Gli 80 anni di Papa Francesco. Andrea Tornielli: “Seguendo i suoi passi la Chiesa si mette sulla strada della conversione”

Oggi 17 dicembre Papa Francesco compie 80 anni. Una data significativa per il Santo Padre, il quale la sera della sua elezione al soglio di Pietro disse: “Adesso cominciamo questo cammino”. Da allora il Santo Padre non ha mai smesso di camminare senza fatica apparente, trascinandosi dietro la Chiesa e il mondo. Andrea Tornielli, editorialista e vaticanista del quotidiano La Stampa, coordinatore di Vatican Insider e blogger di Sacri Palazzi, invece non è dell’idea di rappresentare Bergoglio «come un gigante che si trascina dietro una folla di nani che non riescono a seguirlo. La Chiesa non è certo dipendente dalla leadership del Papa, non è così. Vero è che il Papa per la sua esperienza, per lo sguardo e la conoscenza che ha della Chiesa e del mondo, ha chiesto a tutta la Chiesa di fare un passo che è quello del richiamo della conversione pastorale. Questo è un processo lento che in certi casi sta avvenendo, in altri meno, ma è un processo che si è in qualche modo innescato con il popolo di Dio, che generalmente segue con attenzione il magistero del Papa. Invece ci sono alcune resistenze interne che si manifestano più o meno chiaramente come peraltro è accaduto sempre nella storia della Chiesa», sostiene il giornalista e scrittore nato a Chioggia nel 1964.
L’Anno Santo della Misericordia si è concluso meno di un mese fa. Com’è stato il Giubileo voluto e indetto da Bergoglio?
«È stato un Giubileo diffuso dove non sono stati protagonisti i grandi eventi magari celebrati a Roma, ma tanti piccoli eventi di Grazia accaduti in giro per il mondo. La moltiplicazione delle Porte Sante ha fatto sì che sempre di più come del resto era già accaduto nell’Anno Santo del 2000, quello indetto da Giovanni Paolo II, al centro non fosse Roma e le sue celebrazioni, ma la celebrazione del sacramento della riconciliazione in giro per il mondo. La caratteristica peculiare di questo Giubileo è stata quella di avere sempre meno grandi eventi e grandi appuntamenti. È un dato riconosciuto che in tutto il Pianeta c’è stata tanta gente che si è riaccostata al sacramento della confessione. Credo che questo fosse lo scopo».
Il giorno prima della chiusura dell’anno giubilare Papa Francesco ha nominato 17 nuovi porporati in rappresentanza di ogni angolo del mondo, perché per il Pontefice il centro della Chiesa è ovunque. È la “Chiesa in uscita” che Bergoglio sta via via disegnando?
«Sì, certamente, le scelte di questo Concistoro come dei due precedenti vanno in questa direzione, cioè, vanno nel tentativo di spostare il baricentro della Chiesa dall’Europa al resto del mondo, includendo nel collegio cardinalizio vescovi che vivono in terre di frontiera, talvolta in terre sperdute. In Paesi che mai avevano avuto un cardinale. Bisogna dire che questo impulso per l’internazionalizzazione del collegio cardinalizio è qualcosa che viene da molto lontano. Iniziò sotto Pio XII con il mega Concistoro che Pacelli fece nel 1946, appena conclusa la II Guerra Mondiale. Giovanni XXIII nominò il primo cardinale africano nel 1960, Laurean Rugambwa, vescovo di Febiana. I successivi pontefici hanno proseguito su questa linea. Papa Francesco accentua ancora di più questo perché il Santo Padre ha deciso che, di fatto, non esistono più le Diocesi cosiddette “cardinalizie”. Ciò significa che ci sono delle grandi Diocesi o città in Italia e in Europa per le quali non è più automatico che il loro pastore riceva la porpora. Questo permette di includere nel novero dei 120 cardinali elettori, tetto stabilito da Paolo VI, personalità di svariate parti del mondo che danno un’immagine universale del collegio cardinalizio».
L’esortazione apostolica “Misericordia et Misera” che ha concluso il Giubileo ha provocato reazioni nel mondo cattolico e ha riacceso, in seno all’opinione pubblica, il vecchio dibattito sull’obiezione di coscienza in materia d’interruzione volontaria di gravidanza. C’è una “destra” conservatrice e tradizionalista che per anni ha combattuto una sua battaglia sui temi etici all’interno della Chiesa cattolica, che non tollera in nessun modo le aperture di Papa Francesco?
«Questa “destra” conservatrice e tradizionalista c’è ma in questo caso, c’è una grande e grave responsabilità di tutti quegli organi d’informazione che non capendo e non avendo voluto approfondire ciò che Bergoglio ha detto nel testo, hanno presentato la decisione del Pontefice quasi come se fosse stato un declassamento del peccato dell’aborto. Come se Bergoglio avesse detto che è un peccato minore. Non è assolutamente vero, non solo perché il Papa nel testo ribadisce che l’aborto è un peccato gravissimo, resta sempre la scomunica prevista dal codice di diritto canonico. Il Papa vuole dare più possibilità alle persone che si sono macchiate di questo gravissimo reato, sia che siano le donne che per la maggior parte dei casi sono quelle meno responsabili rispetto agli uomini che talvolta le hanno costrette, sia ai medici, infermieri o chi coopera a questo atto che è la soppressione di una vita. Dare più possibilità di ottenere il perdono secondo ciò che la Chiesa insegna, cioè se la persona è veramente pentita. Ciò che si è letto o ascoltato fa sorridere amaramente, perché non si è tenuto conto dell’esperienza drammatica di quelle donne che hanno vissuto questa esperienza e che generalmente restano segnate per tutta la vita. Grave dunque la responsabilità di chi ha distorto le parole di Bergoglio, che del resto erano molto chiare».
Quali saranno nel 2017 i viaggi nazionali e internazionali di Papa Francesco?
«Due appuntamenti importanti attendono il Santo Padre: la visita apostolica a Milano il prossimo 25 marzo e a Genova il 27 maggio. Dal punto di vista internazionale invece abbiamo una certezza e una mezza certezza. La certezza è il viaggio pastorale in Portogallo il 12 e il 13 maggio a Fatima in occasione del centenario dell’apparizione della Madonna ai tre pastorelli. Per quanto riguarda la mezza certezza, lo stesso Bergoglio ha detto che intende andare in India e in Bangladesh, ma non abbiamo ancora una data precisa. Il Papa ha anche parlato della possibilità di un suo ritorno in Africa mentre al momento sembra tramontare l’ipotesi Colombia pensata per il prossimo marzo. In qualche modo il Pontefice aveva legato questo viaggio al successo del referendum favorevole all’accordo tra le Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) e il governo colombiano. Ora come si sa l’esito del referendum ha dato parere negativo all’accordo. Anche se il presidente colombiano Juan Manuel Santos e il comandante delle Farc, Rodrigo Londono, hanno firmato un nuovo accordo di pace, credo che il viaggio in Colombia di Bergoglio per ora sia in alto mare».