Andrea Tornielli racconta i viaggi di Papa Francesco: «Sceglie le periferie, incoraggia la pace»

Andrea Tornielli, vaticanista, giornalista del quotidiano “La Stampa” e coordinatore del sito web “Vatican Insider” ha scritto In viaggio (Piemme 2017, pp. 348, 18,00 euro) che racconta «in presa diretta» i grandi temi e i gesti del pontificato di Papa Francesco attraverso le tappe internazionali compiute da Bergoglio.

«Ogni Papa aggiunge il suo tocco ai viaggi. Mi sembra che Francesco prediliga viaggi in paesi che sono stati o che sono in difficoltà, sperando che la sua presenza possa incoraggiare cammini di pace, di riconciliazione di apertura di nuove vie» chiarisce l’autore da noi intervistato. La scelta di includere sempre nei suoi viaggi incontri con i carcerati e visite nei quartieri più poveri nasce dall’urgenza evangelica di “toccare la carne di Cristo” nell’umanità ferita. Il Pontefice «con la sua testimonianza personale, indica ai cristiani l’esigenza di uscire verso le periferie geografiche ed esistenziali, per incontrare lì il volto di Cristo e toccare la sua carne. Cioè per farsi evangelizzare e per lasciarsi “ferire” dalla realtà, guardandola da una prospettiva diversa» puntualizza l’autore.

Il volume si apre con un capitolo che contiene un lungo colloquio del vaticanista con “Sua Santità Francesco” inerente ai suoi viaggi. All’inizio dell’intervista il Santo Padre confida a Tornielli che non gli è mai piaciuto viaggiare, essendo un abitudinario. Francesco non si aspettava che avrebbe viaggiato così: Brasile, Terra Santa, Asia, America Latina, Cuba e Stati Uniti, Asia, Tirana, Sarajevo, Georgia e Azerbaijan.

A Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, dove il 29 novembre 2015 Bergoglio ha celebrato l’apertura della prima Porta Santa del Giubileo della Misericordia. «Andare lì, aprire lì prima ancora che a Roma la prima Porta Santa, ha significato mettere al centro, nel cuore della cristianità, questo luogo, questa gente che soffre. Bangui mi ha colpito tanto…». Cinque ore di permanenza del Santo Padre nell’isola di Lesbo il 16 aprile 2016 «per incontrare e confortare i profughi, insieme con i miei fratelli Bartolomeo di Costantinopoli e Ieronymos di Atene. Un pellegrinaggio alla scoperta del volto di Gesù in chi fugge dalla guerra, dalla persecuzione, dalla miseria, dalla fame». Francesco riferisce a Tornielli: «Mai avrei immaginato di fare così tanti viaggi…».

Quello che ha cambiato tutto è stato il primo, brevissimo viaggio apostolico a Lampedusa, “periferia dell’esistenza”, agli estremi confini italiani, avvenuto nel luglio del 2013. Andare nel mezzo di quel Mediterraneo i cui abissi si sono trasformati in tomba per migliaia di bambini, donne e uomini in fuga dalla guerra e dalla miseria. Una visita lampo (solo quattro ore) non programmata, a Lampedusa, «porta d’ingresso nelle ferite del mondo», nata dal dolore e dalla compassione per quelle morti, senza la consueta passerella di politici, di autorità civili e religiose. «Ho sentito che dovevo andare, mi avevano toccato e commosso le notizie sui migranti morti in mare, inabissati. Bambini, donne, giovani uomini… una tragedia straziante. Ho visto le immagini del salvataggio dei superstiti, ho ricevuto testimonianze sulla generosità e l’accoglienza degli abitanti di Lampedusa» racconta il Pontefice a Tornielli.

Da quella prima esperienza fino all’ultimo viaggio a Lund, in Svezia nell’ottobre 2016 il Santo Padre, “Pellegrino di Pace” ha sempre pensato che «il Papa deve aver coscienza del fatto che lui “porta” Gesù, testimonia Gesù e la sua vicinanza, prossimità e tenerezza a tutte le creature, in modo speciale quelle che soffrono». Quindi prosegue il Papa «Ora sento che devo fare i viaggi, andare a visitare le Chiese, incoraggiare i semi di speranza che ci sono».

Il primo vescovo di Roma nato e vissuto in una delle megalopoli dell’emisfero sud del mondo, ha compiuto 80 anni lo scorso 17 dicembre. È naturale che queste trasferte internazionali pesino dal punto di vista fisico ma Papa Francesco quando ritorna in Vaticano è sì stanco e ha bisogno di recuperare «ma porto sempre con me volti, testimonianze, immagini, esperienze… una ricchezza inimmaginabile, che mi fa sempre dire: ne è valsa la pena».

Tornielli è stato ed è testimone di tutte le visite pastorali di Bergoglio, chiediamo al vaticanista di raccontarci un episodio inedito e divertente accaduto durante uno dei tanti viaggi apostolici compiuti dal Pontefice. «Mi ha colpito, durante il viaggio di andata a Cuba e Messico, nel febbraio 2016, il gesto di un famoso giornalista televisivo messicano, che si è gettato ai piedi del Papa e gli ha lucidato le scarpe. Da bambino per aiutare a famiglia a vivere faceva il lustrascarpe e si era guadagnato così i soldi per il vestito della prima comunione. Prima di partire aveva promesso alla madre che avrebbe lucidato le scarpe di Papa Francesco…».

Tornielli è un veterano dei viaggi papali avendo seguito come vaticanista le trasferte al di fuori della Mura Leonine di diversi Papi. Domandiamo al giornalista se ci sono differenze tra i pontefici che si sono succeduti al soglio di Pietro negli ultimi anni e se esiste un filo conduttore anche tra i loro intenti e gli effetti che hanno avuto tra la gente nel mondo da loro visitato. «Nello stile dei viaggi le cose che cambiano sono pochissime, le differenze sono più legate alla personalità dei papi: Benedetto XVI prediligeva la parola, Francesco il gesto. Entrambi si sono messi umilmente sulla scia di san Giovanni Paolo II, il quale a sua volta aveva seguito – dilatandole – le orme del beato Paolo VI, l’iniziatore dei viaggi papali dell’epoca contemporanea» risponde Tornielli.

In questo straordinario diario di viaggio c’è un’emblematica dichiarazione di questo anziano vescovo di Roma preso “alla fine del mondo” che più di altre, rivela il suo particolare carisma: «Non riesco a muovermi nelle macchine blindate.
 Un vescovo è un pastore, un padre. Per questo motivo
ho detto fin dall’inizio che avrei viaggiato soltanto
se mi fosse stato sempre possibile il contatto con le persone».