Populismo, questione morale, Cinque Stelle

Il “populismo” è diventato una categoria interpretativa molto usata nel dibattito pubblico. Essa serve a dare una prima definizione del fenomeno, cioè a tracciarne i confini rispetto ad altri. Ma, una volta raccolti sotto lo stesso ombrello categoriale alcuni fenomeni socio-politici europei – dalla Le Pen a Farage, a Salvini, a Grillo, a Frauke Petri – occorre affinare ulteriormente l’analisi. Nonostante le analogie, c’è una bella differenza tra il nazionalismo di Marine Le Pen o Frauke Petri – che non intendono affatto cambiare le istituzioni rappresentative francesi o tedesche, sostituendole con quelle della democrazia diretta – e il progetto assai più radicale del M5S, che va in direzione di nuove istituzioni e di un nuovo sistema politico.

La corruzione politica: in Europa peggio di noi solo la Bulgaria

Per capire il M5S conviene ricostruirne la genealogia e la fenomenologia. La cultura politica del M5S viene da lontano. Il punto di partenza è la cosiddetta “questione morale”, un punto di partenza drammaticamente fattuale. Da decenni l’Italia è uno dei Paesi, la cui società civile, la cui amministrazione, la cui politica sono le più corrotte d’Europa e tra le più corrotte del pianeta. Corruzione: cioé furto di denaro pubblico, evasione fiscale, raccomandazioni, illegalità di massa, interi territori governati da un “altro” Stato. Nell’Indice di Percezione della Corruzione, pubblicato ogni anno da Transparency, sui 28 Paesi europei, siamo superati in corruzione solo dalla Bulgaria. Su 168 Paesi, a livello planetario, ci troviamo al 61° posto quanto a “transparency”. Come per ogni rilevazione statistica, occorre esser cauti circa gli assunti di partenza, spesso discutibili, le metodologie di indagine, sempre imprecise, ecc… Ma ci vuole poco a constatare che i dati coincidono con quelli più “nasometrici”, che ricaviamo dalla nostra esperienza quotidiana.

Berlinguer, la sinistra e la “questione morale”

Ora, proprio la crescita di informazione, di istruzione, di cultura, di protagonismo della società civile e insieme la percezione crescente che la corruzione divorava dall’interno il Paese, hanno generato una sofferenza di molte persone ed un’insopportabilità crescente verso il sistema politico, per un lato direttamente coinvolto nella corruzione e, per l’altro, del tutto incapace di arginarla. La descrizione e la denuncia di questa condizione di lungo periodo del Paese fu clamorosamente lanciata nell’arena politica da Enrico Berlinguer nell’intervista a Scalfari già nel lontano 28 luglio del 1981. Anche se “il governo dei capaci e onesti” non apparteneva al filone comunista-togliattiano, piuttosto a quello azionista del primato delle élites morali e tecnocratiche. Fallita l’ultima strategia, quella del compromesso storico, Enrico Berlinguer si attestò sulla linea del Piave della questione morale, di cui il PCI con la sua “diversità” era il garante: dal leninismo politico al leninismo etico, secondo E. Galli della Loggia. Su questa linea l’intera sinistra italiana rimase ferma, soprattutto dopo il 1989. Ma era troppo tardi. Anch’essa venne travolta.

La Lega della “Roma ladrona” e l’ultima rivolta: il M5S

La Lega dei cappi e della “Roma ladrona”, Mani Pulite, la Rete e, proseguendo oltre, i Girotondi e gli Arancioni si proposero ulteriormente di volta in volta come la soluzione della questione morale. Nessuna soluzione è arrivata. Il M5S è il prodotto di questa impotenza politica e civile di lunga durata. Insomma: il M5S non è un’escrescenza cancerosa del sistema civile e politico del Paese e neppure si tratta di marziani. È l’ultima rivolta, che dà voce alla disperazione e alla vergogna di molte persone, soprattutto nelle regioni centro-meridionali, che da decenni aspirano ad un Paese decente e normale. Far rimarcare le incoerenze e il dilettantismo del personale politico del M5S, la sua inconsistenza programmatica, la gestione carismatico-totalitaria del Movimento, senza fare proposte efficaci di lotta alla corruzione non basterà a impedire l’ulteriore ascesa del Movimento. Perché essa è alimentata da un’accumulazione originaria pluridecennale di rabbia di una società, dove gli onesti sono ormai “una controsocietà… che sopravvive nelle pieghe della società dominante”, quella dei disonesti – per riprendere qui l’Italo Calvino del suo straordinario e lucido Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti, apparso su La Repubblica del 15 marzo 1980.

La “filosofia” di Grillo

A questa rabbia Grillo propone una risposta semplice: poiché la corruzione nasce negli interstizi dell’intermediazione politica dei partiti, al punto di intersezione tra stato amministrativo e partiti, poteri economici, società civile, occorre levare di torno il sistema dei partiti. I cittadini non hanno più bisogno di mediazione/rappresentanza: si autorapppresentano. La Rete é il nuovo strumento in cui mediazione e auto-mediazione tecnicamente coincidono. Eliminata l’intermediazione partitica, eliminata la corruzione. Anche questo discorso viene da lontano: dal liberal-conservatorismo di fine ‘800 e inizi del ‘900 (valga Benedetto Croce per noi italiani), nonché, si intende, dai movimenti totalitari di sinistra e di destra, nonché dall’azionismo. Ma si potrebbe ricordare anche il libello di Simon Weil contro i partiti (Note sur la suppression générale des partis politiques) del 1943, scritto a Londra negli ultimi mesi di vita e uscito postumo nel 1951. Eliminati i partiti, l’auto-rappresentazione seleziona naturaliter uomini nuovi, onesti, i quali poi reclutano, qualora al governo, dei tecnici, anch’essi onesti, salvo incidenti di percorso… Formule semplici e comunicativamente efficaci.

Due strade possibili e difficili, una terza (quasi) impossibile

Se la soluzione Grillo non convince, restano solo due strade: quella del lasciare/favorire che la piena arrivi per via elettorale, mettendo immediatamente il M5S alla prova del governo. La seconda: modificare i contenuti dell’intermediazione politico-partitica, sia dando ai cittadini il potere di andare oltre le porte del Parlamento, per poter scegliere direttamente il capo del governo, sia regolando la vita interna dei partiti e le modalità di finanziamento della politica. La prima presenta una controindicazione seria: se la già visibile incapacità di governo del M5S creasse danni irreparabili al Paese? Anche la seconda strada non è facile, soprattutto dopo il fallimento del progetto di riforme costituzionali/istituzionali: i cittadini potranno continuare ad eleggere i propri rappresentanti, indicati dai partiti, ma poi costoro decideranno il governo, senza tener conto della volontà degli elettori; quasi nessun partito accetta la regolamentazione interna (peraltro prevista dall’art. 49 della Costituzione e mai attuata!); nessun partito è d’accordo con nessun altro sulle modalità di finanziamento della politica. Una terza via? Un nuovo spirito costituente che soffi dalla società civile e aleggi su partiti e istituzioni. Ma, ahinoi, spiritus ubi vult spirat! Traduzione: dipende da ciascuno di noi.