servi di Dio. Uomo umile capace di scegliere e affidare la sua libertà al progetto di Jhwh senza compromessi , vivendo fino in fondo la sua vocazione di custode del figlio di Dio. Col suo silenzio ci indica la via di Nazaret, come categoria spirituale per i nostri giorni. È la vita nascosta nella pasta del mondo, intessuta di Parola di Dio e preghiera, vissuta tra famiglia, lavoro e comunità; un’esistenza lontana dal palcoscenico, dalla luci sfolgoranti e dal gossip. Nazaret parla di ordinarietà, di piccole cose che fanno quelle grandi, del prendersi a cuore la vita, in cui privilegiare la relazione e non l’efficienza, anche nelle “cose di Dio”. Giuseppe ci insegna che nella storia Dio continua a venire nella brezza leggera, nel silenzio che avvolge le cose, nei volti dei piccoli, nelle mani sporche di lavoro e nei piedi stanchi del cammino: in quell’infinitamente piccolo che racconta l’inesprimibile mistero dell’amore di Dio.
Grazie, Giuseppe
Dio si cela in ogni storia. Col suo silenzio, Giuseppe ci dice che nella vita occorre “esserci” fino in fondo, per assaporarla nella sua bellezza e nel suo dramma, per accoglierla come evento di salvezza e cambiarla dall’interno. Sì, proprio così! Dio viene, dove e come non lo avremmo pensato! Giuseppe ce lo insegna con il suo silenzio. Grazie Giuseppe!